Mario Calivà, poeta e drammaturgo arbëresh, studio Drammaturgia e Sceneggiatura presso l’Accademia d’Arte drammatica Silvio d’Amico di Roma. Già dottore in Economia e Finanza ho conseguito anche la laurea in Discipline dello Spettacolo con la votazione di 110 e lode e una tesi sul Teatro Arbëresh.
Intervista con Mario Calivà, poeta e drammaturgo arbëresh
Qual è il ruolo che il teatro investe nella società dal punto di vista comunicativo e culturale?
Lo spettacolo teatrale è presente in ogni cultura, nelle sue diverse forme. Per questo è facile comprendere come possa diventare anche un modello per descrivere i meccanismi dell’universo sociale di cui è espressione. La metafora del mondo come teatro ne è un esempio evidente. Lo stesso Erasmo da Rotterdam già ne parlava nel XVI sec.
L’evento teatrale in sé può trovare collocazione in qualsiasi luogo e nel momento in cui lo occupa con un’azione che è di necessità diversa da quelle della quotidianità, trasferisce allo spazio questa diversità e questa eccezionalità. Diventa importante il tema del Teatro come motore di processi di comunicazione di identità.
In che modo si presenta il contributo del Teatro Arbëresh nella preservazione della lingua arbëreshe?
Da diversi anni mi occupo di Teatro Arbëresh di Comunità andando in scena circa quaranta volte in un arco di tempo che va dal 2012 al 2016.
Di solito è un teatro di origine grafocentrica, ovvero basato su un copione scritto a priori che diventa oggetto di studio per essere portato in scena.
La drammaturgia e la regia della commedia Tuke pritur udhëtarin e qëroit (Aspettando il viaggiatore del tempo) è opera del sottoscritto. La messa in scena è il risultato finale di un laboratorio teatrale durante i quale i partecipanti hanno avuto l’opportunità di imparare a leggere correttamente la lingua e di arricchire il proprio lessico grazie alla riscoperta di termini ormai in disuso nella parlata contemporanea assumendosi direttamente il ruolo di garanti della tutela della lingua arbëreshe.
Il teatro arbëresh diventa così un’esperienza molto importante. Perché diventa un modo attraverso il quale si ribadisce la propria identità. Ecco che diventa un luogo di ritrovamento di sé, della propria storia e del proprio ruolo nel mondo che abitiamo. Un’occasione per avvalorare il concetto di comunità arbëreshe che rappresenta la propria cultura per mezzo dell’identità narrata.
A quale target di spettatori è rivolto il Teatro Arbëresh di Calivà e come si rapporta il pubblico con la scena del teatro in lingua arbëreshe?
Attraverso l’evento teatrale vengono rappresentate dinamiche quotidiane nella maniera più realistica possibile. Consente alla comunità di ricoprire in questo contesto un duplice ruolo: il primo è di dare un riscontro percettivo alle azioni volte alla tutela della sua cultura attraverso l’agire proprio dell’attore veicolato sia dai gesti che dalla parola (la lingua arbëreshe); il secondo è quello di assistere a queste rappresentazioni. In poche parole la comunità attiva i processi che portano tout court sia all’evento, sia alle dinamiche spettatoriali, poiché lo prepara e poi vi assiste in prima persona.
Ovviamente si tratta di un pubblico che conosce perfettamente i linguaggi che vengono esposti, poiché figli di un’espressione quotidiana e di consuetudini, se così possiamo dire, culturali. Il teatro così inteso ha la capacità di attivare queste dinamiche.
Spettacoli in procinto di andare in scena a breve?
Tuke pritur udhëtarin e qëroit (Aspettando il viaggiatore del tempo) commedia in tre atti di Mario Calivà, in cui come autore pongo l’accento sulla voglia dell’uomo di scoprire sempre nuovi mondi e, quindi, di abbattere i muri dell’impossibile come quelli invalicabili del tempo.
Il nostro protagonista, Steu (Stefano in Arbëresh) grazie all’aiuto di un amico bizzarro (che vede solo lui) riuscirà a trovare un modo per mettersi in contatto con un viaggiatore del tempo.
Andremo in scena nelle comunità arbëreshe di Piana degli Albanesi, Santa Cristina Gela e Contessa Eltellina.
La prima sarà a Piana degli Albanesi il 23 dicembre alle ore 21 presso il Teatro del Seminario.
Gli attori coinvolti sono
- Giorgio Bastone nella parte di Viçeu (Vincenzo)
- Gianfranco Matranga nella parte di Xhinucu (Gino)
- Giusi Shili nella parte di Lisa
- Antonella Carbone nella parte di Samanta
- Mariangela Zuccaro nella parte di Plaka (Vecchia)
- Fabio Carbone nella parte del Sindaco