L’iniziativa portata avanti dall’Ente Nazionale per il Microcredito per la promozione dell’autoimprenditoria e start up (cresciamoinsieme.info) a favore degli immigrati e promossa nelle lingue di origine, ha generato sui social pareri contrastanti ma anche molto compiacimento. L’utilità dello spot è sicuramente quello di avvicinare un’ampia utenza alle iniziative promosse ma di per sé preserva anche una visione matura, attuale ed europeista della dimensione plurilinguista alla quale i paesi membri sono continuamente chiamati a rispondere – non solo attraverso esplicite direttive – e adeguando il loro approccio istituzionale.
Per capire meglio il fenomeno è importante quindi fare chiarezza e comprendere quali saranno gli obiettivi futuri dei paesi candidati dei Balcani occidentali, dove il contesto linguistico spesso si scontra con realtà territoriali continuamente messe in discussione da dinamiche propagandistiche e poco favorevoli all’accettazione e all’inclusione.
L’UE ha 24 lingue ufficiali (bulgaro, croato, ceco, danese, neerlandese, inglese, estone, finlandese, francese, tedesco, greco, ungherese, irlandese, italiano, lettone, lituano, maltese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese) e nonostante la Brexit, l’inglese rimane una lingua ufficiale dell’Irlanda e di Malta. Il plurilinguismo, derivazione naturale di una comunità di più Stati membri, in realtà è un fenomeno sociale in continua evoluzione e che si sviluppa in maniera rapida, in particolare negli ultimi anni. Si contano infatti circa 225 lingue indigene in Europa – il 3% delle lingue mondiali – la maggior parte di origine indoeuropea. I nuovi flussi immigratori e dei rifugiati hanno inoltre incrementato questi numeri, accrescendo pertanto il multilinguismo. Nella sola Londra si parlano ben 300 lingue dove la lingua italiana, tra le lingue europee, secondo un censimento è parlata da 49484 abitanti (2,9%) a fronte dello Spagnolo, 71192 (4.1%) ed il Polacco con ben 147816 (8.6%).
È importante ricordare inoltre come particolari iniziative dedicate, la Giornata europea delle lingue ne è l’esplicito esempio (26 settembre), siano prettamente ispirate dai principi impressi nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in cui ogni cittadino UE ha il diritto di usare una delle 24 lingue ufficiali in tutto il territorio e a cui diritto corrisponde il dovere di tutte le istituzioni di rispondere, attraverso le sue funzioni, nella stessa lingua. Un modello senza precedenti, né tra gli stati multilingui nel mondo, né tra le organizzazioni internazionali.
Capitolo a parte sono le lingue regionali e le lingue minoritarie. Nell’UE si contano oltre 60 lingue autoctone regionali o minoritarie, parlate da circa 40 milioni di persone, fra cui il catalano, il basco, il frisone, le lingue sami e l’arbëreshe (arbërishtja). Nonostante la Commissione europea provi a mantenere un dialogo aperto, incoraggiando la diversità linguistica e adoperandosi per preservare questo patrimonio, lo status giuridico di queste lingue e la misura in cui ricevono sostegno sono tuttavia determinati dai governi nazionali. L’Italia preserva le lingue minoritarie presenti nel suo territorio attraverso la legge 482/99, la quale prevede azioni di tutela e diffusione, anche attraverso l’insegnamento e l’uso delle stesse nelle scuole primarie per lo svolgimento di attività educative (art. 4). L’UE inoltre dispone di un’importante fonte di fondi per iniziative volte a tutelare e a promuovere l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue minoritarie, e attraverso il programma Erasmus+ si estende nei settori dell’istruzione e della formazione.
Tra le politiche comunitarie, fortemente motivate dall’Ue, vi è inoltre un importante orientamento all’apprendimento di più lingue da parte dei suoi cittadini; l’obiettivo è particolarmente ambizioso e mira a fare in modo che tutti i cittadini dell’UE possano comunicare in due lingue straniere oltre che nella loro lingua madre. Oltre all’impegno intrapreso nelle scuole, per rafforzare i programmi di insegnamento di lingue seconde, l’UE promuove l’apprendimento delle lingue per (…) aiutare più persone a studiare e vivere all’estero, favorire la comprensione reciproca tra persone di diverse culture, fare affari in Europa in maniera efficace e stimolare l’industria delle lingue (traduzione e interpretazione, insegnamento delle lingue, tecnologie linguistiche, ecc.).
A tale scopo, il Consiglio d’Europa ha finalizzato nel 2001 il quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER) per favorire la cooperazione sia tra enti educativi che tra Stati membri e per consentire il reciproco riconoscimento delle qualifiche linguistiche fornendo un orientamento per l’apprendimento e la valutazione.