L’intervista è stata pubblicata originariamente su Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, di Francesco Martino
Lei gestisce una guest house a Koman. Quali sono le opportunità turistiche in questa zona dell’Albania?
Negli ultimi anni a Koman vi è stato un aumento del numero di turisti, soprattutto di turisti che cercano un’esperienza inusuale. Abbiamo un’offerta che guarda all’agriturismo, alle tradizioni, ma anche al turismo storico e culturale, visto che qui vi è il cosiddetto castello di Dalmaca, epicentro della ‘cultura di Koman’ sviluppatasi nell’area tra il 550 e il 700 d.c. Abbiamo notato la mancanza di strutture adeguate per ricevere degli ospiti e offrire loro un soggiorno un po’ più lungo, con un programma più denso. Così – con un gruppo di donne e con l’aiuto del programma Women – abbiamo avuto l’idea di creare delle strutture in grado d’offrire più servizi, tra cui una guest house.
Quanto è difficile cooperare tra donne in una realtà come Koman?
Vi è una collaborazione molto buona. Da queste parti noi donne lavoriamo per la famiglia tutto il giorno, spesso non è possibile avere hobbies e le attività economiche – se gestite direttamente da una donna – avvengono comunque all’interno della famiglia. In questa realtà, collaborare tra donne è quindi un’opportunità importante, che penso abbiamo saputo cogliere.
Cosa significa essere emancipata per una donna nell’Albania di oggi?
Per me l’emancipazione inizia dall’istruzione, o almeno questo è quello che ho voluto per me stessa. Essere istruiti ti regala possibilità molto importanti di emancipazione. Un secondo elemento importantissimo è di essere anche occupata, cioè che il lavoro di una donna venga valorizzato attraverso una retribuzione. In generale, questo manca alle donne albanesi.
In base alla mia esperienza personale, le donne in Albania, e sicuramente anche a Koman, lavorano molto ma non sono retribuite. Penso che l’emancipazione femminile qui, come altrove nel paese, passi quindi attraverso il raggiungimento di un’indipendenza economica. Anche per questo abbiamo creato un progetto che prevedesse che ogni donna del nostro gruppo si occupasse di determinate strutture (es. guest house, piccolo caseificio, ristorante). In questo modo il lavoro di ogni donna garantisce una retribuzione economica, che può essere riconosciuta anche in famiglia.
Quindi creare delle opportunità economiche per le donne è il primo passo, forse il principale, per cambiare la situazione?
Penso di sì. Creando un’indipendenza economica, le donne capiscono il loro valore. In Albania, in generale, le donne hanno una considerazione di se stesse molto bassa, e la situazione peggiore si riscontra proprio nelle zone rurali e in quelle di montagna. L’indipendenza economica è quindi importante innanzitutto per la stesse donne, affinché capiscano tramite una contropartita economica, quanto è grande il contributo che danno alle proprie famiglie. In più, potendo contare su un’entrata economica, hanno la possibilità di fare qualcosa in più per loro stesse o per i loro figli. Credo che tutto questo possa sfociare in un maggiore benessere sociale, sia per le donne che per le famiglie.
Gli uomini albanesi sono pronti ad accettare un ruolo più indipendente, più libero per le donne?
In generale, la mentalità degli uomini è cambiata, è più aperta e in molti sono più disposti ad accettare un ruolo diverso per le donne. Forse non promuovono ancora l’idea che una donna debba puntare all’indipendenza, però non la negano una volta che questa viene ottenuta. È un buon punto di partenza.
Vi è una reale possibilità che un paese come Koman rimanga vivo nei prossimi dieci, vent’anni? Che vi sia vita economica, sviluppo, futuro, bambini?
Vi sono diversi aspetti che sono in grado di favorire miglioramenti a Koman. Anche grazie alla presenza di una centrale idroelettrica credo ci siano ottime possibilità che le persone non vadano via da qui. Poi Scutari non è lontana e molti giovani possono studiare lì e poi tornare e fare alcune cose qui, come ho fatto anch’io. E lo fanno già. Da questo punto di vista penso vi sia molta differenza rispetto agli anni passati. Io, ad esempio, non avrei mai pensato di essere qui oggi e di fare questa intervista, che si sarebbe costruita una guest house o che qualcun altro avrebbe fatto investimenti in questa zona.
Se abbiamo una visione del futuro, se comunichiamo efficacemente quello che può offrire il nostro villaggio o la nostra zona, penso che ci siano buone opportunità per uno sviluppo futuro. Anche perché Koman si trova in un punto strategico sulla strada per Valbona, che negli ultimi anni attira sempre più turisti. Il nostro obiettivo è che Koman non rappresenti solo un luogo di passaggio tra città, ma che i turisti possano fermarsi per uno o due giorni.
Qui non possiamo di certo offrire soggiorni di lusso, ma tutti i vantaggi dell’agriturismo. Chi ci fa visita chiede del buon cibo, cibo locale, che abbia i sapori della nostra terra. E poi vogliono vedere i vestiti tradizionali, come si piantano i semi, come si coltiva la terra. Tutte cose che non possono trovare in città.
Possiamo immaginare che tra qualche anno una Koman sviluppata, piena di vita e con un sindaco donna?
È volare troppo in alto. Arrivando qui, lungo la strada, si vede, diversamente da altri villaggi, che ci sono posti in cui si investe e si lavora per un futuro anche turistico. Che mi auguro ci sarà. Riguardo ad una donna sindaco, mi sembra un po’ difficile da immaginare.
Lei è una persona piena di iniziativa, istruita, magari sarà lei il primo sindaco donna…
Non mi interessa la politica.
Perché sarebbe così difficile avere un sindaco donna?
Viviamo in una società in cui rimangono ancora molte barriere.
Se lei dovesse spiegare brevemente ad un turista che non ha mai visto Koman perché venire qui…
Cerco spesso di fare pubblicità a Koman, anche all’interno della mia cerchia di amici. Non so però se ho mai trovato le parole giuste. Koman è un posto che offre una bellezza naturale. Non abbiamo dato contributo a tutto questo, ci è stato dato da Dio e ne siamo grati. Poi, naturalmente, c’è il già citato Castello di Dalmaca: vale la pena arrivare a Koman anche solo per quest’ultimo.
Poi qui si può scoprire come si piantano le patate, come si fa il vino. Sappiamo che l’Italia è molto conosciuta per il vino, però qui c’è un metodo diverso per produrlo, e può darsi interessi a qualcuno. In più possiamo offrire buon cibo. Certo, l’Albania resta un posto un po’ difficile dal punto di vista sociale, a causa della mentalità e della transizione politica che abbiamo vissuto: ma siamo gente molto ospitale. Chi verrà a farci visita, se ne renderà subito conto.
L’intervista è disponibile anche in lingua albanese
Il programma
L’Alleanza per lo sviluppo e la valorizzazione dell’agricoltura familiare nel nord dell’Albania” è un programma promosso da Reggio Volontari nel Mondo e Cooperazione per lo sviluppo Paesi emergenti con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Intende favorire lo sviluppo economico dell’Albania settentrionale a partire dalle sue risorse paesaggistiche e agro-pastorali.
Per fare fronte alla carenza di infrastrutture e servizi per l’agricoltura e al progressivo spopolamento che affligge la regione, l’Alleanza si propone di sviluppare un approccio di filiera che metta in rete l’agricoltura e l’allevamento a scala familiare valorizzando sul territorio i saperi tradizionali, le produzioni tipiche e il turismo. In un dossier approfondimenti, interviste, fotoracconti e videoreportage