[dropcap]D[/dropcap]a tre/quattro anni a questa parte si fa un gran parlare di turismo in Albania. L’avvicinamento del Paese delle Aquile all’Europa, una rinnovata stabilità politica e di sicurezza del Paese, il vantaggio del cambio dell’euro con il lek, rendono l’Albania una meta parecchio appetibile per le vacanze di molti.
Poi, naturalmente, c’è il discorso della presenza di molte strutture ricettive, in particolare alberghi e ristoranti (tantissimi già esistenti, altri in continua costruzione), ma anche “lidi” attrezzati (anche se l’espressione è ancora lontana dall’immagine che noi abbiamo relativa alle spiagge italiane, in quanto spesso si tratta di abitazioni in affitto per il periodo estivo con “annessi” ombrelloni o sdraio sulla vicina spiaggia) o luoghi dove poter noleggiare una bici per una pedalata in città (ad esempio è da poco iniziato un progetto di bike sharing a Tirana che si chiama “Ecovolis ”).
Il LEK è stato introdotto nel 1926, durante il regno di Ahmet Zogu. Il suo nome deriva dalla abbreviazione popolare di Alessandro il Grande, Leka i Madh.
Il turismo europeo, per la maggioranza composto da italiani, ma anche ho incrociato tedeschi, inglesi e qualche belga, transita per la stragrande maggioranza attraverso i porti, raggiungendo Durazzo, come meta principale, o Saranda e Valona se si cerca una vacanza al mare in zone più vicine all’immaginario europeo (anche nei costi, più alti che nel resto del Paese). Il viaggio in traghetto si rende necessario perché in tanti partono in auto, moltissimi in gruppi di moto. Questi ultimi sono spesso alla ricerca di vacanze “eco”, come si dice da un po’, immersi nella natura, lontani dalla frenesia dei paesi europei e l’Albania è l’ideale per questo tipo di attività.
Ma non è di questo turismo che voglio parlare questa volta, bensì di quello “interno”, di quello autoctono. Ovvero: dove vanno in vacanza gli albanesi? Dove trascorrono, ferie o meno, il caldissimo periodo estivo? Negli ultimi 10 anni di frequentazione albanese sono riuscito a farmene una qualche idea, naturalmente basata esclusivamente sulla mia personale esperienza.
Si tenga in considerazione che l’Albania gode di un enorme introito durante il periodo estivo proveniente dal turismo “di ritorno”, ovvero composto dai tantissimi emigrati che, non appena possono, rientrano in patria. Parliamo di centinaia di migliaia di persone che, in soli tre/quattro mesi, tra giugno e settembre, portano in Albania un notevole apporto economico. Gran parte di loro, provenienti da tutta Europa, sfrutteranno ancora i traghetti (poiché rientrano con le auto con le quali giungono sino ad Ancona, Bari o Brindisi) mentre una restante parte, o coloro provenienti da stati Uniti e Canada, per ovvia necessità si affideranno ai voli. Un non trascurabile contributo all’economia vacanziera proviene anche dai tantissimi kosovari che nei mesi estivi affollano le spiagge albanesi, specie quelle di Durazzo.
Ma andiamo per ordine, prima di arrivare a parlare di mare e spiagge. Partiamo dalle città: come e dove trovano conforto gli albanesi quando la calura estiva (davvero crudele, la può comprendere solo chi in Albania c’è stato già) non dà tregua? Ebbene, la soluzione più immediata sono i bar ed i caffè che si possono trovare in ogni luogo, dal centro alla periferia, dall’agro al bordo di ogni strada. Sono sempre bellissimi, affollati in ogni istante, offrono ristoro con bevande fresche e gelati, makiato o çai limon, ma anche locali refrigerati all’interno o resi freschi da ventilatori e vaporizzatori all’esterno.
In alternativa c’è un parku praticamente ovunque, dove i bambini possono correre e giocare, le mamme chiacchierare un po’ sedute ad un tavolino ed i nonni magari dedicarsi ad una partita a domino o a scacchi. A qualunque ora ci si può anche concedere una qofte zgarë ed un buon boccale di birra ghiacciata; già, perché ho scoperto che se in Italia il cibo è sacro, altrettanto lo è in Albania dove il “convivio” ha anche un fortissimo valore sociale.
Per i più giovani e per le famiglie che se lo possano permettere c’è una bella novità in città, da alcuni anni a questa parte: le piscine. Sono sorte come funghi, spesso nell’immediata periferia dei centri maggiori, sono inglobate in strutture turistiche, alberghi, centri sportivi e l’ingresso è aperto a chiunque, dietro pagamento di un biglietto d’ingresso sempre molto accessibile. Anche qui non manca mai un bar per un caffè sotto l’ombrellone o una bevanda fresca nelle ore più calde. Dal venerdì al sabato, nei mesi di luglio ed agosto, è quasi impossibile trovare posto al loro interno, visto l’altissimo affollamento.
A questo punto ci allontaniamo dai centri abitati ed andiamo verso la collina, nell’entroterra, dove i luoghi, a nord ed a est, diventano incontaminati, ricchi di fascino naturale, dei veri e propri paradisi. Anche qui gli albanesi riescono a trovare ristoro quando il caldo si fa asfissiante ed il sole brucia sulla pelle. Ed ecco che è proprio la natura a venirci in soccorso, con immensi spazi d’ombra creati da rigogliosi alberi, in pinete e boschi. Qui la mano dell’uomo è davvero limitata ed è circoscritta all’aver aggiunto qualche panca o qualche tavolino. Niente di meglio, quindi, che concedersi un rilassante picnic, mangiando qualcosa che ci si è portati da casa o approfittando di strutture improvvisate dove una birra, del pane e un’insalata o magari un po’ di carne arrosto non manca mai per nessuno.
Un valore aggiunto, ed un motivo di grande sollievo per chi vi abiti nel circondario, è la presenza di tantissimi corsi d’acqua, più o meno grandi, di laghetti artificiali nei pressi dei quali ci si reca per prendere il sole o mangiare qualcosa. Nelle vicinanze di alcuni di questi ci sono i resti di vecchie costruzioni dei tempi del regime, a testimonianza che già all’epoca queste zone avevano un notevole valore per la cittadinanza ma che è rimasto nel tempo, nonostante l’assenza di strutture moderne.
Arriviamo, quindi, a parlare di mare. Non farò accenno, però, alle spiagge quasi caraibiche del sud dell’Albania, da Valona a Saranda, né a quelle altrettanto affascinanti di Shëngjin con le sue oasi naturalistiche, tutte ottimamente raccontate in altri articoli, bensì a quelle più frequentate dagli albanesi, ovvero quelle di Durazzo, quelle dove l’estate di pochi decenni fa è raccontata magistralmente nella commedia teatrale “Shi në plazh” e dove ogni vecchia struttura militare del regime è stata recuperata per diventare un bar o un’abitazione.
Naturalmente è anche la facilità delle comunicazioni a rendere queste zone così affollate ed anche qui vi sono strutture di assoluta eccellenza, ad uso sia degli albanesi che dei turisti stranieri. Io voglio parlarvi, piuttosto, di una zona nella quale ho davvero lasciato il cuore: Mali Robit. Qui, a sud di Durazzo, dopo i resort e gli alberghi pluristellati, inizia un lembo di sabbia dove si incontrano esclusivamente albanesi e kosovari; qui ci si sveglia all’alba con gli ombrelloni già aperti e ci si sente tremare il cuore ad ogni tramonto; qui, mentre si è in spiaggia, si sente gridare “thana, thana nga Tirana”, la frutta arriva a dorso d’asino e il gelato in bicicletta; qui, dove trovo un byrektore per pranzo ed un fast-food (dove tutto è tranne che fast, perché qui non c’è nessun bisogno di andare di fretta) per la sera.
Qui, quando mi ci trovo, ogni mattina mi risveglio pregando che non fosse tutto finto, sento mia moglie e mia figlia prepararsi, da lontano le mie cognate parlottare, canticchiare e ridere, la voce piena di mio suocero che rientra dalla corsa mattutina e parla già del pranzo con mia suocera. L’unico italiano fra tutti albanesi. Riesco a respirare la vita dove questa diventa più “popolare”, dove la semplicità rende facili i rapporti tra le persone, dove tutto si conclude con due risate e un raki. Dove mi sembra di essere lontano dal mondo ma sono a soli 100 km da Bari.
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