Avevo scoperto l’anno scorso, alla fine del mio primo lungo viaggio attraverso i Balcani, Dhermi e me ne ero innamorato. L’acqua cristallina, le montagne a picco sul mare, le strade sconnesse tra i canyon e i paesini sospesi sulla strada come in un presepe erano stati la mia ultima tappa in questa terra splendida che è l’Albania.In realtà ho preferito quest’ esperienza a molti altri viaggi da me già descritti e posso quasi dire che mi è rimasta più nel cuore la vacanza in Albania che quella in Francia, per non parlare dei b&b di Parigi che per assurdo sono molto meno chic di quelli di Tirana. Avevo percorso decine di volte in su ein giù la strada che da Valona arriva a Saranda, all’epoca in costruzione, ma inebriato dalla magia di Dhermi avevo sempre fatto ritorno li, su quella spiaggia lunga e ciottolosa dove i tramonti lunghi coloravano le nuvole che si fermavano sulla cima del Llogara.
Avevo visto altre calette e spiagge lungo la costa, ma nessuna mi sembrava eguagliare la bellezza di quel posto. Così quest’anno ho deciso di tornarci portandomi dietro alcuni amici da Roma regalandogli così il piacere della scoperta di un luogo fantastico.
Rispetto all’anno scorso la strada è stata completata ed ora un asfalto nuovissimo si srotola liscio fino giù a Saranda attraverso uno scenario montuoso mozzafiato, trasformato si dalla nuova strada, ma ancora intatto.
Curve a gomito, discese ripide tra le colline, passaggi alti a picco sul mare, questa strada è, credo, tra le più belle d’Europa.
Dopo un paio di giorni a Dhermi ci siamo trasferiti in un altra spiaggia più a sud un paio di km dopo Vuno, Jal.
Jal (chiamata anche Jala o Jalë) è una piccola spiaggia incastonata tra ripide colline coltivate a ulivi in una piccola baia protetta dalle montagne.
A differenza di Dhermi è più piccola, il mare è più calmo e caldo e il sole quando tramonta si nasconde appena appena dietro a un lontano costone montuoso che sfuma nel mare.
La strada che ci arriva passa prima attraverso una piccola valle coperta di ulivi e poi scende ripida e sterrata fino alla spiaggia seguendo il bordo delle colline che degradano sul mare affacciandosi di tanto in tanto su qualche minuscola caletta raggiungibile solo con la barca.
Nello slargo sabbioso alla fine della strada ci sono alcune costruzioni recenti e semidemolite e una fila di chioschi in legno forma un piccolo lungomare dove si alternano ristorantini di pesce a gestione familiare, alcuni bar e un paio di discoteche/cocktail bar. Su una collina in fondo svettano un paio di edifici di quattro piani. Uno di recente costruzione e l’altro, elegante e sobrio, è l’unica costruzione pre-esistente sulla baia ed è l’ex Nosocomio per gli anziani Generali dell’Esercitodurante il regime di Enver Hoxha.Questo territorio, come molti altri qui lungo questo tratto di costa, sono di proprietà dello Stato e durante il comunismo vi erano di stanza guarnigioni militarie nessuno della popolazione poteva avervi accesso a meno che non avesse un permesso speciale. Ora questo edificio come quello accanto costruito non più di una decina di anni fa sono stati trasformati in residence per i dipendenti statali, e l’unica forma di pernottamento sulla spiaggia è offerta da un paio di campeggi. Si può, come un po’ ovunque in Albania, campeggiare liberamente ma per noi che vogliamo un minimo di comodità scegliamo di sistemarci nel campeggio al centro della spiaggia, dietro un edificio semidistrutto all’interno di un uliveto che sale verso le colline. L’ambiente è molto giovanile, il prezzo per notte molto economico. Con 1000 lek (8 euro) oltre alla tenda (nel caso uno non l’avesse con se) il campeggio offre la prima colazione e la cena. Tutto incluso. Le docce sono ghiacciate ma tonificanti, ci sono un paio di ping pong e numerosi tavoli all’ingresso ospitano verso serai ragazzi che giocano a carte, a scacchi o backgammonbevendo birra in attesa della cena. E proprio essa è la sorpresa piacevole di questo luogo.
In un clima da festa dell’Unità si mangia tutti assieme lo stesso pasto, cucinato da una signora e la sua famiglia in un angolo del campeggio adibito a cucina da campo, che consiste in un primo (zuppa o pasta a seconda dei giorni) e un secondo (spesso insalata di pomodori, cetrioli e formaggio oppure carne) e ogni tavolo ha gratuitamente la sua bottiglia di coca cola ghiacciata. L’atmosfera semplice e gioviale è molto rilassante e, nel caso si decida di non mangiare al campeggio, i numerosi bar-ristoranti lungo la spiaggia offrono una valida alternativa gastronomica. A prezzi davvero popolari (meno di 15 euro a persona) si può gustare pesce locale cucinato perlopiù fritto ma anche alla brace, bevendo la solita birra locale.
Piccoli pescherecci riforniscono quotidianamente i ristoratori della baia attraccando sul piccolo molo in fondo alla spiaggia e scaricando casse di pesce appena pescato sotto gli occhi dei bagnanti e questa è la maggiore garanzia sulla bontà di ciò che si mangia. Oltre alla spiaggia principale due altre strade percorribili sia a piedi sia (con un minimo di cautela) in macchina portano ad altre due piccole calette meno affollatee più selvagge dove il mare, ugualmente splendido, si rompe sulla spiaggia ciottolosa e dove tra gli scogli numerosi sono le stelle marine e i polipi. Insomma il posto è davvero fantastico e noi ci fermiamo per parecchi giorni. Chiedo in giro come mai alcune costruzioni siano semi-abbattute mentre altre sonoin piedie mi rispondono che quelle distrutte non avevano la concessione di poter costruire. “E le altre?” chiedo con curiosità. “Le altre si.” mi rispondono. “Ma il proprietario del terreno non è lo Stato?” chiedo ancora. “Si, alcuni possono costruire altri no”. Mi rispondono nuovamente. “E allora perché gli edifici senza concessione non sono stati abbattuti completamente?” continuo a chiedere con un po’ di insistenza. “Quelli oggi non possono costruire, ma magari domani si mettono d’accordo e allora risistemano”. “Ma allora quale è la legge che regola la possibilità di costruire oppure no?”.
Sono un po’ confuso ma la curiosità mi spinge a continuare a domandare. “Alcuni possono costruire altri no” mi ripete il ragazzo a cui pongo le mie insistenti domande.“Ma in base a quale principio?” continuo io. Il ragazzo sorride e allarga le braccia facendomi intendere che la legge è molto elastica e sicuramente non si basa su parole scritte ma su accordi economici di qualche tipo.
Capisco di che tipo di accordo si tratta e non proseguo con il mio interrogatorio. Fa caldo, molto caldo, mi tuffo nel mare e le colline aride mangiate dalle capre si tingono lentamente di rosa con il calare del sole. La spiaggia è davvero stupenda ed è un peccato vedere questi scheletri in cemento armato ancora intatti ma inagibili.Nulla di nuovo rispetto all’Italia. In molte parti della Calabria o della Puglia ho visto situazioni simili; edifici costruiti e abbandonati o scempi architettonici in luoghi fantastici, ma qui, dove ancora tutto è selvaggio, è davvero un peccato vedere ripetersi gli stessi errori.
Sono d’accordo che lo Stato debba regolare le concessioni ediliziein territori in cui vige un vincolo paesaggistico, ma un po’ di chiarezza nelle leggi e magari un progetto chiaro e preciso di sviluppo edilizio non farebbe male a questa parte di costa, anzi, soprattutto ora che in Albania il turismo straniero inizia ad affacciarsi con più sicurezza rispetto al passato, attratto appunto dalle spiagge ancora incontaminate e dalle montagne vergini con le proprie tradizioni secolari ancora vive e intatte.
Leggendo il giornale noto infatti come il Ministero del Turismo comunichi che rispetto al 2008, il turismo non locale è aumentato del 36%, e numerosi in Tv sono i servizi sugli affollamenti delle spiagge di Valona (con conseguente traffico automobilistico) e sull’aumento dei bed and breakfast nelle catene montuose del Thethi prese d’assalto da turisti nord-europei, affascinati dagli splendidi scenari montuosi.
Il Turismo è un’ottima risorsa per questo paese e l’esempio del vicino Montenegro che sull’ecologia e lo sviluppo sostenibile ci ha basato la propria costituzione di Stato nascente è un esempio da non sottovalutare.Parlando proprio di questo argomento con un mio amico a Tirana, davanti a un caffè in una caldissima giornata dopo ferragosto, concordiamo assieme sulle possibilità immense che il turismo può dare a questa nazione e di come purtroppo il bieco interesse economico stia facendo più danni che altro. Lui che in Italia ci ha vissuto per dieci anni ha capitoquali siano gli errori da non ripetere,quali le possibili strategie e come si possa costruire ancora in Albania un futuro che non sia soltanto cemento e asfalto.
Già, perché quello che rende unica e attraente agli occhi di un viaggiatore occidentale l’Albania è proprio il suo essere ancora “selvaggia”. Cioè vergine, incontaminata ma anche in un equilibrio (sempre più raro nei paesi mediterranei) tra uomo e natura costruito nei secoli e rimasto quasi intatto fino ad oggi. Questa suo essere “selvaggio” non è da considerarsi affatto come un demerito o un segno di sottosviluppo ma anzi, potrebbe essere un ottimo punto di partenza per uno sviluppo diverso, una sperimentazione sulla modernità che soltanto alcuni paesi del nord Europa sembrano oggi seguire con una certa convinzione.
Molti danni sono già stati fatti in Albania ma molti altri si possono evitare, soprattutto avendo a disposizione una generazione intera di ragazzi che hanno studiato e vissuto fuori dall’Albania, che hanno visto con i loro occhi quali siano le conseguenze di certi errori e di certe politiche basate sulla speculazione e sull’immediato guadagno.
Purtroppo il corso storico che sembra essere stato scelto dalla nascente Democrazia Albanese ricalca troppo fedelmente l’esempio Italiano e ciò non mi lascia un po’ inquieto sul suo futuro prossimo sebbene margini di miglioramento ce ne siano ancora moltissimi. Si è ancora in tempo, se si vuole, per cambiare il corso degli eventi e quindi, di conseguenza, la Storia.
Il blocco di marmo è ancora da scolpire ma chi ha in mano lo scalpello oggi? Chi lo prenderà domani?