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Albania, un tour a Gjirokastër: il fascino e la cultura della città di pietra

La città di Argirocastro, patrimonio dell'UNESCO dal 2005, rappresenta la destinazione perfetta per un mix di storia, fascino e modernità.

di Sabina Darova
22 Giugno 2019
Home Reportage
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Attirata dalle città di montagna mi pongo l’obiettivo di visitare Gjirokastër, la città di pietra, epiteto affibbiatole da Ismail Kadare nel suo omonimo libro che lo rese famoso in tutto il mondo.
Personalmente, tuttavia, preferisco riferirmi ad Gjirokastër con “città d‘argento”, dove i tetti di pietra brillano mentre si asciugano dopo gli acquazzoni estivi.  Il nome della città “Argyrókastron“, viene nominato per la prima volta nel 1336 dal cronista bizantino Johan Kantakuzeni.

Parto da Tirana in macchina al mattino presto, prima che sorga il sole. Attraverso Durazzo, Kavajë, Lushnje, Fier, Memaliaj e Tepelena. Il fiume Vjosa mostra le sue bellezze per tutto il tragitto come se fosse un vestito durante una danza.

Dopo quattro ore di viaggio e 200 km percorsi, arrivo nel delizioso borgo medievale, patrimonio Unesco. La vecchia città è annidata in montagna tra una via e l‘altra, salendo e scendendo. I tetti costruiti di piastrelle di pietre sono i primi che catturano la mia attenzione.

In cima alla città noto le vecchie mura del maestoso castello che risale al dodicesimo secolo, ma restaurato e ristrutturato nel diciannovesimo secolo da Ali Pascià di Tepeleni.

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Appena parcheggiato, vicino al punto di informazione, come prima visita, mi consigliano di visitare il Tunnel della Guerra Fredda, costruito negli anni 70‘ dal dittatore Enver Hoxha che temeva un conflitto nucleare.

Non nego la rabbia che mi pervade durante la visita in quel lungo tunnel simile ad un labirinto e immerso nel buio sotto il castello. La guida ci racconta le ragioni del perché fu costruito e ci descrive praticamente una città sotterranea. Le stanze presenti erano adibite a bar, biblioteche, negozi, stanza delle riunioni del Partito socialista, stanza del quadro organizzativo , del gioco, della preparazione fisica e del poligono, per un totale di 70 stanze.

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I primi a costruire questo rifugio furono i prigionieri politici che hanno lavorato circa 16 ore al giorno per 5 anni consecutivi. Solo tanti anni a seguito di un progetto di riabilitazione e riqualifica, il tunnel è diventato parte del programma turistico della città.

Uscendo da quel posto buio della storia dell‘Albania, inizio a salire verso il castello e respirare l‘aria pulita. Il castello è il nucleo della vita di Gjirokastër; le sue mura hanno ospitato le guarnigioni più importanti, perché era l‘unità principale amministrativa della Turchia per l‘Albania meridionale durante il periodo del‘Impero Ottomano.

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All‘interno del castello rimango sorpresa e affascinata dalle armature, dai cannoni, dall’artiglieria e da tantissime altre armi che si trovano all‘interno del museo delle e delle prigioni. Noto anche un piccolo vecchio aereo dell‘aviazione americana caduto durante la seconda guerra mondiale, che i comunisti hanno celebbrato come se fosse un trofeo nonostante non si conosca quando e come l’aereo sia caduto. Oggi l‘aereo si trova in un angolo del giardino del castello.

La torre dell‘orologio é un altro punto bellissimo del castello che ai di suoi piedi vede un giardino che ogni 4 anni ospita il festival folcloristico nazionale. In quel periodo, Gjirokastër diventa un giardino dai mille colori, a suon di canti e balli.

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Il tour prosegue verso il vecchio borgo. I quartieri tradizionali si trovano sotto forma di raggi intorno al castello con i nomi di Cfake, Dunavat, Manalat, Palorto, Varosh, Meçite, Hazmurat e il vecchio bazar. Quest‘ultimo, si presenta con le sue botteghe artigiane che vendono tappeti colorati lavorati in lana pura, oggetti e vestiari, pietre scolpite e tanto altro.

Ci consigliano di visitare 3 case-musei: l’ex abitazione del dittatore Enver Hoxha che oggi si è trasformata in un museo etnografico, le case di Zekat e quella di Kadare. Quest’ultime rappresentano gli appartamenti tipici tradizionali ricoperti di piastrelle di pietra grigia che in un certo modo hanno infranto tutte le leggi urbanistiche, perché costruite in pendenza molto ripida.

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Alcune scale esterne sono elementi rari che regalano alla casa di Kadare valori speciali, così come le arcate all‘interno, la grande e la piccola cupola, che lo scrittore racconta nel suo libro I tamburi della pioggia. Gli ingressi segreti, inoltre, sono un‘altra particolarità dell’architettura.

L‘arredamento delle case é spettacolare: stile ottomano partendo dalle gemme intagliate, soffitti e porte intagliati e scolpiti, tende bianche lavorate con uncinetto e i lunghi “minder” che circondano la quadratura delle stanze coperti di tessuto di lana color rosso o tessuto di lino bianco cuciti con orli in uncinetto.

Il qilim di colore rosso acceso, con disegni orientali, copre tutta la stanza degli uomini. Sempre qui, appeso in alto, uno spazio chiamato “Mafil”, dedicato alle donne, da dove controllavano di nascosto il cibo sulle tavole e l‘andamento delle cene.

Uscendo da casa Kadare, noto la via dei matti, ovvero “Sokaku i te marreve” che è un vicolo stretto che si snoda attraverso cancelli di casa, luoghi tortuosi e dove è facile scivolare a causa dei ciottoli. Il nome deriva dal fatto che in cima alla via viveva un pazzo che gridando lanciava delle pietre.

Ci rimane da concludere l’itinerario con punto più alto della città, chiamato Kerculla, ovvero la casa degli ospiti nel tempo del Comunismo. La vista é spettacolare. La casa si è trasformata in un albergo di lusso con una ampia piscina all‘ interno del cortile. E’ ora di pranzo, il pensiero va al cibo.

La deliziosa cucina albanese qui acquista sfumature greche. Nel menù trovo i nomi tradizionali del cibo come : “i qifqi”, polpette di riso; “shapkat”, torta salata fatta di farina di grano turco ripiene di erbette, cotto al forno; ” Laropit”, strati di farina con delle erbe in mezzo cotti al forno; “Urle e kaçupit”, latte cotto dentro la pelle dell’agnello, e in fine il dolce tipico che si trova solo in questa città, il “Shap”, fatto con fichi secchi e cotti al forno solo nello yogurt di pecora.

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Soddisfatta, mi allontano con la promessa di condividere questa stupenda esperienza con i lettori di Albania News e quella di un ritorno per scoprire altri usi e costumi che nasconde la maestosa città dalle mille sfumature.

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