“Durante lo Universal Periodic Review dell’Albania alle Nazioni Unite di Ginevra, è stato davvero rilevante portare all’attenzione delle istituzioni internazionali l’importanza di tutelare le vittime del fenomeno della ‘vendetta di sangue’”. Queste le parole dei coordinatori di Operazione Colomba (Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII”) in Albania.
Lo Universal Periodic Review (UPR) è un meccanismo del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, stabilito nel 2006 dall’Assemblea Generale allo scopo di esaminare periodicamente il livello di tutela dei Diritti Umani di tutti gli Stati facenti parte dell’organismo. Questo processo prevede l’opportunità per ogni Paese membro di comunicare le misure intraprese al suo interno per migliorare la salvaguardia dei Diritti Umani e per adempiere ai suoi obblighi in questa materia. Si tratta del primo meccanismo internazionale atto a promuovere e sviluppare la protezione dei Diritti Umani su scala mondiale. Quest’anno, tra i Paesi sottoposti a questo meccanismo compare anche l’Albania, al suo terzo ciclo di revisione.
In questa occasione, il 6 Maggio, l’Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII” con Operazione Colomba, il suo Corpo Nonviolento di Pace, ha realizzato un evento parallelo di sensibilizzazione sul fenomeno della “vendetta di sangue”, presso la sede delle Nazioni Unite di Ginevra a cui l’Associazione è accreditata.
Il fenomeno della “vendetta di sangue” consiste nella pratica degenerata delle norme del Kanun, un antico codice Medioevale che in passato regolava la vita sociale degli albanesi in alcune aree rurali e montuose del Paese. Il Kanun si basa su alcuni principi fondamentali, tra cui l’onore. Secondo il codice, quando l’onore di un uomo veniva leso, a causa di un contenzioso o per l’uccisione di un suo parente, poteva essere ristabilito o con il sangue, cioè tramite la vendetta, oppure perdonando l’onta, ovvero tramite la riconciliazione delle parti in conflitto. In questo modo, le leggi del Kanun disciplinavano la giustizia penale allo scopo di prevenire e contenere la violenza.
Dopo il crollo del comunismo, l’Albania ha attraversato una fase di fragilità e di precarietà a livello istituzionale. All’interno di questa cornice, sono stati riscoperti i valori tradizionali del Kanun e si è diffuso l’uso di una giustizia privata, basata sulla distorsione delle norme che regolavano la pratica della “vendetta di sangue” nel codice. Attualmente, un conflitto interpersonale esploso per le più svariate motivazioni (es. proprietà, incidenti d’auto, futili motivi, ecc.) può esasperarsi fino al punto di spingere le parti coinvolte a ricorrere all’omicidio, da cui possono scaturire faide infinite. I membri del clan imparentati con il reo si autorecludono in casa, luogo tradizionalmente considerato inviolabile, o scappano in altre zone dell’Albania o all’estero per diminuire il rischio di essere uccisi. I membri del clan imparentato con la vittima devono decidere se vendicarsi o riconciliarsi con la controparte, in un contesto in cui il perdono è difficilmente praticato, dato che oggigiorno la pressione sociale spinge verso la vendetta e poiché le prescrizioni del Kanun vengono usate arbitrariamente o come pretesto per esercitare forme di giustizia “fai da te”.
Il fenomeno causa continue violazioni dei Diritti Umani, primo fra tutti il diritto alla vita. A farne le spese sono persone che perdono un proprio caro; uomini, che smettono di lavorare; giovani che crescono isolati e privati del loro futuro; e donne su cui cala il peso di dover mantenere la famiglia.
Dal 2010, i volontari di Operazione Colomba visitano periodicamente le famiglie in vendetta, portando avanti processi che permettono alle vittime delle faide di incanalare costruttivamente il rancore per le ingiustizie subite e facendosi promotori di percorsi di mediazione e di riconciliazione tra le parti. Realizzano scorte civili disarmate per proteggere gli individui, che rischiano di subire una vendetta, durante i loro spostamenti. Promuovono iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica nonché le istituzioni albanesi e internazionali su questa piaga sociale, con l’obiettivo di innescare meccanismi virtuosi che ne favoriscano il superamento.
In quest’ottica, Operazione Colomba ha realizzato il 6 maggio a Ginevra il Side Event “Calling for the Eradication of Blood Feuds in Albania”, ponendosi in continuità con quanto emerso nel 2014, durante il primo e il secondo ciclo di UPR dell’Albania, in cui era stato aumentato il livello di attenzione su questa piaga sociale. Allora l’Albania menzionò nel suo report l’implementazione di un piano di azione atto a contrastare il fenomeno. Per raggiungere questo scopo, alcune iniziative positive sono state intraprese negli ultimi anni dal governo albanese, ma è necessario incrementare gli sforzi per implementare una strategia congiunta e misure efficaci destinate a sradicare questa pratica.
Durante questo ciclo di revisione dell’Albania, il Side Event ha perseguito diversi scopi: aumentare il grado di conoscenza del fenomeno; richiamare le istituzioni albanesi a garantire, da un lato, la tutela dei Diritti Umani per le persone coinvolte nelle faide e, dall’altro, l’implementazione della riforma riguardante il sistema giudiziario; diffondere l’uso della giustizia riparativa e della mediazione per promuovere la risoluzione dei conflitti causati dal fenomeno; richiamare le istituzioni albanesi a promuovere sul territorio la diffusione di una cultura basata sul rispetto dei Diritti Umani e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.
All’iniziativa hanno preso parte come relatori: Brunilda Pali, ricercatrice presso l’Istituto KU Leuven di Criminologia e segretaria del Forum Europeo per la Giustizia Riparativa, che ha tenuto un discorso sull’uso della giustizia riparativa; Brunilda Zenelaga, professoressa all’Università di Tirana ed esperta della Fondazione Albanese per la Risoluzione dei Conflitti, che ha tenuto un discorso sulla riforma del sistema di giustizia; Sara Ianovitz e Giulia Zurlini Panza, coordinatrici del progetto di Operazione Colomba in Albania, che hanno tenuto un discorso sull’evoluzione del fenomeno, sugli interventi istituzionali atti a eliminarlo e sulle buone prassi di Operazione Colomba in Albania; Tommaso Di Nicola, volontario dell’Associazione in Albania, che ha tenuto un discorso sulle attività realizzate da Operazione Colomba a fianco delle vittime del fenomeno.
In particolare, durante questo Side Event, Operazione Colomba ha voluto portare all’attenzione dei rappresentanti degli Stati membri del Consiglio per i Diritti Umani, dei delegati delle agenzie ONU, dei portavoce di Organizzazioni Non Governative (ONG) nonché di accademici e di giornalisti diverse raccomandazioni. Tra le più importanti si possono menzionare: la protezione delle vittime del fenomeno, garantendo loro l’accesso ai servizi di base; lo stanziamento di un fondo a sostegno delle famiglie che hanno subito un lutto a causa di questa pratica; la lotta alla corruzione nell’ambito del sistema di giustizia; l’implementazione della legge 9389 del 4 maggio 2005 atta a creare un Consiglio di Coordinamento per contrastare il fenomeno; l’uso di pratiche di alternative dispute resolution e di giustizia riparativa; l’introduzione di programmi rieducativi ad hoc per le persone che hanno commesso reati legati a tale pratica; la tutela della privacy delle persone coinvolte in questa piaga sociale.
Inoltre, l’iniziativa è stata supportata dalla diffusione del Report triennale “Documento Descrizione fenomeno ‘hakmarrja’ e ‘gjakmarrja’ per la sensibilizzazione delle istituzioni albanesi e internazionali”, redatto da Operazione Colomba nella sua terza edizione, in italiano, inglese e albanese.
Tra il pubblico che ha assistito all’iniziativa, si segnala la partecipazione di un delegato rappresentante del Brasile e di una delegata della Svezia. Soprattutto la partecipazione della rappresentante della Svezia è stata importante dato che, durante l’evento, è stato riportato il caso di Mario Majollari, ucciso a Tirana lo scorso anno a causa di una faida, subito dopo essere stato rimpatriato dalla Svezia dove la sua richiesta di asilo era stata respinta.
All’evento hanno partecipato anche un giornalista della stampa svizzera e alcuni delegati di altre ONG. Inoltre, la diretta Facebook dell’iniziativa è stata molto seguita.
Dopo il Side Event, è stato possibile assistere alla sessione plenaria dello Universal Periodic Review dell’Albania dove lo Stato albanese, dopo aver esposto il proprio Report, ha ricevuto anche alcune raccomandazioni specifiche relative al fenomeno della “vendetta di sangue” da parte di 5 Stati: Croazia, Russia, Italia, Repubblica Ceca e Malta. In attesa di capire se e come si pronunceranno altri Stati in merito e cosa uscirà sul Report finale ONU nei prossimi mesi, al momento questi risultati promuovono un ruolo sempre più attivo dello Stato albanese nella lotta alla pratica della “vendetta di sangue”.