Il fatto è vecchio, di Gennaio, ma vale la pena tornaci su perché è molto interessante. A Febbraio un cittadino marocchino si presenta in Prefettura per prestare giuramento e ottenere la cittadinanza italiana. Deve leggere una formula scritta di rispetto e fedeltà alla Costituzione, ma inizia a balbettare e non riesce ad andare avanti. Fanno una pausa, riprendono ma non c’è niente da fare, non riesce proprio a terminare la lettura. A quel punto il sindaco decide di rinviare il giuramento e di dare tempo al neocittadino per imparare e leggere la formula.
E’ un fatto che mi mette in difficoltà. Come giurista e come praticante avvocato, penso che il sindaco si è comportato in maniera corretta. Le lettura è un adempimento formale che deve essere eseguito sempre, è la legge a chiederla e da qui non si scappa. Come individuo e come semplice spettatore, però, la penso diversamente. E non perché, come si sentire dire spesso (troppo spesso) che anche tanti italiani non parlano correttamente la lingua italiana o non conoscono la Costituzione (se non in prima serata sulla RAI): questi sono pensieri che lasciano il tempo che trovano e sanno di concorrenza stupida e inutile. No, più tosto perché penso che chi, come in questo caso, ha dimostrato di sapersi adeguare alla vita italiana, a trovare un lavoro e a costruire famiglia, meriti di essere compensato anche per questo.
Ricordavo di aver trovato una similitudine a questo caso in una delle mie letture, ma ci ho messo un po’ a venirne a capo. Mi sono ricordato allora di una poesia, Der demokratische Richter, che Bertolt Brecht scrisse negli anni 40, mentre si trovava negli Stati Uniti per sfuggire alla barbarie totalitarie. E’ bella, mi piace proporvela integralmente. Buona lettura!
Il giudice democratico
A Los Angeles davanti al giudice che esamina coloro
che vogliono diventare cittadini degli Stati Uniti
venne anche un oste italiano. Si era preparato seriamente
ma a disagio per la sua ignoranza della nuova lingua
durante l’esame alla domanda:
che cosa dice l’ottavo emendamento? rispose esitando:
1492.
Poiché la legge prescrive al richiedente la conoscenza della lingua nazionale,
fu respinto. Ritornato
dopo tre mesi trascorsi in ulteriori studi
ma ancora a disagio per l’ignoranza della nuova lingua,
gli posero la domanda: chi fu
il generale che vinse la guerra civile? La sua risposta
fu: 1492 (con voce alta e cordiale). Mandato via
di nuovo e ritornato una terza volta,
alla terza domanda: quanti anni dura in carica il presidente?
rispose di nuovo: 1492. Orbene
il giudice, che aveva simpatia per l’uomo, capì che non poteva
imparare la nuova lingua, si informò sul modo
come viveva e venne a sapere: con un duro lavoro. E allora
alla quarta seduta il giudice gli pose la domanda:
quando
fu scoperta l’America? e in base alla risposta esatta,
1492, l’uomo ottenne la cittadinanza.