Carte diverse, culture diverse, lingue straniere diverse, mescolate su un tavolo da gioco comune: quello albanese.
Mentre i miei coetanei giocavano a “mos u nxeh”- gioco da tavolo- io giocavo a Tirana con le carte napoletane.
In Albania, la multiculturalità della mia famiglia, si rispecchiava anche in una semplice partita di carte. Vi chiedereste, come?
Correvano gli anni ’80.
Io da ragazzina, inizialmente non sapevo giocare alle carte.
La cosa mi incuriosiva parecchio e al contempo, mi faceva innervosire molto, fin quando non avevo ancora acquisito le potenzialità adatte per giocare.
Perché da grande osservatrice qual ero, i giochi da tavolo in generale, mi affascinavano un bel po’.
E noi in Albania sotto dittatura, di giochi da tavolo adatti ad ogni età, ne possedevamo diversi.
In tempi distanti dalla tecnologia, quando lo spirito di aggregazione tra la gente e la comunicazione anche attraverso questi giochi – oltre a quelli all’aperto – era di una dimensione diversa da oggi, prendevano vita delle vere “olimpiadi” tra il vicinato, a livello condominiale o all’interno delle famiglie.
Per questo motivo, la nostra fantasia oppure l’interesse, si riversavano sui giochi come “shah” – scacchi, “tavëll”, “domino”, “mos u nxeh” ecc.
Ma bisogna dire che questi, erano praticati prevalentemente dai maschi.
Per le ragazze, c’erano dei giochi di enigmistica oppure dei percorsi o rebus da risolvere che trovavamo sui giornaletti per adolescenti.
Da dove scaturiva il mio interesse di conoscere il gioco delle carte?
Semplicemente vedevo giocare spesso alle carte da poker, la mia nonna materna. La nonna turca era imbattibile negli incontri e nelle partite di carte del vicinato!
Una cosa rara questa per una società patriarcale nell’Albania di quei tempi, ma lei da vedova, era un po’ meno condizionata da questo punto di vista, diciamo. Non doveva dare conto a nessuno.
A quei tempi, i vicini si intrattenevano molto tra di loro nel tempo libero.
Tra un caffè alla turca ed un altro, i più anziani giocavano alle carte a casa di mia nonna, a Tirana. Ma tra le donne del condominio, lei era l’unica che giocava alle carte e sfidava gli uomini della loro palazzina, vincendo sempre.
Giocava fumando di continuo, grande fumatrice lei e, al contempo una donna molto forte, in gamba, molto carismatica e ben voluta da grandi e piccoli, anche perché nella vita aveva sofferto molto, arrivando da giovane, diciottenne dalla Turchia avendo sposato un albanese, mio nonno e non avendo trovato di certo la strada di vita spianata nella terra delle aquile.
Era una donna molto eloquente e dal grande cuore.
Dopo aver lavorato duramente una vita ed aver fatto crescere e sistemare cinque figlie, lei viveva, dopo la morte del marito, da sola e indipendente in una appartamento a Tirana.
Le carte napoletane
Però, la prima lezione di carte invece, io la avevo ricevuta dall’altra nonna, quella napoletana ed erano state proprio le carte napoletane che lei aveva portato a Tirana dall’Italia, quelle con cui mi ero esercitata.
Le conservava con molta cura. E meno male che erano plastificate, non si consumavano facilmente, altrimenti in Albania, dove le trovava delle carte simili?
Io avevo imparato subito a giocare con quelle carte, perché era facile giocarci e non solo:
Mi attraevano molto le loro figure colorate e il sistema di gioco.
Quando un giorno, con la nonna napoletana andai dalla nonna turca, lei iniziò a “sfidarla” quest’ ultima, dicendole che io, loro nipote, avevo imparato per prima a giocare con le carte napoletane e non con quelle da poker, con cui l’altra nonna era solito che giocasse.
Ma, la nonna turca, che aveva un’intelligenza notevole ed un’ironia fine, e per di più, si stava parlando di un argomento che costituiva un po’ pane per i suoi denti, un suo hobby, le carte, le disse:
“Guarda che io conosco bene tutte le carte e non solo quelle da Poker! E quelle napoletane, di cui tu ti vanti, l’origine ce l’hanno proprio nella mia terra, la Turchia! Le carte napoletane vengono dalla Turchia!”
Più avanti, quando sono venuta in Italia nel 1989 con la nonna italiana, ospite dalle sue sorelle, tra i vari dizionari che ho acquistato per italiano, francese e tedesco – io che vivevo in una famiglia multilingue – c’erano anche delle riviste con chicche di curiosità su vari ambiti, tra cui avevo letto anche sull’origine turca delle carte napoletane.
Secondo un’ipotesi largamente diffusa i semi delle carte napoletane rappresentano le classi sociali del Medioevo: coppe il clero, denari i mercanti, spade i soldati e bastoni i contadini e avrebbero un’origine asiatica.
Semi d’Oriente.
Si pensa infatti che siano stati portati nell’Italia Meridionale nel XII secolo dai Mamelucchi, i soldati di origine turca al servizio del Saladino.
Nei mazzi di carte dei Mamelucchi infatti vi erano 4 semi simili a quelli napoletani: dhiram, che era una valuta araba, divenuta per noi “denari”; suyûf erano le scimitarre, le napoletane “spade”; jawkân, ovvero i bastoni da polo, antenati dei nostri “bastoni”; tûmân che era simboleggiato da “coppe”.
I semi francesi delle carte (cuori, quadri, fiori e picche) ebbero invece origine più tardi. (Fonte: Focus)
Il gioco è un corpo a corpo con il destino.
(Anatole France)
Eh, già. Proprio così.
La nonna materna – senza fare la scaramantica, ma con la saggezza che la caratterizzava, come tutte le nonne del mondo – non credeva tanto alla correlazione risaputa: “Fortunato in gioco, sfortunato in amore”, quanto a quella tra “carte stesse e destino della persona”.
“Esattamente come si mescolano e si combinano le carte nel gioco sul proprio tavolo, – diceva – imprevedibili sia in belle, che in brutte sorprese, così, le carte del nostro destino, vengono prescelte e mescolate per noi da delle mani invisibili… Noi giochiamo la nostra partita, com’ è giusto che sia, è vero, i giocatori siamo noi, ma il suo esito finale, non siamo sempre noi a determinarlo. Delle volte, o un giudice cinico oppure un direttore di gara benevolo, sono rispettivamente fondamentali.
E non solo: durante la partita della vita può capitare di incontrare dei giocatori leali, che giocano accanto a te per il semplice hobby del gioco e per quello di divertirsi senza cattiveria o malignità e, d’altro canto, dei furfanti che giocano per il semplice piacere di barare.
L’insieme della combinazione di questi elementi, accostato anche dal nostro stato d’animo perché no, se calmi e sereni, oppure se agitati e impulsivi, dalla nostra intelligenza ed astuzia, oppure ingenuità, determinano il risultato conclusivo.”- riteneva la saggia nonna.
Da anziane, il gioco delle carte che loro praticavano in compagnia di amici e parenti, non costituiva di certo un momento di gioco di azzardo, questo era impensabile, ma questi erano degli attimi di convivialità tra di loro.
“Quando due anziane straniere in Albania giocavano a carte diverse…”
La nonna turca era un mito! Giocava a poker i fine settimana con i vicini di casa e fumava molto. Quando si sfogava per l’andamento del gioco, questo lo faceva usando frasi in turco e in greco, perché erano queste le sue lingue.
Nelle pause, offriva agli amici delle gurabije al burro, biscotti di origine turca preparati da lei, da ottima pasticciera qual era. E da bere, della bevanda bozë oppure shurup trëndafili – sciroppo di rose se estate, e se inverno delle tisane di çaj mali – tè di montagna, oltre al caffè.
La nonna italiana, di Napoli, giocava con le carte napoletane, soprattutto in feste ed atmosfera familiare e detestava il fumo. Quando si sfogava per l’andamento del gioco, questo lo faceva usando frasi in vernacolare, dialetto napoletano ed in italiano.
Nelle pause, offriva a tutti dei biscotti che lei preparava secondo la ricetta napoletana e che chiamava roccocò e da bere, un liquore dalla ricetta peculiare tutta sua, che era il limoncello! Questo lo preparava sempre, a casa non mancava mai, perché facile da preparare, con alcool, zucchero e scorze di limoni, ma certamente era molto precisa nelle dosi degli ingredienti e nei tempi di posa, cosa che rendeva il liquore fantastico!
In vendita, in Albania queste specialità non esistevano.
Io, non posso negare ergo, di aver assorbito un po’ di fumo passivo, associato però, a tanto amore e lezioni di vita da una nonna, e allo stesso tempo, dell’amore e tanti stimoli di curiosità dall’altra.
Da entrambe, sono stata nutrita di cultura mista straniera, lingue miste, sapori misti, accostati alla cultura albanese dei miei due nonni. Perché per quelle due donne, c’erano a disposizione delle carte da gioco diverse, delle culture e lingue diverse, ma un destino come comune denominatore: entrambe avevano sposato due uomini albanesi e vivevano ormai in Albania, lontane dalle loro terre natali.
Insomma con il passare del tempo, crescendo e subentrando altri interessi, i giochi da tavolo li ho abbandonati.
Diciamo che con tempismo, ho preso da loro gli stimoli giusti per curiosità ed intelligenza di cui necessitavo da ragazzina, e questo l’ho percepito in modo naturale da due grandi donne, le mie nonne, che oggi costituiscono un po’ il mio alter ego.
Abbandonando l’interesse per questi giochi da tavolo, tra cui fanno parte anche le carte, devo confessare che non ne avevo mai vinta nemmeno una partita anche ai tempi, quando da ragazzina, ci giocavo.
E oggi, non li pratico più.
Ma il loro amarcord, come un puzzle multiculturale per me, rimane sempre bello e divertente.