Di certo non lo si poteva definire “Albero di Natale”, l’albero festivo di fine anno, quello allestito già dai primi giorni di dicembre nelle case della gente in un paese auto dichiarato “primo stato ateo nel mondo nel 1967” così come l’Albania sotto il pugno di ferro comunista.
L’alberello, quello decorativo non era nemmeno scontato trovarlo, perché con la carestia generale e la scarsità dei prodotti sul mercato, alberelli artificiali non venivano commercializzati e nelle case, per chi avesse la possibilità, più che altro, per la gioia dei bambini, l’alberello delle feste era costituito da aghifoglie freschi, da un pino oppure un abete fresco. L’ambiente di casa si riempiva di aghi pungenti sul pavimento color verde accesso e di odore di resina.
Ricordo che nel preparare l’alberello, da bambina mi sporcavo i vestiti di resina e allora, detergenti non esistevano, per cui si correva ai rimedi della nonna per togliere le macchie: prima lei versava sulla macchia di resina, dell’olio. Ma il problema era che l’olio di per sé macchiava pure, a quel punto, vi aggiungeva del borotalco sopra per assorbire la macchia d’olio. Insomma, era un modo riparatore di certo efficace alla fine.
Di addobbi non ce n’erano nemmeno. Solitamente si usava l’ovatta per simulare la neve sui rami del pino e si adottava qualsiasi strategia inventiva e creativa fai da te per gli addobbi, compreso i gusci delle noci pitturati e colorati, legati con dei fili di cotone, oppure diversi lavoretti di carta.
Altrettanto, Babbo Natale non poteva esistere, ma al suo posto c’era il Vecchietto del Capodanno, il Babbo di Capodanno (Plaku i Vitit të Ri, Babagjyshi i Vitit të Ri).
Ergo, i bambini dovevano attendere il capodanno per ricevere i doni. Gli adulti pure per scambiarsi quei pochi e modesti regali che si potevano concedere. Il 24-25 dicembre nel calendario “si saltavano” e naturalmente il loro aspetto religioso si ignorava.
Quindi di conseguenza, il periodo che coincideva con questo che stiamo trascorrendo proprio adesso, primi di dicembre, da noi in Albania si iniziava a parlare dell’albero del Capodanno, del Babbo, del cenone e naturalmente, tutta la simbologia ed il significato delle ricorrenze religiose di fine anno venivano non solo offuscati, insegnati in maniera distorta, ma veniva categoricamente interdetta la loro rivendicazione o venerazione.
In mezzo secolo di dittatura e da quando nel 1967 l’Albania era stata dichiarata con orgoglio primo stato ateo al mondo, paese in cui l’ateismo di Stato era iscritto addirittura nella costituzione, la linea di ferro che guidava il popolo oppresso si manifestava in una moltitudine di aspetti collegati all’interdizione della religione, tra i quali indubbiamente le festività di fine anno come il Natale e le altre ricorrenze religiose di dicembre.
Dopo aver distrutto chiese e moschee, dopo aver raso al suolo oggetti e simboli di culto, dopo aver condannato, ucciso o perseguitato numerosi esponenti del clero cattolico e personalità del mondo islamico in Albania, automaticamente anche la censura su eventi e riti religiosi non poteva fare eccezione ed era altrettanto intransigente. Di religione non si poteva parlare e non si poteva manifestare apertamente nessun credo.
Non poteva ergo, esistere un calendario che evidenziasse queste festività e nessun’altra di carattere religioso contenutasi nei dodici mesi dell’anno, non poteva esistere nessun vocabolario che spiegasse in modo oggettivo il loro significato.
Nel Vocabolario di Lingua Albanese queste due voci si spiegavano con le definizioni seguenti:
Krishtlindje:
Një nga festat kryesore të të krishterëve, e cila, sipas dogmave të fesë, njihet si dita e lindjes së Krishtit dhe bie më 25 dhjetor (në vendet ku vepron feja e krishterë).
Nuk i festojmë më krishtlindjet.
Natale:
Una delle principali festività dei cristiani, la quale, secondo i dogmi della religione viene conosciuta come giorno della nascita di Cristo e cade il 25 dicembre ( nei paesi in cui si pratica la fede cristiana). Noi non festeggiamo più il natale.
Plaku i Vitit të Ri:
Plaku i Vitit të Ri qenie përrallore, që përfytyrohet si një plak me mjekër të bardhë, i cili u sjell fëmijëve dhurata natën e Vitit të Ri; ai që luan rolin e kësaj qenieje me rastin e festës së Vitit të Ri.
Il Vecchietto di Capodanno:
Il Vecchietto o Babbo di Capodanno, essere fiabesco che si immagina come un vecchietto dalla barba bianca, il quale porta dei doni ai bambini la notte del Capodanno; colui che fa la parte di questo essere in occasione della festività di Capodanno.
Leggende o verità di cui fonte: la saggezza popolare
Quando la dittatura impartì l’ordine di rasare al suolo chiese e moschee ed oggetti di culto, una parte di esse la risparmiarono non distruggendola completamente, ma dopo averle svuotate dalla ricchezza e dalla peculiarità dei loro interni in opere ed oggetti preziosi, quali pitture, sculture, icone ecc, le trasformo in centri culturali o istituzioni statali adibiti a biblioteche, sale di conferenze, palazzetti dello sport come la grande Cattedrale di Scutari ecc.
Ricordo che mia nonna mi raccontò che in un piccolo paesino vicino a Durazzo, c’era una vecchia chiesetta. Questa chiesetta e tutto il luogo intorno ad essa erano stati venerati per anni dalla generazione di mia nonna, generazione che preservava la fede dentro di sé di nascosto ormai durante la dittatura.
Quel luogo era stato considerato da loro un vero e proprio santuario e la nonna diceva che quando lei era stata giovane, in quel posto, nella data precisa della ricorrenza del santo del luogo, centinaia di persone, intere famiglie di credenti andavano a riunirsi ed a trascorrere tutta la notte a dormire fuori nel cortile antistante la chiesetta in segno di fede e per poter godere della benedizione del santo.
Diceva che fuori dalla chiesetta c’era un enorme sasso il quale, era sempre lucido, bagnato, mai asciutto e come se “sudasse”. In continuazione, il sasso emanava non dell’acqua, in modo da pensare che scorgesse da qualche sorgente vicina, ma dell’olio. Era unto…
Quell’olio, la gente lo considerava sacro e i fedeli si ungevano facendo il segno della croce.
La nonna raccontava che quel luogo ha visto effettuarsi dei miracoli. Dei disabili e dei paralizzati li hanno visti giungere alla chiesetta in braccio ai propri parenti, impossibilitati a camminare, per poi tornare a casa con le proprie gambe dopo essersi fermati lì per un’intera notte!
Lei queste cose le raccontava emozionata e con le lacrime agli occhi e lasciava intendere che non erano invenzioni, ma cose realmente accadute.
Poi di certo, la suscettibilità delle persone o la predisposizione della gente a credere o meno a confessioni del genere è relativa.
Da chiesa, diventa ospedale …
Dopo il 1967, quella chiesetta era stata svestita dal suo funzionamento da luogo di culto e trasformata in un ospedale, o meglio, in un padiglione di maternità e reparto di ostetricia e ginecologia.
Le donne gravide vi trascorrevano il travaglio del parto accudite dal personale. Stranamente però, quando arrivavano le doglie, le povere donne impazzivano dal dolore, il loro utero si contraeva ritmicamente, ma loro non riuscivano a partorire, l’espulsione del feto non avveniva.
I medici erano diventati molto preoccupati, non sapevano a cosa attribuire questo fatto scientificamente. Anche perché quello che accadeva non era un caso isolato che succedeva ad una sola donna, ma un fenomeno verificatosi su tutte.
Finché non arrivò una donna anziana, la quale raccontò loro che secondo lei, essendo che l’ospedale era stato costruito su un luogo sacro abbattuto e preso a picconate, violato e profanato, a quel punto, la difficoltà delle donne gravide a partorire lei la riconduceva unicamente a questa correlazione, al grave peccato commesso con la profanazione di un tale luogo sacro di culto!
Chi ha voluto dare credito a quella donna, le ha creduto, chi non le ha voluto dare retta, si è ribellato, ma alla fine, volente o nolente si è seguito il suo consiglio: le donne gravide in procinto di partorire sono state trasportate d’urgenza nell’altro ospedale vicino, in cui, appena arrivate, hanno dato alla luce dei bellissimi bambini e hanno partorito senza nessuna ulteriore complicazione.
Queste sono voci del popolo – indipendentemente che siano verità, aneddoti o leggende – sono voci che mia nonna tramandava a noi di nascosto, perché naturalmente anche racconti di questo genere potevano avere delle ripercussioni sotto dittatura per la famiglia.
Il Babbo di Capodanno – Babagjyshi i Vitit të Ri
Lui, come accade anche oggi, era solitamente uno di famiglia, travestito nella sua classica “veste ufficiale”.
Per i suoi abiti nelle famiglie si pensava tempo prima per procurarli o cucirli a dovere, per rendere la somiglianza della persona che avrebbe ricoperto il suo ruolo, più credibile possibile con il Babbo, considerando che tali abiti non venivano venduti confezionati, per cui si faceva un po’ da sé.
Quei pochi e limitati giocattoli che i genitori riuscivano e procurare per i bambini, prevalentemente di produzione cinese, costituivano momenti di vera felicità per i piccoli. Naturalmente a quei tempi ci si accontentava di poco.
Ma come accennavo già, il Babbo veniva a bussare non prima del Capodanno, non di certo per Natale!
Anche perché a quanto pare, in Albania da almeno un quarto di secolo, dal 1967 fino all’inizio degli anni ’90, il Babbo del Capodanno ed il Babbo Natale erano rivali …