C’è un passaggio quasi irrilevante ne Il generale dell’armata morta di Ismail Kadare, uno che probabilmente avrei rimosso completamente se una professoressa troppo zelante non si fosse presa la briga di commentare.E’ la parte in cui uno degli operai albanesi prende un’infezione scavando nelle tombe dei soldati “fascisti” e poco dopo muore.
La nostra prof. chiese ad alta voce, quasi ci sfidò a trovare il senso di quel passaggio dicendo “Cos’è che lo scrittore ha voluto comunicarci con questo evento?”
Nessuno riuscì ad indovinare, quindi ce lo spiegò. Secondo lei il messaggio di quel passaggio era che il nemico fascista rimaneva sempre un nemico che voleva farci del male, anche da morto. Sull’attimo le ho creduto, e mi ci sono voluti tanti anni per riuscire alla conclusione che non era quello il messaggio, che non c’era nessun messaggio se non che noi eravamo talmente buoni che, per via della nostra idea di giustizia, besa e tutta quella roba lì, permettevamo all’ex nemico di prelevare i corpi morti. Permettere questa cosa ai fascisti era un accordo da gentiluomini, insomma, e noi eravamo gentili, troppo gentili.
Me ne sono ricordato ultimamente perché oggi sono esattamente 71 anni da quando le primi navi fasciste cariche di circa 22 mila soldati sbarcarono a Durazzo ed altri porti per invadere il mio paese.
Non fu inaspettato. Nel 1920 Giolitti aveva deciso di mollare l’Albania in cambio dell’isola di Sazan.
Nei film comunisti questa ritirata disinteressata veniva rappresentata come una guerra sanguinosa per mano dei patrioti albanesi, ma non fu esattamente così. Con l’avvento fascista, però, l’Albania era tornata a diventare centro di interesse del nascente impero italiano.Da almeno dieci anni avevano penetrato la giovane nazione albanese in tutti i livelli.
Già nel 1938 Zog era stato soggetto ad almeno un attentato organizzati da parte di Ciano. Nel Marzo del 1939 Mussolini aveva presentato al re Zog un trattato che aveva il sapore dell’ultimatum, fatto di 8 punti. Sette di questi riguardavano accordi militari ed economici generali che avrebbero legato le due nazioni in modo indissolubile, ma re Zog rifiutò di firmare per via dell’ultimo articolo il quale recitava “I cittadini albanesi domiciliati in Italia ed i cittadini italiani domiciliati in Albania godranno degli stessi diritti politici e civili dei quali godono i cittadini dei suoi stati nel proprio territorio.” E’ interessante il fatto che i fascisti odierni tendono ad escludere, quelli vecchi tendevano ad includere. Vai a capirli!
Con la firma dello stesso l’Albania sarebbe diventata de facto una colonia italiana. Al rifiuto seguirono i preparativi per la guerra. L’invasione di tutta l’Albania, programmata in 10 giorni prese ancora meno tempo, solo il 7,8 e 9 aprile. La resistenza fu fiacca, e non poteva essere altrimenti. Da una parte la fuga precipitosa di re Zog aveva lasciato l’esercito allo completo sbando, dall’altra la penetrazione italiana (leggi: pagamenti in oro sonante) lo aveva diviso anche al suo interno. La resistenza iniziale, più sporadica che organizzata, eppure eroica a suo modo,porto all’uccisione dell’eroe nazionale albanese, Mujo Ulqinako e, in totale, di dodici morti fascisti. Parlando di quell’invasione Anfuso, il vice di Ciano commenterà cosi, tra il divertito e il curioso: “Se gli albanesi avessero avuto un corpo di pompieri ben addestrato, ci avrebbero gettato nell’Adriatico”. No, non c’è l’avevamo.
Tirana è invasa l’8 aprile, il resto dell’Albania il 9 aprile. Appena nove giorni dopo i parlamentari albanesi guidati da Shefqet Verlaci approvano l’unione all’impero fascista e portano trionfali la corona di Kastrioti a Ciano, dunque a Mussolini, quindi al re Vittorio Emanuele III. E’ quasi commuovente vedere questi montanari alti e fieri portare la Corona ad un Re dall’esito incerto. Nel sito del assemblea legislativa italiana si possono ancora trovare i curriculum dei parlamentari albanesi .
Ci si domanda ancora oggi se fu un invasione oppure no. Sono tanti gli amici i quali sostengono che fu solo un capriccio di Ciano, una messa in scena. Basti pensare che, entusiasta del suo nuovo giocattolo balcanico questo cambiò subito il nome di Saranda in Porto Edda. Le posizione non sono stabili, a volte pure intercambiabili come quella di un amico il quale sostiene la tesi della non invasione quando parla con gli albanesi, e quella dell’invasione quando parla con italiani. Non è sbagliato dire che una certa parte dell’Albania pregava di essere invasa. Da una parte, mal sopportavano “ il montanaro Zog” e i suoi modi bruschi, e dall’altra parte guardavano con rispetto e ammirazione il nuovo sistema fascista che faceva rima con l’impero di Roma e ricordava l’Illiria. Neanche i comunisti, maestri indiscussi nel propagandare il tutto, non sapevano che fare esattamente dell’invasione fascista. In tanti dei film della Kinostudio i fascisti vengono rappresentati non come buoni o cattivi ma solo come incoscienti e ridicoli, come ricorda lo stupendo documentario Il paese di fronte di Roland Sejko e Mauro Brescia. La resistenza dei comunisti albanesi fu, quanto meno, prudente durante l’invasione fascista e prese vigore solo quando diventò chiaro che alle porte c’era un vero nemico da combattere, i nazisti e sopratutto, i ballisti (antagonisti albanesi dei comunisti in una guerra civile).
Esempio superfluo ne è anche la ospitalità che tanti albanesi offrirono ai fascisti, oramai diventati solo italiani e che stavano per diventare vittime della furia hitleriana.
A rivedere oggi i vecchio filmati dei parlamentari albanesi che offrono la corona all’invasore, non si può non notare un forte aspetto teatrale.
Mussolini aveva bisogno di un altro paese invaso da portare in dote ai suoi, e l’Albania era lì. D’altra parte, la borghesia albanese aveva bisogno di un nuovo fratello maggiore che, oltre a curarsi di infrastrutture e scuola, li aiutasse a smarcarsi definitivamente dalla cultura turca, nonché a mostrare alla Jugoslavia, che rimaneva un pericolo costante, nuovi muscoli. A certi livelli fu solo un accordo quasi tacito. Se non teatro, poco ci manca.
Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta il 7 Aprile 2010