Ho avuto la forte percezione di vivere fuori dal tempo nei due giorni spesi ad Otranto in occasione della cerimonia per il recupero del Kater i Rades.
Questo perché pensavo che non ci fosse ancora, da nessuna parte in Italia, la maturità per parlare della migrazione albanese così com’è giusto parlarne: come un semplice fatto storico che ha cambiato le due coste dei nostri paesi.
Un fenomeno naturale di cambiamento, certamente duro e difficile, ma anche un fenomeno oramai così lontano che ci permette di parlarne con la maturità che il tempo saggiamente interpone tra noi e il nostro passato.
Ebbene, sono felice di poter dire che mi sbagliavo perché da queste coste se ne puo parlare. E non sono tanto le coste di Bari dove arrivò quella Vlora carica di futuro, bensì le coste di Brindisi ed Otranto dove già a Febbraio – Marzo si avvistarono i primi piccoli pescareggi albanesi.
Furono accolti ed ospitati nelle case proprio come a volte accogli un amico che non vedevi da tanti anni e che arriva a bussare all’improvviso: con stupore, curiosita e gioia. La storia a volte ci mette alla prova, e a volte riusciamo a superarla.
Poi ci fu la Vlora, lo stadio di San Nicolo e i primi rimpatri lampo, ma questa è un altra storia. Fuori tempo anche perché durante i giorni della conferenza, si parlava del passato, arrivavano notizie di altri sbarchi, questa volta provenienti da Egitto e Libia.
Questi giorni ad Otranto nascono da quel marzo tragico, e nascono dalla sentenza del giudice di secondo grado che essenzialmente conferma la decisione di condanna per i militari della Sibilla. Quasi distrattamente alla fine del dispositivo il giudice dispone anche la distruzione del Kater i Rades.
E a quel punto che si attiva l’associazione Integra Onlus di Klodiana Cuka che inizia a bussare in regione e provincia per dire che il Kater merita di più.
Da quel momento si mette in moto un meccanismo che elabora il progetto finale: il Kater diventerà quel che e sempre stato: un monumento da porre ad Otranto. Un meccanismo che tra l’altro propone una bella mostra fotografica, un antologia di Besa editrice che raccoglie parte della scrittura albanese di migrazione, ma sopratutto il recupero del Kater.
Sarà esposta a partire dal 29 dicembre per opera dello sculture greco Costas Varotsos. Durante la conferenza stampa Varotsos è stato chiaro e semplice come sanno essere solo gli artisti del gesto e non quelli della parola “Si tratta di cavare fuori qualcosa di positivo da un oggetto negativo” ha detto “ma e possibile perché non esiste il bene senza il male.”
Ma forse chi è stato più chiaro ed onesto sul punto è Alessandro Leogrande, autore del libro inchiesta “Il naufragio”, frutto di anni di indagini giornalistiche sullo scontro. “ Credo che facendolo diventare un monumento finalmente possiamo liberare il Kater…si tratta di questo, di liberare finalmente la nave.”