“La parola “Ik” (albanese per “vattene”) è stata dipinta anche su delle lanterne cinesi che salgono nel cielo serale di Tirana. La folla riunita ripete a cantilena il coro “Rama Ik!” (ossia “Rama vattene”) impugnando le rosse bandiere nazionali con al centro l’aquila nera a due teste, assieme alle bandiere dell’Unione Europea e degli Stati Uniti d’America.”
Inizia così l’articolo di The Economist che è stato pubblicato il 28 giugno 2019 sulla situazione politica in Albania
Nel paese le proteste vanno avanti da febbraio e, nel frattempo, l’opposizione (riunita intorno ai due partiti maggiori, il Partito Democratico ed il Movimento Socialista per l’Integrazione) chiede sempre più insistentemente le dimissioni di Rama e, appunto, che se ne vada via dalla vita politica del paese.
Durante queste proteste tumultuose, non mancano bombe molotov o fuochi d’artificio indirizzati verso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Lulzim Basha, leader del Partito Democratico a capo delle proteste, dice ai propri sostenitori che non lascerà che il paese scivoli di nuovo in forme dispotiche tipiche dell’Est Europa. Tuttavia, la persistenza di una situazione caotica sia in Parlamento che sulle strade fa sì che la via albanese verso la membership europea sia sempre più in bilico.
Un anno fa l’UE fece in modo di articolare alcune condizioni necessarie affinché i negoziati di adesione potessero effettivamente iniziare. Attraverso un report del 29 maggio, la Commissione Europea raccomandò l’apertura dei negoziati per l’Albania, considerata sufficientemente pronta all’intavolare le trattative di adesione. Tuttavia, il 18 giugno un freno importante arrivò da alcune paesi membri dell’UE attraverso le conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea, il quale rimandava ad ottobre 2019 ogni possibile decisione riguardo all’apertura dei negoziati.
Nonostante il governo albanese si aspettasse un esito del genere, lo slittamento fu comunque una dura pillola da ingoiare. Rama fu celere a sottolineare come gli sforzi del paese verso l’accesso all’Unione Europea sarebbero continuati senza sosta, dando la colpa ai partiti populisti per la mancata prima chiamata al club dei paesi dell’UE. Anche la candidatura della Macedonia del Nord per aprire i negoziati, un paese che ha ottenuto maggiore progresso rispetto all’Albania, è stata rifiutata.
Tuttavia, la politica caotica dell’Albania la fa sembrare sempre meno qualificata per far parte del gruppo delle consolidate democrazie europee. Ciò nonostante, per quanto caotica possa essere la situazione attuale, progressi importanti nel paese si stanno avendo sul fronte della riforma giudiziaria, sotto l’egida della Commissione Europea. Giudici e pubblici ministeri sono messi al vaglio da organi indipendenti riguardo a patrimoni o ricchezze di origine incerta, connessioni con il crimine organizzato e generale competenza. Delle 140 persone vagliate fino ad ora, solo 53 sono riuscite a superare questo processo.
Proprio oggi abbiamo pubblicato anche l’intervento su Facebook di Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e deputata di Forza Italia, dal titolo “Albania nel caos! L’Italia intervenga diplomaticamente”