E’ passato più di un mese dal tragico terremoto di magnitudo 6.4 che ha colpito l’Albania la notte del 26 novembre. Una tragedia che ha causato 51 vittime, decine di migliaia di sfollati e che ha riportato a galla alcune gravi problematiche nascoste sotto la sabbia nel corso degli anni.
Non solo dell’Albania, perché il problema dell’abusivismo e della mancanza di standard edili di sicurezza coinvolge tutti i Balcani: in alcuni paesi, come Romania e Bulgaria, a preoccupare è il fatto che i governi non abbiano affrontato i rischi legati all’invecchiamento degli edifici, mentre in altri, come l’Albania, a preoccupare sono le costruzioni più recenti, dell’epoca post-comunista, quando l’importante era costruire e le misure di sicurezza venivano messe in secondo piano.
NYT: la lezione del terremoto albanese
In un lungo articolo intitolato “La lezione del terremoto albanese: i Balcani non sono pronti”, il New York Times ha analizzato tutti questi fattori sottolineando come “la regione sia mal preparata per un eventuale prossimo grande terremoto”.
“Se avessi visto questo posto quando era una palude, un posto in cui la gente veniva a pescare, non avresti mai pensato che qui avrebbero costruito case.” – afferma Xhafer Ahmetaj, cittadino di Durazzo, al New York Times.
Eppure lì, come in moltissime altre zone a rischio del paese, edifici e case sono state costruite a causa soprattutto di un settore edile troppo spesso caratterizzato da corruzione e abusivismo. Oggi, mentre lo shock del tragico sisma si attenua, gli esperti continuano a stimare i danni e i potenziali pericoli degli edifici costruiti che non rispettano le norme di sicurezza.
Mentre nel Paese delle Aquile prosegue il processo di ricostruzione, in altri paesi della regione la tragedia è servita come campanello d’allarme. In Romania, un team di ingegneri sta ispezionando diversi edifici della capitale Bucarest per identificare quelli a maggior rischio terremoto mentre in Bulgaria prosegue la riqualifica degli edifici costruiti durante il regime comunista.
“Abbiamo bisogno di più coraggio, di più coraggio politico. Dobbiamo accettare la nostra vulnerabilità” – ha dichiarato il fondatore di “Re: Rise” (prima ONG romena incentrata sulla riduzione del rischio sismico) Matei Sumbascu al New York Times.