Sono ormai passati più di due anni e mezzo dall’approvazione della celebre riforma della giustizia il 21 luglio del 2016 in Albania, sotto forti pressioni di USA e UE. La riforma, composta da sei leggi, modifica strutturalmente la Costituzione albanese, modificandone ben 45 articoli.
Per proseguire nel percorso di integrazione, Bruxelles incoraggia continuamente l’Albania a intensificare gli sforzi per la realizzazione delle riforme. Uno dei campi in cui è stato dato maggior supporto è la riforma della giustizia. Si è trattato di una riforma finanziata prevalentemente dalla missione UE EURALIUS, con l’assistenza anche delll’OPDAT USA e la c.d. Commissione di Venezia, che dipende dall’UE e cui compito è quello di monitorare le riforme costituzionali nei Paesi dell’Est Europa.
Essa risponde alle seguenti esigenze: a) di limitare lo strapotere dei magistrati, sempre più “sospettati” di corruzione, legami con il mondo del crimine e soprattutto di un’amministrazione “personale” della cosa pubblica; b) di arginare l’enorme influenza del potere politico sulla magistratura; c) di far ritornare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni attraverso la realizzazione di una cultura orientata verso i valori di probità, senso del dovere, rispetto delle funzioni, delle istituzioni e della giustizia; d) di aumentare il livello di professionalità dei magistrati.
È cambiato innanzitutto il meccanismo di nomina dei funzionari, poi, è previsto l’istituzione di due strutture poste all’apice dei sistemi della giustizia e della procura, che ne dovranno assicurare l’efficienza e l’indipendenza. Saranno inoltre istituiti un Tribunale ed una Procura apposita per la lotta alla corruzione e al crimine organizzato, principale debolezza dello Stato albanese.
Magistrati e alti funzionari alla lente d’ingrandimento c.d. “Vetting”
Con l’entrata in vigore della riforma tutti i giudici, procuratori e alti funzionari del sistema giudiziario saranno sottoposti ad un esame dettagliato delle credenziali, c.d processo di “Vetting”. Tale controllo dell’operato, della professionalità, del patrimonio e di eventuali legami con il crimine, sarà effettuato da altre due nuove istituzioni istituite dalla legge n. 84/2016 del pacchetto della riforma, la Commissione Indipendente delle Qualifiche e il Collegio di Appello. Entrambe saranno assistite dall’Operazione Internazionale di Monitoraggio, una commissione gestita dall’Ue, con all’interno esperti del sistema giudiziario dei paesi membri, con un’esperienza di almeno 15 anni.
Considerano che i primi effetti reali dalla riforma si possono toccare indagando sul lavoro svolto dalle due istituzioni sopra menzionate, di conseguenza, la mia ricerca si limita a questi due organi.
La decisione del Collegio Indipendente, che potrà essere impugnata al Collegio di Appello, si basa sulla raccolta di prove inerenti a tre pilastri; a) la valutazione patrimoniale e la usa lecita provenienza; b) il controllo della figura (personale e famigliare); c) la valutazione della capacità professionali.
La priorità di controllo è stato dato ai giuristi appartenenti ai gradi più alti della magistratura. La ragione di questa schema piramidale era quello di individuare i magistrati idonei ed adatti per la creazione dei nuovi organi giudiziari. Pertanto, gli effetti sono stati immediati. Oggi la Corte Costituzionale non è operativa, tra i nove membri ne è rimasto solo uno. Gli altri hanno subito il processo di Vetting, sia direttamente licenziati dalla Commissione sia dalla loro spontanea dimissione, prevista quest’ultima possibilità dalla stessa legge. Idem la Corte di Cassazione (Gjykata e Larte). Due anni fa, essa aveva 17 membri. In sei sono andati in pensione dopo la fine del loro mandato. Cinque sono stati bocciati dal Vetting, quattro sono stati confermati e uno si è dimesso. Uno è stato condannato per corruzione insieme al marito a quattro anni di galera.
La situazione è alquanto critica e senza precedenti perché si rischia seriamente di violare i diritti dei cittadini e di mettere in crisi l’equilibrio dei tre poteri.
Veniamo ai numeri, fino al giorno di oggi, basati sulle decisioni della Commissione Indipendente, i soggetti dimessi sono 11, di particolare spicco l’ex Procuratore della Repubblica, Adriatik Llalla e la dimissione di 3 giorni fa del procuratore di Tirana, Petrit Fusha, dopo una carriera superiore ai 30 anni da magistrato. I soggetti licenziati sono 37, quelli confermati invece ammontano al 48.
Quasi in ogni decisione di licenziamento, la mancata giustificazione della ricchezza costituisce una delle motivazioni fondamentali della decisione. Trattasi, in verità, di controlli assai approfonditi che riguarderanno non solo i magistrati ma anche i loro parenti. Sono previsti, ad esempio, accessi presso banche e istituti finanziari; controlli sulle carte di credito, alberghi, vacanze, operatori aeroportuali. Inoltre, è prevista la possibilità di chiedere informazioni ad altri Paesi su dati e movimentazioni finanziarie ecc.
Da questi dati emerge che tra tutti i soggetti fino adesso sottoposto al Vetting il 50 % (sommando anche quelli dimessi) ne è rimasto fuori dal sistema. Dato preoccupante che dimostra che il sistema era marcio fino al midollo.
I dati scavati dal Collegio di Appello sono ancora più interessanti. Dai 37 soggetti licenziati, in 8 hanno impugnato la decisione di primo grado. Il Collegio però ha confermati nei tutti i casi la precedente decisione. Invece c’è stata 1 impugnazione nei confronti dei soggetti confermati e che il Collegio ha deciso di ribaltarlo in licenziamento. Le decisioni del Collegio sono definitive e si possono unicamente impugnare alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Quello che è il maggior timore di chi scrive è che soprattutto per i magistrati che si sono occupati di materie civili, vi è l’alto rischio che parti processuali che si sono viste soccombenti in lontani processi del passato adombrino l’idea che ciò sia stato il frutto di inciuci e mal’affari tra il giudice e la controparte. E se queste dovessero essere credute e ritenute attendibili, si andrebbero ad aprire centinaia di processi civili e (in parte anche) penali, mentre gli stessi giudici finirebbero sotto la lente di ingrandimento della procura ed indagati penalmente, nonostante la legge sul “vetting” afferma che le risultanze di tale procedimento non possono essere assunte come prove in giudizi penali, ma possono valere come indizi di reato. Idem per i processi penali (così prof. Ersi Bozheku).
La riforma riveste grande aspettative sia da parte dei cittadini albanesi sia da parte della comunità internazionale che ha investito molto su di essa. Una cosa è certa: il tempo è sempre galantuomo. Sarà il tempo, anche nel caso della riforma della giustizia in Albania, a dire se la stessa abbia effettivamente costituito il punto di svolta per il Paese, la sua “coscienza” e i suoi valori, ovvero sia stata solo l’ennesima illusione verso un “tanto agognato” valore: la “Giustizia”.