Presso il Teatro Nazionale di Tirana, che per il suo inestimabile valore storico- culturale, dopo un’accurata selezione è di recente rimbalzato al primo posto tra i 7 siti del patrimonio europeo più a rischio la cui ristrutturazione verrà finanziata da fondi europei, in queste ore sta andando in scena una singolare rappresentazione sull’esercizio democratico e sulla libertà del dissenso civile.
Secondo l’ultima versione ufficiale, ritrattata più volte nel corso del tempo, il partito di maggioranza intende raderlo al suolo per costruirne uno nuovo e moderno (mancando un piano non si capisce se con annesso centro commerciale o grattacielo) con chiaro sperpero di denaro pubblico, mentre cittadini e artisti presidiano l’ottuagenario e desiderano farlo ristrutturare grazie all’impegno extra-statale di Europa Nostra e della European Bank of Investement, non influendo così minimamente sulle casse dello Stato e preservando al contempo l’eredità culturale.
Il Teatro Nazionale di Tirana è il primo esempio dell’architettura moderna in Albania e rappresenta il primo passo del legame tra l’Albania e l’Europa.
Nacque nel 1940 come Circolo Culturale Skanderbeg, progettato dall’architetto italiano Giulio Berté (lo stesso del Ponte Flaminio) in pieno stile razionalista. Ha un valore architettonico straordinario in quanto è basato sulla pittura metafisica di Giorgio De Chirico ed è stato costruito in modo innovativo ed ecologico rispetto alle opere dell’epoca: con fibre di pioppo e cemento trasportati in Albania e lì amalgamati col cemento armato. Indro Montanelli ne parlò come di “un’opera monumentale per l’Albania”.
Proprio nel Circolo Culturale Skanderbeg sono nate e sono state fondate tutte le istituzioni culturali dell’Albania del dopoguerra. Oggi hanno sede il Teatro Nazionale e il Teatro Sperimentale, che contano in tutto tre sale teatrali, con una capienza che si aggira attorno ai mille spettatori. Scientemente lasciato senza manutenzione, ancora oggi è il teatro funzionale più importante e più a norma con gli standard di sicurezza europei.
In un Paese le cui sale teatrali in totale si contano sulle dita di una mano, dove un altro esempio siffatto di bellezza culturale e memoria storica non c’è, è facile capire cosa spinga gli animi degli artisti e dei cittadini a presidiare il Teatro da oltre 27 mesi di proteste quotidiane democratiche, civili e pacifiche. Come è facile intuire anche la speculazione edilizia che sta alla base della decisione della politica locale, non si capirebbero altrimenti l’accanimento e i toni aggressivi contro chi difende il Teatro. Per dovere di cronaca anche la comunità artistica è lacerata: una parte degli attori vorrebbe un nuovo teatro più moderno ragion per cui l’altra parte, ovvero chi presidia la struttura, ha proposto al governo, che comunque non dialoga, di lasciar ristrutturare l’attuale complesso grazie ai fondi europei e costruire altrove un eventuale nuovo edificio teatrale detratto dalle tasse dei cittadini albanesi, in modo tale da arricchire la città con più teatri (ci sarebbe un terreno attualmente adibito a parcheggio proprio in centro nei pressi del Municipio). Ma non si sa quanto la volontà degli attori del Teatro Nazionale TK che propendono per la demolizione e stipendiati statali sia un motto di spirito spontaneo o se è invece frutto del passaggio dall’oggi al domani di un contratto di lavoro di tipo indeterminato ad uno di tipo minacciosamente determinato e rinnovabile periodicamente, sebbene la legge ne vieti il rinnovo per più di tre volte consecutive.
Nelle ultimissime ore la tensione tra governo, municipio cittadini è salita e i toni si sono inaspriti perché la maggioranza, accusata di agire nell’illegalità, non ammette dialogo e preme per un’urgente demolizione, senza dare nemmeno il tempo alla Corte Costituzionale di esprimersi in merito. Il premier Edi Rama in un’intervista rilasciata all’emittente Ora News il 12.05.2020 dichiara d’aver deciso nel 1998 di demolire il Teatro Nazionale (era allora Ministro della Cultura) e non vuole tornare più sulla sua decisione, scatenando l’ira di chi lo taccia di autoritarismo e di disporre del territorio pubblico come di un proprio feudo.
Dopo una serie di proteste cittadine spontanee di vario genere, sintomo del malessere popolare, sfociate negli ultimi due anni contro la maggioranza, dove si è perfino arrivati all’uso della forza e dei lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine, il pomo della discordia si è concentrato nelle ultimissime ore al Teatro Nazionale di Tirana. Qui da 27 mesi artisti e cittadini lo presidiano a turno curandone la manutenzione e la pulizia con piccoli apporti di denaro provenienti da pensionati, artisti e gente umile che vuole dare il proprio contributo civile. Perfino per le lettere della facciata formanti la scritta, rimosse il 26 aprile del 2019 da funzionari municipali alle 04 di notte col favore delle tenebre e senza averne alcuna facoltà, è stata organizzata una colletta e sono state risistemate nuove. Le proteste che si susseguono da 27 mesi in quella che è diventata l’Agorà della Libertà sono quotidiane, democratiche, civili e pacifiche contro una legge speciale (ben due volte dichiarata incostituzionale dal Presidente della Repubblica e rimbalzata alla Corte Costituzionale) varata ad hoc che ne sancisce la demolizione per far spazio dapprima a 6 grattacieli e ad un nuovo teatro progettato senza successo per Pyongyang e ripescato quindi per Tirana, poi ad un nuovo teatro con annesso centro commerciale o grattacielo, ma di un progetto o di un piano regolatore, nonostante denunce e ritrattamenti, non vi è ancora traccia. A indignare ancor di più i cittadini è stata l’eclatante cessione del suolo pubblico ad una ditta privata specifica, senza gara d’appalto, poi ritrattata come successo con altri articoli della medesima legge.
Radere al suolo il Teatro Nazionale crea anche un precedente che non lascia presagire nulla di buono: quale sarà il prossimo passo intrapreso in nome dello sviluppo e della modernizzazione, declassare per es. il sito archeologico di Antigonea per poi demolirlo? Può una norma sancire il valore storico di un sito?
La comunità internazionale nel frattempo non è rimasta indifferente, numerose sono le istituzioni culturali espressesi nei mesi scorsi contro la demolizione del Teatro: artisti stranieri sono andati in loco a dare il proprio contributo e anche Premi Nobel come Elfriede Jelinek o personalità del calibro del Commissario UE per la Cultura e per la Ricerca, Mariya Gabriel, hanno assicurato il loro sostegno e quello delle istituzioni che rappresentano. Eppure il duo Rama/Veliaj in piena emergenza pandemica, con numerose matasse ancora da sbrogliare post-terremoto, PIL al -9% ecc. sulle priorità nazionali ha inserito in cima alla lista l’urgenza di demolire il Teatro Nazionale e con un provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri Edi Rama datato 08 maggio 2020, VKM nr. 377, disloca la proprietà dell’edificio dal Ministero della Cultura al Municipio di Tirana, aprendo la strada alla imminente demolizione.
Buona parte dell’Albania il 30 giugno 2019 ha visto elezioni municipali monopartitiche con un candidato unico, mentre il Sindaco di Tirana Erion Veliaj, pupillo erede del Premier, è stato da molti accusato d’aver vinto con una percentuale oscillante tra il 10% e il 15% degli aventi diritto di voto, in gara con un candidato non candidabile sbucato dal nulla la cui lista è stata depositata oltre la scadenza sancita dalla legge.
Egli respinge aspramente le richieste di dialogo da parte dell’Alleanza per la Salvaguardia del Teatro Nazionale, denigra gli artisti, provoca mandando la municipale al Teatro per un’ispezione, indìce un’assemblea ufficiale per il 15 maggio 2020 e a tradimento la sera prima pubblica l’ordinanza già firmata, nr. 50, in base alla quale il Teatro deve essere sgomberato e demolito entro le successive 24 ore. Questo ha gettato il panico sulla cittadinanza che, nonostante l’emergenza sanitaria, si è stretta in centinaia attorno al Monumento Culturale difeso dal Popolo e numerose sono le personalità nazionali e internazionali che nelle ultime ore hanno ribadito il sostegno al gruppo di artisti e cittadini che lo presidiano, un movimento genuino apartitico, il cui appello è stato accolto trasversalmente da tutte le opposizioni e forse anche da una parte del partito di maggioranza, ma anche dal Presidente della Repubblica, dal Commissario UE per la Cultura, da Europa Nostra, ecc. Non si può dunque calunniare la protesta come mero attacco politico dei Capi delle Opposizioni, Lulzim Basha e Monika Kryemadhi, o banalizzarlo circoscrivendolo come un movimento di qualche “testa annacquata che si crede corifea della cultura” come lo ha stigmatizzato ieri, 14.05.2020, la Ministra per i Rapporti col Parlamento durante una seduta parlamentare.
Tutto ciò avviene mentre alla Corte Costituzionale non è ancora stata data la possibilità di deliberare in merito ai vizi di norma e alle presunte incostituzionalità non solo della legge ma di tutta l’opaca faccenda.
In un momento storico in cui quasi tutti i governi del mondo si dicono legittimati nel loro esercizio dall’espressione periodica della volontà popolare, è vitale per la cittadinanza essere vigile sugli abusi di potere per non capitombolare impercettibilmente verso una fatale dittatura democratica popolare.
E, per un Paese dalla tradizione democratica acerba, è alto il rischio di scivolare in una democrazia recitata solo quando il popolo è chiamato a fare da comparsa nell’atto del voto, ma non sostanziale perché di fatto non si tiene conto della volontà di una parte della cittadinanza, non si stanno rispettando i tempi previsti dalla Costituzione e i moniti provenienti dal Presidente della Repubblica, Ilir Meta, o dalle organizzazioni europee. In Albania in questo momento c’è grande malessere da parte dei cittadini e le istituzioni di tutela appaiono svuotate nella loro funzione a causa di un lento ma inesorabile depauperamento.
La protesta contro la demolizione del Teatro Nazionale di Tirana trascende i confini nazionali: è diventato il “democratometro” attraverso il quale pesare lo stato di salute dei diritti e della democrazia non solo in loco ma anche nel resto dell’Europa perché pone domande alle quali nessuna forza democratica moderna può più esimersi dal rispondere. L’artista fa politica nel senso più alto del termine ed è arrivato il momento di unirsi contro gli abusi di palazzo e lo svuotamento del processo democratico. Artisti e cittadini in Albania stanno chiedendo una possibilità di integrazione ed educazione e aiuto all’Europa: vincere oggi la battaglia per mantenere cultura, identità e diritti significa dare nuova linfa a un’Europa unita non solo finanziariamente ma anche nell’ideale dello spirito democratico che da sempre la contraddistingue.
In questi ottant’anni il Teatro Nazionale di Tirana ha svolto diverse funzioni culturali e storiche, e nel 1990 per la prima volta nella storia dell’Albania, proprio lì è andato in scena uno spettacolo teatrale dissidente, una metaforica canzonatura della dittatura e del regime di allora, per l’adattamento e la regia di Edmond Budina ispirato alla novella “Notte di Luna” del candidato al premio Nobel per la letteratura, Ismail Kadare. Dopo la prima, il regista salì sul palco, annunciò la richiesta di asilo politico alla Francia da parte di Kadare quella sera stessa e alzò le dita in segno di Vittoria per la libertà e la democrazia, mentre il pubblico in delirio lanciava fiori e aveva le lacrime agli occhi. Dal quel palco, solcato dai più grandi nomi della cultura albanese, grazie al teatro e agli artisti è nato quindi il primo seme della speranza e l’Albania non è più rimasta la stessa, aprendo la strada al movimento studentesco che ha portato alla democratizzazione del Paese. Dopo tre decadi di transizione l’Albania sembra da un lato in una fase democraticamente più matura ma allo stesso tempo ci sono delle evidenti prove di violazioni a cui si è tenuti a rispondere.
Oggi come allora il Teatro Nazionale di Tirana è il teatro dei cittadini, è patrimonio di tutti gli esseri umani ed è il paradigma di ciò che avviene nell’Albania presente e futura e di come questa verrà integrata nella famiglia dell’UE.
Si auspica comunque in un ripensamento da parte del Premier.