Ieri sera, 8 giugno 2019, il Presidente della Repubblica albanese Ilir Meta ha di fatto annullato le elezioni amministrative , previste per il 30 giugno.
Anche se non ha reso ancora dichiarazioni utili a spiegare tale scelta, la sua decisione sembra giustificarsi nel fatto che i due principali partiti di opposizione (PD e LSI, quest’ultima fondata e diretta dallo stesso Meta fino alla sua nomina come Presidente della Repubblica, attualmente diretta da sua moglie Monika Kryemadh) non si sono regolarmente registrate in tempo utile per partecipare alle elezioni.
L’annullamento apre scenari nuovi e mai esplorati nella politica albanese.
Difficile dire se le fragili istituzioni del paese riusciranno ad affrontare questa nuova crisi istituzionale.
Difficile dire persino se il Presidente ha il potere di farlo. Nel recente passato, diversi Presidenti albanesi hanno posticipato le elezioni, individuano altre date, ma sempre all’interno di un accordo politico dei principali partiti. Secondo le prime ricostruzioni, invece, la decisione di Meta ha colto di sorpresa tutte le forze politiche alle quali non era stata anticipata questa scelta.
Il Premier Rama continua il tour elettorale e ha ripetuto più volte che le elezioni del 30 giugno avranno luogo regolarmente, come hanno confermato anche altri dirigenti importanti del Partito Socialista Albanese. Non senza motivazioni, secondo il Partito Socialista il Presidente non ha il potere di annullare le elezioni già indette.
Intanto, nella sede del Partito che ha anche la maggioranza parlamentare, si sta già valutando il percorso che porterebbe alla rimozione di Meta. Il pretesto, formale e sostanziale, sembra essere il fatto che il Presidente non ha il potere di annullare le elezioni. In attesa di conoscere le motivazioni di Meta, non è chiaro il motivo formale dell’annullamento, così come l’appiglio costituzionale.
Ma anche questo scenario di rimozione, invece di chiarire ed indicare una rotta, porta più problemi di quanti ne crea. Se infatti il parlamento albanese può rimuovere il Presidente della Repubblica in carica (con una maggioranza di due terzi, in una specie di voto di sfiducia), tale decisione deve essere avallata dalla Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale albanese, però, è stata travolta da scadenza di mandato, dimissioni e scandali di corruzione, e di fatto è paralizzata e non ha neanche il numero dei membri utili per prendere qualsivoglia decisione. Anche l’impeachment, sembra una strada molto complessa da percorrere.
Un alternativa potrebbe essere l’apertura ad un dialogo politico tra l’attuale governo socialista e le forze dell’opposizione. Ma quest’ultime hanno sempre posto come condizione iniziale le dimissioni del Governo o, quanto meno, del Premier Rama, e questo al momento sembra molto improbabile.
L’Albania, che fino a pochi mesi fa accarezzava l’idea dell’apertura dei negoziati con la UE adesso si trova nel caos e non vede vie d’uscita.