Nel 2004 scrissi un libro, derivato dalla tesi di dottorato e intitolato: “Farsi passare per italiani. Strategie di mimetismo sociale fra gli immigrati albanesi ”.
La tesi di fondo era che il mimetismo sociale è un processo universale che tutti i rappresentati di gruppi discriminati mettono in atto, in limitati contesti della vita quotidiana, per evitare una sensibile restrizione nell’accesso alle risorse disponibili nel contesto locale.
Tutto ciò spinge individui, spesso non collegati in gruppo, a nascondere la propria identità e, a seconda delle competenze possedute, a performare il ruolo del locale o, più in generale, del membro del gruppo dominante.
Riguardando questa teoria a quasi dieci anni di distanza, e considerando l’evoluzione della presenza albanese in Italia, comprendo come essa necessitasse, al pari di altre teorie sulle fasi migratorie e di integrazione (da Portes a Castells), di un corollario di tipo temporale: essa è più ricorrente, in un dato gruppo etnico, non solo quando esistono condizioni di socializzazione favorevoli ma anche e soprattutto nelle prime fasi migratorie, quando cioè gli individui sono più dispersi e non si è ancora stratificata un’identità di gruppo migrante.
Tre elementi mi fanno affermare per gli albanesi italiani, in particolare, come il mimetismo sociale non rappresenti più per molti di loro una strategia di sopravvivenza:
– la creazione di un’agorà di informazione e discussione online (albanianews.al);
– la creazione di reti di associazioni albanesi, in Toscana ed Emilia;
– la partecipazione politica crescente.
Un esempio recente e molto bello viene infatti da Asti, ove gli albanesi residenti sono scesi in piazza, con le loro bandiere, per reclamare il diritto sacrosanto a una maggiore partecipazione alla vita politica. Quelle bandiere che fino a vent’anni fa facevano paura vengono esposte con il ‘religioso’ orgoglio nazionalista che da sempre caratterizza la cultura albanese.
Gli albanesi non hanno ancora raggiunto una forza da tale da poter incidere fortemente sul nostro dibattito politico, al pari ad esempio dei latinos o degli italoamericani negli States. Ma sono sulla giusta strada per porsi come rappresentanti dell’intera popolazione immigrata.
Essi godono oggi di uno dei livelli di integrazione più alti fra le comunità presenti in Italia. Il dato è misurabile sia economicamente, per il numero di imprese di cui sono titolari, sia dai matrimoni misti con italiani e dagli studenti albanesi nelle università e scuole italiane.
Inoltre, va sottolineato, nell’occhio del ciclone del razzismo populista italiano più recente sono entrate altre popolazioni (dai rumeni alle popolazioni nomadi). Ma, in maniera diversa probabilmente, anche per loro il ciclo di stigmatizzazione/tolleranza evolverà.
Questo articolo è disponibile anche in lingua albanese