Dal 1991, l’ultimo mese dell’anno in Albania viene festeggiato l’8 dicembre, l’anniversario della prima manifestazione degli studenti scesi in piazza nel 1990 per protestare contro il regime comunista.
E da qualche anno, su proposta dei democratici albanesi, il parlamento lo ha proclamato anche “Giornata della gioventù”. Insieme alle varie manifestazioni in memoria di questo avvenimento storico, vengono presentati libri che raccontano dei movimenti democratici che da anni gorgogliavano nelle fila degli intellettuali albanesi, vano in onda trasmissioni televisive che intervistano i cosiddetti dissidenti del regime. I giornali vanno alla ricerca di comunisti “convertiti” che abbiano lavorato dietro le quinte a questa ribellione.
Ovviamente sono solo insinuazioni, almeno finché non vanno provate, come di regola dovrebbe succedere. Nessuno ha mai documentato o provato in nessuno modo, nulla di tutto ciò che si dice ormai da anni.
Si tratta di testimonianze di alcune persone o interpretazioni di altri su determinati fatti. Perché forse non c’è niente da dimostrare, forse perché il movimento degli studenti di dicembre è stato quello che si vedeva e si sentiva in quei giorni: un movimento spontaneo di rivolta, che inizialmente cominciò come protesta alle cattive condizioni di vita negli alloggi degli studenti, e successivamente si trasformò in una vera e propria rivolta contro il regime dittatoriale.
Una rivolta contro un regime comunista in piena crisi, che da qualche anno era già crollato in molti altri stati dell’est. Non ci vuole molto a capire che il movimento degli studenti di dicembre fu solo un susseguirsi degli eventi in corso in tutti gli altri stati comunisti.
All’inizio del 1990, il crollo del comunismo nella maggior parte dei paesi dell’Europa dell’Est aveva alimentato le speranze dell’Albania, dove era ormai sempre più difficile impedire, anche con la polizia segreta (Sigurimi i Shtetit), che le notizie dal resto del mondo venissero diffuse. I manifestanti di quei giorni, venero incoraggiati a ribellarsi, grazie anche a queste notizie, ascoltate clandestinamente dove si annunciava che ormai il comunismo stava capitolando.
Quindi nulla di pre-meditato, nessun esplosione di movimenti di tipo dissidente, e nessuna cospirazione segreta come molti sostengono nei loro libri. Ma solo conseguenza di quanto succedeva da tempo nel campo comunista. In Albania, infatti, non ci sono mai stati i Sacharov albanesi oppure i Lech Walesa come in Polonia, e nemmeno i movimenti di tipo Samizdat come in Unione Sovietica.
Tutto succedeva nel 1990 in maniera spontanea, improvvisa e non organizzata. Questo non va a minimizzare il contributo e il coraggio degli studenti scesi in piazza in quei giorni, anzi. Tuttavia, bisogna guardare attentamente e interpretare i fatti come stano.
Lo slogan di quelli che protestavano in piazza era “Libertà e democrazia” ma nessuno di quelli che lo urlava in quei giorni aveva le idee chiare sul suo significato. In molti pensavano alla libertà di parola, di stampa, di muoversi liberi, e all’opportunità di arricchirsi. Nessuno, né gli studenti, né i professori o gli intellettuali che avevano appoggiato il movimento non avevano idea su che cosa fossero la democrazia liberale e lo stato di diritto.
Lo testimoniano l’incontro dei rappresentanti degli studenti con il Presidente comunista Ramiz Alia, e l’incontro di quest’ultimo con gli intellettuali albanesi. Il movimento studentesco di dicembre è stato inizialmente spontaneo, mal organizzato, senza un vertice, e fu trasformato successivamente in un vero strumento politico, in un partito, non diretto dal regime comunista, ma da gente ambiziosa. Quest’ultimi affermavano di essere i paladini della democrazia, ma in verità erano solamente affamati di potere e armati non con gli strumenti delle democrazie occidentali ma con quelli del regime comunista.
Questo è un’altra ragione in più che dimostra che il movimento studentesco fu un movimento senza basi democratiche e con dei leader impreparati sulle questioni democratiche e lo stato di diritto. Per di più, questi leader non erano persone perseguitate dal regime comunista, e neanche oppositori o dissidenti, ma avevano appoggiato senza nessuna esitazione il vecchio sistema.
Nessuno di loro si era mai opposto al regime prima. La storia dimostra che è quasi impossibile che un movimento democratico sia guidato da persone che hanno ricoperto importanti cariche e appoggiato in ogni sua parte un regime dittatoriale.
Questo spiega anche perché una volta caduto il comunismo, la nuove élite venuto al potere instaurò un regime di tipo autocratico. Non poteva succedere diversamente e non si poteva aspettare dell’altro da un movimento che nelle sue fondamenta non aveva nessun principio democratico ma solamente una grande voglia di rovesciare un regime per loro brutale.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato il 30 dicembre 2010