Leggendo regolarmente il blog di Beppe Grillo, non si può non rimanere colpiti dalla mancanza di coerenza e consequenzialità che ha la posizione espressa ieri dal comico a proposito dello ius soli con altre posizioni da lui sostenute in difesa di esodati, precari, stagisti e in generale di categorie sociali messe a dura prova da crisi, licenziamenti facili e forme di sfruttamento del lavoro.
Tanto sociali sono le posizioni dell’ideologo, da proporre al punto primo del suo programma “20 punti per uscire dal buio” il reddito di cittadinanza. Non certo una prassi europea (faccio uso qui dello stesso medium informativo citato da Grillo nei suoi post, Wikipedia)! Ma non sembra proprio che egli se ne preoccupi. Eppure, scrivendo dello ius soli, il comico non esita ad ammonirci subito che tale principio non è presente in Europa, “se non con alcune eccezioni estremamente regolamentate” e più in là indica come primo passo la “discussione e concertazione con gli Stati della UE” a proposito dello ius soli. La sua fiducia nella UE sembrerebbe quindi aumentata rispetto ai tempi in cui definiva Bruxelles un club Med dei trombati alle elezioni nazionali! Anche se al punto 8 del summenzionato programma del Movimento 5 Stelle è previsto un “Referendum sulla permanenza nell’euro” dell’Italia.
Ma ci sono altri punti molto discutibili nel post. Grillo sostiene che lo ius soli in Italia sia un fatto acquisito poiché chi nasce in Italia e vi risiede ininterrottamente fino a 18 anni, può richiedere la cittadinanza italiana entro un anno dal compimento della maggiore età. Ma si può sostenere che essere cittadini alla nascita e diventarlo a 18 anni sia la stessa cosa? E viene da chiedersi: com’è la vita di un bambino/poi ragazzino/poi adolescente fino a quell’età? E’ normale che un neonato debba essere portato dai genitori in Questura a pochi giorni dalla nascita al fine di richiedere un permesso di soggiorno per vivere nel paese dove è nato/a? E se per qualche motivo nel corso dei 18 anni risiedesse in un altro paese per più di sei mesi, ha senso che non possa richiedere la cittadinanza italiana divenuto maggiorenne?
Per non parlare di cosa significhi trascorrere 18 anni di vita legato a un permesso di soggiorno! E’ troppo se mi permetto di menzionare il senso di smarrimento e frustrazione che un bambino nato qui e vissuto sempre in questo paese, prova quando scopre che non ha pari diritti ai suoi amici solo perché i genitori di questi sono nati in Italia mentre i suoi no? Possibile che Grillo, il quale dal blog e nelle piazze grida in difesa dei più deboli e oppressi dalle ingiustizie sociali, sorvoli freddamente questi aspetti quando tratta l’argomento ius soli?
Nel post in questione arriva addirittura a chiedersi “quali siano le condizioni che permetterebbero a chi nasce in Italia di diventare ipso facto cittadino italiano”. Il fatto stesso che l’individuo sia nato in Italia e ci viva non basta?
Ma non solo. Egli indica la riforma che introdurrebbe il principio dello ius soli nell’ordinamento italiano come “una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese”. Una frase tanto ad effetto nella sua totale imprecisione di significato è degna del miglior Borghezio. Qual è quindi la motivazione per cui Grillo non ha a cuore i diritti di centinaia di migliaia di bambini e giovani, le cosiddette seconde generazioni?
La motivazione appare squisitamente politica. Ad oggi in Italia è il PD l’unico partito (anche se è stato Gianfranco Fini il primo ad innescare il dibattito pubblico sulla questione) che ha fatto una bandiera della modifica alla legge sulla cittadinanza, per garantirla immediatamente a tutti i bambini nati nel paese, a prescindere dalla nazionalità dei genitori. Grillo non poteva certo accodarsi. La guerra aperta che ha con questo partito, lo ha spinto a porre un veto preventivo alla proposte targata PD, senza approfondirne il merito. Nel post sullo ius soli vergato dal comico, gli argomenti, come abbiamo visto, sono talmente vacui e la questione è trattata così superficialmente, che l’indispondenza di Grillo appare altrettanto ingiustificata quanto lo fu il rifiuto del PD di votare Rodotà alla Presidenza della Repubblica.
L’unico spiraglio che egli lascia alla riforma, è che questa venga votata tramite Referendum. La conseguenza imprevedibile di tale proposta è legata alle campagne di disinformazione, propaganda e “terrorizzazione di massa” che potrebbero nascerne. Se ciò non accade e i gli italiani vengono informati correttamente, nell’ipotesi referendaria voteranno in maggioranza a favore della riforma. E i “non-cittadini” contribuirebbero alle spese di questo Referendum come contribuiscono tramite il versamento delle tasse a ogni altra spesa sostenuta dallo Stato italiano. In effetti i cittadini extra-comunitari residenti in italia contribuirebbero a pagare anche il Referendum proposto dal Movimento 5 Stelle per rimanere o meno nell’euro. Anche se non hanno il diritto di voto!