Qualche settimana fa mi sono ritrovata a conferire la cittadinanza a delle giovani donne, ragazzine poco più piccole di me. Italiane finalmente riconosciute sulla carta.
È sempre emozionante accogliere i giuramenti dei nuovi cittadini, ma questa volta, assieme alla gioia, c’era anche rabbia e frustrazione. Dispiacere perché la metà delle persone in sala doveva essere italiana da un pezzo.
Il tema dello Ius Soli/Ius culturae ce lo stiamo trascinando dietro da anni. È stato messo in secondo piano, è stato inquinato da posizioni politiche che nulla avevano capito della questione, è stato macchiato da ansia di consensi.
Ritenuto non urgente e accostato all’immigrazione, è uno schiaffo per milioni di ragazzi italiani di fatto, lo Ius Culturae è una battaglia che non muore e che voglio portare avanti.
Perché fa paura
Lo Ius Culturae a qualcuno fa paura perché teme che “l’italianità venga sporcata”, “Italiani si nasce”, “Il tuo sangue non è italiano”. Affermazioni del genere personalmente fanno orrore, ma cerchiamo di fare un po’ di ordine. Facciamolo perché alla base di tutto credo che ci sia disinformazione. Proprio come quella volta che ho raccontato ad una signora fermamente convinta delle affermazioni di cui sopra di cosa si trattasse, ed è andata più o meno così:
“Italiani si nasce! Mica puoi venire qui ed ottenerla come se niente fosse! Poi vengono tutti qui a partorire solo per prendere la cittadinanza!”
“Signora, lei ha figli?”
“Sì, una ragazza di 15 anni”
“Nella classe di sua figlia ci sono degli <>?”
“Sì, una ragazza albanese. È la migliore amica di mia figlia!”
“Ecco, secondo lei questa ragazza albanese è italiana?”
“Assolutamente sì! È praticamente nata qua!”
“Questa legge è per lei: vuole riconoscere come italiani i ragazzi e le ragazze che abbiano concluso un ciclo di studi in Italia”
“Ah, non lo sapevo”
Faccio spesso questo esempio perché è lampante. È evidente che il dibattito sia stato inquinato, è evidente che la mancanza di empatia è data dalla mancanza di dialogo e dal becero trincerarsi dietro fazioni politiche sulla pelle delle persone. È evidente che lo Ius Culturae non ha nulla a che vedere con l’immigrazione.
È vero: il patrimonio genetico che portiamo con noi ci racconta. Racconta però solo una parte di noi.
Il mondo è frutto di una complessità di migrazioni nella sua storia che i nazionalismi (non il patriottismo che è ben altro) non hanno senso di esistere. Le popolazioni mutano, cambiano, si trasformano e si rigenerano.
Per questo non ha senso parlare di “sangue” che è un concetto al limite del ridicolo e spaventoso.
Ci vorrebbe un po’ di coraggio
Se solo questo paese avesse il coraggio di riconoscere come italiani gli italiani senza cittadinanza…
Forse sarebbe meno ipocrita: ha senso vantarsi di Khaby il tiktoker 21 enne di Chivasso che sta spopolando sul web, quando non nemmeno ha la dicitura “italiano” sulla carta d’identità? Ha senso che venga accolto a Los Angeles come Italiano, quando tu, Italia non lo riconosci nemmeno come figlio tuo?
Forse saresti più onesta, cara Italia, se avessi un po’ di coraggio.
Forse saresti un passo avanti riconoscendo il diritto all’identità di una fetta di popolazione che per assurdo deve fare ancora la fila alle questure per chiedere un permesso di soggiorno.
Ci vorrebbe un po’ di coraggio per dire in faccia a chi ha paura che l’italianità venga sporcata che se la pensa così non è un patriota, ma solo un povero razzista.
***

Fabjola Kodra nasce a Durazzo il 7 gennaio 1995, si trasferisce l’anno dopo in Italia dove si stanzia in una cittadina del modenese. Si laurea in economia e marketing internazionale e prosegue con la specialistica sempre in economia ramo public policies. Nel frattempo tra attivismo, militanza politica e volontariato porta avanti temi su diritti, femminismo, uguaglianza e giustizia, che la portano a sedere sui banchi del consiglio comunale della sua città come prima donna votata e prima consigliera con doppia cittadinanza nel comune di Vignola (Modena).