Non sono esattamente le stesse parole che il premier Rama aveva pronunciato in diverse occasioni quando era in visita in Italia. Le parole precise erano “investite in Albania perché non abbiamo i sindacati”.
Ma non ci vuole tanto per capire che la frase “non abbiamo i sindacati” nasconde in sé una libertà degli imprenditori sul trattamento economico dei lavoratori.
Ricordo ancora la faccia di Gentiloni che allora era premier. Un po’ stupefatto, un po’ invidioso perché in fin dei conti nessun governo vuole avere tra i piedi un altro soggetto con cui trattare.
E menomale che Rama si dichiara socialista. Nemmeno Berisha, il leader della destra e famoso per il suo autoritarismo, era arrivato a tanto. Pagava in silenzio i sindacati e li metteva a tacere.
Quella bugia di Rama che purtroppo è quasi verità
Come detto prima Rama aveva dichiarato che “non abbiamo i sindacati”. Ma i sindacati esistono e da quanto emerge dall’inchiesta di reporter.al godono di ottima salute.
“I dati raccolti da BIRN attraverso il database del tesoro mostrano che il bilancio statale ha pagato 15,74 milioni di Lek (circa 123 mila euro) a 15 federazioni, confederazioni e sindacati indipendenti dal 2016 al 2019.”
Ma è una salute che ha come fine il sindacato stesso, non avendo quasi nulla a che fare con le aspettative dei lavoratori. Il governo chiama, loro firmano a vengono pagati per avere firmato. Perciò è come se non ci fossero perché la loro attività finisce per essere puramente notarile. Così come agivano le Unioni Professionali durante il comunismo, che invece di vigilare sul diritto dei lavoratori incitavano loro per dare il massimo. Quindi non possiamo considerare Rama come un bugiardo. Ma possiamo criticarlo per essersi vantato invece di lamentarsi della situazione.
Il contesto in cui nascono i sindacati in Albania
Seduto al bar, all’inizio degli anni 90, un personaggio ragionava così: “oramai hanno occupato tutti i partiti. L’unica scelta che ci è rimasta è creare un sindacato”. E qualcuno lo ha creato davvero. Tutto ciò è successo in un momento in qui la maggior parte della popolazione viveva di assistenza, in quanto la politica di allora aveva scelto di portare l’economia al punto zero per poi ricominciare.
I tempi sono cambiati ma i sindacati sono rimasti fedeli al momento in cui sono nati. Non sono riusciti ancora a capire che ora non si vive più di assistenza ma di lavoro, e i lavoratori hanno delle esigenze immediate che vanno risolte.
È questa palude in cui si sono fermati i sindacati tradizionali che ha portato alla nascita del nuovo Sindacato Unito dei Minatori di Bulqizë , in quanto i lavoratori non si sentivano più rappresentato dai vecchi sindacati che giocavano al ribasso sulla pelle dei lavoratori. Anche in questi giorni gli stessi vecchi sindacati guardano da lontano lo sciopero della fame dei lavoratori della stazione di pompaggio di Poçem che chiedono di ricevere le paghe arretrate.
È per questi motivi che urge uno smantellamento e una rifondazione dei sindacati tradizionali. Perché nelle loro radici non c’è nessun segno di lotta, in quanto sono nati con una logica di corredo; un addobbo appariscente per abbellire l’albero fragile della democrazia albanese.
Oligarchi e sindacati
In Albania l’imprenditore è chiamato oligarca così come succede in molti paesi dell’est. Ciò avviene grazie al potere degli imprenditori che non avendo di fronte corpi intermedi, trattano con il governo direttamente. Sarebbe interessante a questo punto vedere i costi delle opere pubbliche. Crescono in continuazione ma la paga dei lavoratori rimane la stessa. Lecita perciò la domanda” dove sono andati i soldi?” Sembra che gli albanesi si siano stufati a rispondere al quesito. E scelgono la strada più facile: andarsene. Qualcuno forse li sostituirà.