Eccolo. È arrivato un nuovo caso, e non uno qualsiasi. Due tunisini (poi scoperti algerini) e alla fine chiamati rimpatriati, nuovo vocabolo mediatico, due clandestini scortati dalla polizia con nastro da pacchi sul volto e fascette di plastica ai polsi – si legge in molti giornali.Intanto cominciamo a far notare che anche i giornali che si sono scandalizzati stanno usando la parola “clandestino”, e vanno a rafforzare i già forti pregiudizi in materia di fatto marcando i “rimpatriati” con un aggettivo che in Italia ha un valore negativo. Si è scatenato il finimondo, perché stavolta un passeggero non qualsiasi, perché si tratta di un film maker, quindi un professionista della comunicazione, ha immortalato la scena e ha registrato l’indifferentismo dell’ambiente circostante. A tutti gli amici giornalisti, suggerirei di fare dei reportage in posti di frontiera frequentati abitualmente da cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia. Vedranno che spesso le persone stanno in mezzo al freddo in file interminabili, che vengono trattati non sempre nel migliore dei modi, a volte si rasentano frasi razziste e cosi via. Oppure di andare nelle file davanti ai consolati italiani sparsi in giro per i paesi del terzo mondo, e notare che non si usano guanti bianchi e non si da del lei alla gente che aspetta. Legare delle persone con il nastro adesivo che si usa per i pacchi è una cosa che non si deve in nessun modo fare e penso che chi di dovere dovrà dare una spiegazione di tutto questo. Non possiamo e non dobbiamo generalizzare, non dobbiamo cadere nel pregiudizio per il semplice fatto che da un lato ci sono poliziotti e dall’altra “rimpatriati”. Ho conosciuto in questi anni molti poliziotti che hanno accompagnato cittadini non comunitari nei loro paesi di origine, e la maggior parte di loro sono professionali e fanno il loro dovere secondo le leggi di questo stato, mettendoci molto spesso anche la loro umanità. Anche nel caso specifico, sono quasi convinto che i poliziotti non abbiano risorse necessarie per comprare materiale adatto ai fini del contenimento delle persone, ma nello stesso tempo devono rispondere in prima persona di quello che succede all’accompagnato e anche alle altre persone intorno. Il problema sono i poliziotti? No. Ci saranno anche dentro la polizia persone che hanno problemi a relazionarsi con gli immigrati, ma principalmente ci sono persone, donne e uomini in divisa che hanno problemi di tagli di risorse, mancanza di strumenti, che vengono usati per fare da scorta a parlamentari indagati, che non li vengono pagate le ore di straordinario, e che soprattutto si trovano a doversi occupare di tutta l’immigrazione, anche di quelli che in Italia ci sono nati o ci vivono da 20 anni. Il problema sono coloro che tentano la fortuna di entrare in Italia in mille modi? No. Da sempre le persone tentano di spostarsi per trovare condizioni di vita migliori. La gente si sposta dal sud del mondo verso il nord, dal sud al sud, dal sud Italia al nord Italia, dall’Italia agli USA e potrei elencare un numero di binomi infinito. Questo fenomeno che si chiama migrazione, antico come la specie umana, continuerà ad esistere sempre.Allora? Il problema è la classe politica di questo paese, e nello specifico le politiche discriminatorie, razziste e ideologiche che hanno accompagnato l’Italia negli ultimi 15 anni, con brevissimi parentesi palliative. Il problema sono i respingimenti molto barbari e poco sognanti in mare, che hanno fatto perdere migliaia di vite umane, per le quali non ci siamo indignati abbastanza, perché nessuno li ha tagati su facebook. Il problema è che in questo paese non ci sono leggi chiare per poter entrare regolarmente. Il problema è che manca una normativa degna sulla cittadinanza. Il problema è che manca una normativa degna sulla partecipazione vera degli immigrati alla vita politico/sociale di questo paese. Il problema è che a forza di gridare all’invasione, al clandestino, al extracomunitario, è stato alimentato un indifferentismo (e anche su quell’aereo è stato cosi) totalmente sdoganato e accettato nel discorso pubblico. È troppo facile per il leghista di turno, e non solo, chiedere rimpatri per i “clandestini”, ma anche alzare la voce e rasentare il razzismo puro e duro. Poi la patata bollente passa proprio agli operatori di polizia. A livello operativo dei metodi di contenimento ci devono essere, civili, umani, rispettosi, ma ci devono essere, e questo succede da sempre. Succede per fare in modo che la persona accompagnata non faccia del male a se stesso, a chi lo circonda e anche agli stessi agenti che lo accompagnano. Quindi va bene indignarsi per un episodio singolo e alzare la voce, e passi anche l’indignazione virtuale rapida, perché si sa che indignarsi di qualcosa di lontano è sempre di gran lunga più comodo, che indignarsi per cose che succedono nel proprio condominio, quartiere, paese, città; però per favore, ricordatevi di indignarvi anche quando votate, anche quando i politici non fanno leggi per rendere questo paese normale, anche quando discorsi di razzismo raffinato passano accanto a voi, anche prima di dire a qualcuno: “non sembri neanche straniero da quanto parli bene l’italiano”. Indignatevi quando vedete arrivare ad un incontro pubblico un politico con una mega auto blu (e in molti casi anche con due). Indignatevi quando vedete arrivare parlamentari sotto scorta, come se fossero i più esposti giudici antimafia. Indignatevi quando ad un vostro conoscente immigrato lo fanno ritornare 20 volte in questura per un foglio, e torno a dire non per colpa dei poliziotti, ma di quelli che fanno le leggi. Ecco, cominciamo a pretendere di vivere in un paese normale e a pretendere che ci trattino tutti e sempre, come cittadini normali.