L’incontro dello scorso 8 marzo tra le delegazioni di Prishtina e Belgrado avvenuto a Bruxelles sotto un clima di collaborazione e di disponibilità da tutte due le parti, è stato appreso con entusiasmo dall’opinione pubblica delle nazioni interessate e non, e proclamato da varie testate giornalistiche europee, tra le quali la nostra Albania News, come un passo importante sotto l’aspetto costruttivo per quanto riguarda la coesistenza pacifica tra i due paesi e il processo della loro integrazione nell’Unione europea.
Eppure erano in poche le testatea soffermarsi su certe dichiarazioni lanciate da Ivica Daçic’, il vice premier della Serbia e ministro degli Interni, nel mentre di questo dialogo. Le sue parole sono state queste: “I gruppi di lavoro di entrambe le parti cercheranno di trovare le varie soluzioni per i problemi vitali che appesantiscono i cittadini, e ognuna di queste questioni ha un suo altro lato, cioè riguarda da vicino la questione dello status. Questo potrebbe essere un tentativo affinché la Serbia, attraverso la politica dei piccoli passi, accetti una soluzione che implicherebbe il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. Belgrado, questo non lo accetterà mai.” L’ultima frase di questo contesto è completamente fuori luogo per due semplici ragioni. La prima perché non faceva parte di questo programma esaminare i punti di vista di Belgrado riguardo l’indipendenza del Kosovo (si trattava di un semplice negoziato che trattava le questioni di catasto, di energia, telecomunicazioni, diritti di proprietà, attraversamento dello spazio aereo, libero scambio di merci, etc.). E poi non si può ridiscutere su qualcosa che ormai è un fatto storico e politico: l’indipendenza del Kosovo è stata riconosciuta da 22 paesi su 27 dell’UE, e da ben 75 nel mondo, lo vogliano accettare o meno i serbi.
Ciò che è sotto gli occhi di tutti, però, è il fervore con il quale i politicanti serbi inseriscono questa delicata questione in vari contesti politici, e anche economici, che riguardano le due nazioni. E’ come se volessero mettere le mani avanti su qualcosa che li tormenta da tanto tempo, e che disturba grandemente e fortemente il loro modo di essere. In poche parole, vogliono dirci: vada come vada, noialtri non siamo intenzionati a mollare l’osso. Questo è evidente: il Kosovo è una terra ricca di materie prime e di giacimenti minerali. Se così non fosse, la Serbia l’avrebbe messa alla porta da tempo. Come è altrettanto evidente che i kosovari sono fortemente intenzionati a togliere ai serbi quell’osso dai denti. Perché per loro questo rappresenta l’indipendenza, la libertà e un futuro migliore. Quindi, a questo punto, si prospettano dialoghi infiniti senza un esito soddisfacente per entrambe le parti. Un prospettiva che ci rattrista tutti.
E l’Europa? Che dire dell’Europa? Lei ce la mette tutta per calmare le acque ed indirizzare i due paesi verso una coesione che ormai appare scontata, nonostante, per un certo senso, abbia le mani legate. E’ risaputo da tutti che la Serbia è nelle grazie della Russia, che, a sua volta, è il maggior fornitore energetico del continente. Se la Russia starnutisce, all’Europa sale subito la febbre. Ecco il motivo per cui i politici serbi possono fare il bello e cattivo tempo, e venire fuori spesso con delle dichiarazioni di questo genere, anche quando la questione non lo richiede. Ma per Belgrado tutte le occasioni sono buone per ribadire che il Kosovo fa parte della Serbia.
Detto questo, tale comportamento ha quasi sempre una risonanza spiacevole sulla massa. Il che spiega certi slogan lanciati dai simpatizzanti serbi durante una pacifica manifestazione davanti al palazzo dell’Unione europea di Bruxelles, dove avveniva l’incontro tra le due parti. Uno di loro diceva così: “Il Kosovo è Serbia. La Serbia senza il Kosovo! Perché?” Già la frase di per sé è offensiva, tuttavia definirei l’ultima parola letteralmente un vero e proprio insulto. Ci sono tanti motivi per rispondere a quel “Perché?”, ma io vorrei elencarne alcuni, altrimenti ci vorrebbe una carrellata di articoli per metterli tutti nero su bianco. Perché? Per una questione di appartenenza. Il Kosovo appartiene ai kosovari, ai loro costumi, alle loro tradizioni, alle loro usanze, cose che non hanno nulla a che fare con la Serbia. Un altro motivo? Il Kosovo ha versato tanto sangue per ottenere la sua indipendenza, un fatto storico di cui va fiero, quindi non permetterà mai a nessuno di passare sopra a questo. Per dirne un’altra: i kosovari non hanno bisogno di una badante, e nemmeno di qualcuno che mostri loro la strada da intraprendere per il futuro. Sono capaci di gestirsi da soli, nonostante la giovane età della classe politica che li rappresenta, che a volte pecca di qualche ingenuità rispetto a quella serba, in apparenza più esperta. E’ proprio grazie a questa esperienza, e alla sagacia diplomatica accumulata negli anni, che i politici di Belgrado stanno quasi riuscendo nel loro intento di boicottare l’ingresso del Kosovo in EU. Pare abbiano abbandonato la rozza politica del bastone per abbracciare quella sofisticata della diffamazione. Hanno detto di tutto, lamentandosi e facendo la voce grossa contro gli albanesi del Kosovo, definendola gente rurale, primitiva e indegna di un posto in una società moderna. Lo hanno definito addirittura un popolo che nutre poco rispetto per la vita, tirando in ballo quella storia assurda del traffico illegale di organi umani. Una storia che, come hanno dimostrato molte testimonianze scientifiche, è priva di fondamento.
Onorevoli e rispettosi politici di Belgrado! Il Kosovo è uno stato indipendente a tutti gli effetti, che lo accettiate o no, questo è un fatto. Il processo della sua integrazione in EU è già avviato, e, seppur con lentezza, giungerà alla destinazione. Perciò, a questo punto, è importante investire le proprie risorse intellettuali al servizio di un futuro migliore per la gente, e a garantirle una pacifica esistenza a 360°. Appare poco elegante per gente del vostro rango, con una buona dose di cultura, venire fuori con delle frasi e slogan inappropriati, che ormai non suscitano più l’effetto di una volta. Perché, come si suol dire, la solita minestra stufa anche gli ammalati.