Le dichiarazioni di giovedì del presidente serbo Aleksander Vucic, che ha definito il massacro di Reçak un “crimine inventato”, hanno provocato dure reazioni tra i rappresentati della politica albanese.
Il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, ha reagito con un tweet invitando la Serbia a distaccarsi dal passato e a riconoscere finalmente l’indipendenza del Kosovo:
“Come si può ancora negare oggi un orribile crimine di guerra ben documentato. Perché è così difficile capire che fino a quando la Serbia vivrà in negazione della realtà del Kosovo, i fantasmi del passato continueranno a minare la strada della Serbia verso il futuro.
[…] Facciamo insieme ciò che tutti dovremmo: costruire la pace e la prosperità per tutti i nostri figli e iniziare a rendere la nostro regione un modello di riferimento.” – recita il tweet pubblicato da Rama e indirizzato a Vucic.
Le reazioni dal Kosovo
Anche i politici del Kosovo hanno usato i social network per condannare le dichiarazioni del capo di stato serbo:
“Vedo funzionari serbi che negano uno dei peggiori crimini contro civili che sono avvenuti in Europa e confermato dall’ICTY, il massacro di Reçak. Le politiche di genocidio serbe non possono essere difese.
Devono essere denunciate. La pace, la riconciliazione e la giustizia non possono essere costruite sulla base della negazione dei crimini.” – ha twittato il presidente del Kosovo, Hashim Thaçi.
Ramush Haridanaj, primo ministro uscente del paese, ha dichiarato con un post su Facebook che le parole incriminate evidenziano “l’odio patologico di Vucic per gli albanesi” e che la Serbia “preserva senza vergogna la mentalità criminale ereditata dall’epoca di Milosevic”. Sulla stessa linea anche il ministro degli esteri uscente, Behgjet Pacolli, che ha descritto le dichiarazioni di Vucic come “vergognose e disgustose”.
Il massacro di Reçak
Il massacro di Reçak del 15 gennaio 1999 fu perpetrato dalle forze speciali serbe nell’ambito della guerra del Kosovo. Un numero compreso tra 40 e 45 civili di etnia albanesi furono uccisi dalle forze jugoslave.
Appena rivelato, il governo serbo dichiarò che le vittime erano tutte partecipanti all’Esercito di liberazione del Kosovo, e che tali uccisioni erano al fine della sicurezza nazionale. La comunità internazionale non accettò tali giustificazioni, denunciando invece un crimine diretto contro la popolazione civile.
Questo episodio è famoso perché è una delle principali accuse (e prova) dei crimini che Slobodan Milosević si porterà dietro al tribunale dell’Aia.