I problemi non sembrerebbero mai cessare per il Kosovo, soprattutto per quanto riguarda le trattative per il riconoscimento diplomatico della sua auto-proclamata indipendenza. Nel tentativo di arginare l’impasse nella quale è caduto tale processo, il ministro degli Esteri kosovaro Skënder Hyseni si è recato il 10 settembre in visita in Arabia Saudita.
Tuttavia niente del genere pare debba avvenire. Sebbene la Turchia abbia cercato di far includere la questione del Kosovo nel documento finale della riunione, la maggioranza degli Stati membri (in primis l’Azerbaigian, l’Egitto, il Sudan e l’Indonesia) si è mossa in direzione opposta, concedendo solo un formale appoggio al popolo kosovaro. Inoltre, intervistato dalla BBC, il Segretario Generale della Conferenza Islamica Ekmeledin Ihsanoglü ha tenuto a precisare che il riconoscimento diplomatico non dipende dall’Organizzazione in sé, ma dalla volontà particolare di ciascuno degli Stati membri. Giustificando in questi termini l’assenza di un appoggio in toto, scontato d’altronde fino a qualche mese fa, Ihsanoglü è andato ben oltre. Egli ha addirittura raccomandato alle autorità kosovare di pubblicizzare poco l’appartenenza religiosa del Kosovo, non dichiarando “a livello mondiale” la loro identità musulmana, limitandosi a quella nazionale kosovara.
Parole piene di significato, queste, che non nascondono il risentimento di vari Paesi musulmani nei confronti del Kosovo, proverbiale oramai per il suo orientamento filo-americano. Ma le dichiarazioni del succitato Segretario generale non possono e probabilmente non vogliono nascondere neanche la frammentazione che oggi esiste presso l’Organizzazione della Conferenza Islamica. In effetti Pristina sembra aver fatto i conti senza l’oste. Ai 46 Stati che fino ad oggi l’hanno riconosciuta non parrebbe che possano agevolmente seguire i 53 rimanenti della Conferenza Islamica, come da mesi il Kosovo spera. In gioco ci sono vari interessi geopolitici e, almeno in questa sede, il lobbying della Russia (membro osservatore della Conferenza dal 2005) a favore della Serbia sembra ben riuscito. Se da una parte c’è l’Azerbaigian, che non vuole un “effetto domino” nel “suo” Kosovo (la regione secessionista del Nagorno-Karabakh), dall’altra c’è l’Iran, che almeno per il momento vuole mantenere cordiali rapporti con Mosca.
Tuttavia, nulla verrebbe dato per scontato. All’incondizionato appoggio che i due candidati alla Casa Bianca danno a Pristina, corrisponde anche un avanzamento positivo verso di lei da parte delle cancellerie europee. Ultimamente il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt, in visita nella capitale kosovara, ha tenuto a sottolineare quanto sia importante che il Kosovo acceleri i sui passi più verso l’UE ed il Fondo Monetario Internazionale che verso istituzioni come l’ONU, dove domina l’ostruzionismo russo. Sembrerebbe che tali direzioni siano già state tracciate a Bruxelles, sebbene sulla questione l’Europa continui ad essere divisa. Il Kosovo infatti resta al centro di una diatriba dove sempre di più, soprattutto dopo gli eventi in Georgia, lo scontro Occidente-Russia appare netto. In sostanza, l’atteggiamento restio della Conferenza Islamica non fa che incalzare i due schieramenti. Il tema del vertice sopra menzionato s’intitola “L’Islam nel ventunesimo secolo”, e questo ci fa capire quanto possa non piacere a molti di questi Paesi l’orientamento occidentalista del Kosovo. Si tratta d’altronde di un fatto che, insieme alla preponderanza russa in tale sede, forse arriverà a chiarire anche all’establishment da quale parte cercare – piuttosto – il consenso….
Pubblicato il 17 settembre 2008 sul quotidiano “Il Legno storto”