L’adesione all’UE di un paese passa attraverso i criteri di Copenhagen e l’apertura dei negoziati è condizionata all’adempimento di quello politico. E l’Albania quanto è riuscita a soddisfare questi criteri?
3 mesi fa, il 14 aprile scorso, il Primo Ministro albanese, Sali Berisha, ha consegnato al Commissario europeo per l’Allargamento, Stefan Fule, il dossier con le risposte sui 2.284 quesiti utili alle istituzioni dell’UE per esprimere un giudizio sulla richiesta di adesione dell’Albania. Le domande della Commissione a cui l’Albania ha risposto riguardano moltissimi settori.
In primo piano la stabilità democratica delle istituzioni, l’esistenza di un’economia in grado di reggere le regole della competizione e del mercato unico, il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze, lo stato del sistema giudiziario, la corruzione e la criminalità. Dopo la consegna del questionario, per la Commissione europea, è giunto il momento di analizzare le risposte. In questa prospettiva, sono stati inviati a Tirana alcune missioni di esperti per ottenere altre informazioni ed è stato richiesto al governo di integrare le risposte su alcuni quesiti e risponderne su altri nuovi.
Come sostenuto allora dal Commissario Fule, nel analizzare i questionari si farà particolarmente attenzione al rispetto degli obblighi stabiliti nell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione firmato nel giugno del 2006, e al raggiungimento dei criteri di Copenhagen.
I principi di Copenhagen definiti nel 1993 in Danimarca, stabiliscono che per aderire all’UE, un nuovo Stato membro deve ottemperare a tre criteri distinti. In primo luogo, a quello politico ossia la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela. In secondo luogo, a quello economico ossia l’esistenza di un’economia di mercato affidabile e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Unione. Ultimo, a quello dell’acquis comunitario ossia l’attitudine necessaria per accettare gli obblighi derivanti dall’adesione e segnatamente, gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria.
Affinché il Consiglio europeo possa decidere di aprire i negoziati, deve risultare rispettato il criterio politico. Ma quanto è pronta l’Albania ad adempiere questi obblighi, in primis quello politico?!
L’Unione Europea è una comunità di valori politici e non solo. I paesi aderenti devono necessariamente dimostrare di avere istituzioni democratiche che in particolare garantiscono elezioni libere, eque e credibili. A distanza di un anno dalle elezioni politiche del 28 giugno 2009 e di quattro anni dalla firma dell’Accordo di Stabilizzazione e di Associazione con l’UE, l’Albania giace in una crisi post-elettorale che sembra infinita e ingestibile. I meccanismi istituzionali che dovrebbero regolarizzare tali situazioni, sembra che non funzionino come si deve.
La stabilità, la continuità e la vigorosa vitalità di queste istituzioni è sempre soggetta a cambiamenti ad libitum, vale a dire, a cambiamenti di regole a secondo dei piaceri di chi è al potere. La corruzione inoltre rende difficile l’integrazione dell’Albania nell’UE ed è un fenomeno che influisce negativamente nella stabilita politica, sociale ed economica del paese. I casi di corruzione vengono quotidianamente denunciati dai media e l’opinione pubblica e costantemente tenuta al corrente di tutto ciò, ma poche inchieste vengono aperte e poche condanne vengono sancite.
Per partecipare alla cooperazione economica, i futuri membri, quindi anche l’Albania, devono portare le loro economie al livello europeo. Ad oggi, il divario con i paesi dell’Unione Europea è grande. Applicare una giusta legislazione economica è la prima condizione affinché il mercato possa funzionare. Le politiche economiche devono essere basate su regole precise e trasparenti.
Gli investimenti esteri si assicurano solo con un economia aperta, trasparente, dove vengono compiuti i passi per assicurare il libero commercio.
La privatizzazione deve essere efficace e le stesse procedure devono essere trasparenti. Problemi gravi rimangono l’informalità dell’economia e la disoccupazione. In Albania i prezzi sono ormai quasi identici a quelli dell’Europa occidentale. I salari, invece, sono circa 15 volte inferiori. Un terzo della popolazione è prossimo alla soglia di povertà, mentre un sesto vive in condizioni di estrema indigenza.
I paesi candidati devono accettare l’acquis comunitario ossia l’insieme dei diritti e degli obblighi giuridici dell’Unione Europea e devono accoglierli nei rispettivi ordinamenti nazionali, adattando e riformando quest’ultimi in funzione di esso; devono poi applicarlo a partire dalla data in cui divengono membri dell’UE a tutti gli effetti. Ovviamente questo criterio richiede un amministrazione pubblica capace ad applicare le direttive dell’UE. Nonostante ci siano stati progressi negli ultimi anni, le istituzioni albanesi sono ancora fragili e l’amministrazione pubblica necessita ancora del tempo per raggiungere gli standard europei richiesti.
Secondo Bruxelles, il tempo necessario per analizzare le risposte di Tirana dipenderà in gran parte dalla completezza delle risposte fornite dall’Albania, anche se per alcuni esperti dell’UE ci vorranno circa due anni a formulare un primo giudizio e quindi l’obiettivo dell’adesione nel 2014, come auspicato dall’governo albanese e da alcuni media albanesi, appare totalmente lontano dalla realtà.
I criteri da rispettare sono abbastanza difficili e sono gli stessi per tutti i paesi che aspirano a diventare membri dell’Ue. L’Albania avrà bisogno di tempo per raggiungerli, e ciò richiederà anni di fermezza e di grandi sforzi. Come già si sa i progressi dell’Albania sulla strada verso l’Unione europea sono inoltre frenati dalla crisi parlamentare che pesa sul futuro del paese. La Commissione per l’Allargamento ha espresso diverse volte la sua preoccupazione per la situazione politica. Un parlamento senza la presenza dell’opposizione non rispetta gli standard democratici europei.
Intanto, il prossimo importante passo per il paese, prima del giudizio dell’esecutivo comunitario sul questionario, sarà la liberalizzazione dei visti d’ingresso nell’Unione europea. Per il governo di Tirana pare che l’Albania soddisfi tutti i criteri necessari, realizzando alle frontiere delle strutture che rispettano in tutto e per tutto gli standard europei.
Comunque sembrerebbe che ci sia ancora da fare secondo Eduard Kukan, Presidente della Delegazione del Parlamento europeo responsabile delle relazioni con i Balcani occidentali, anche se l’Albania pare sulla strada giusta per quanto riguarda i requisiti tecnici per la liberalizzazione dei visti. La decisione dalle istituzioni europee dovrebbe arrivare entro l’autunno e se tutto andrà bene, la liberalizzazione potrebbe prendere effetto già alla fine del 2010.