Sembra che il periodo d’oro dei call center in Albania sia giunto al termine: le aziende più grandi del paese stanno tagliando dipendenti, mentre i primi imprenditori entrati nel mercato di questo settore stanno vendendo le proprie attività.
Ad oggi, secondo la direzione generale delle imposte, sono registrate 659 aziende che operano nel settore dei call center. Rispetto a due anni fa, quando il loro numero ammontava a 817, si è registrata una decrescita del 20%.
Di conseguenza, anche il numero di dipendenti dei call center si è ridotto passando – come riporta la rivista Monitor – dai circa 25.000 del 2016 ai 22.266 del primo trimestre di quest’anno.
Occupazione in calo
Per molti anni, Intercom Data Service (IDS) è stata in cima alla classifica dei call center del paese. Nel 2014, l’azienda offriva occupazione addirittura a 3600 giovani, mentre oggi i numeri sono quasi quattro volte inferiori (970 alla fine di marzo).
Olta Qosja, responsabile vendite presso la IDS, ha spiegato per la rivista economica albanese Monitor che la digitalizzazione ha ridotto la necessità del servizio clienti. Secondo lei, infatti, le aziende stanno creando sempre più prodotti tecnologici, dove la maggior parte dei processi di lavoro sono automatizzati.
“Le compagnie, che ricevono servizi di call center dall’Albania, non richiedono più servizi con risorse umane, ma servizi digitali.” – afferma Olta Qosja.
Tutto ciò ha portato ad una riduzione del lavoro in particolare per i servizi in entrata (inbound) e, soprattutto, a tagli sul personale e riduzione dei ricavi.
L’effetto delle nuove leggi
Ad aprile 2017, il governo italiano ha approvato la legge anti-delocalizzazione cambiando le regole per i call center localizzati al di fuori dell’UE, e quindi anche in Albania.
L’obiettivo principale del nuovo decreto era quello di porre freno al continuo trasferimento di numerosi call center in paesi – come l’Albania – con costi del lavoro nettamente vantaggiosi e che aveva portato ad una crisi occupazionale nel settore in Italia.
Il decreto obbliga i call center ad informare l’utente sul luogo in cui si trova l’operatore che parla al telefono e, nel caso in cui il cliente lo richieda, obbliga a trasferire immediatamente, senza attaccare, la chiamata ad un operatore localizzato all’interno dell’Unione. Per violazioni di queste norme – ma anche per la mancata notifica della delocalizzazione – sono previste sanzioni fino a 150.000 euro.
Tuttavia, per molti operatori del settore, è stata la legge contro “le chiamate selvagge” (dicembre 2017) ad avere più conseguenze sul settore dei call center, in particolare per le aziende più piccole. Infatti, tutti coloro che non volevano più ricevere telefonate per scopi commerciali, dal 1 gennaio 2018 si sono potuti registrare al “Registro Pubblico delle Opposizioni” per evitarle.
“I clienti in Italia hanno il diritto di registrarsi in una lista, dove per legge non possono essere più chiamati per telefonate commerciali. Questo non è rispettato da molte aziende, che per trarre un proprio vantaggio danneggiano l’immagine dell’Albania.” – afferma Lorenc Goga, a capo di “Facile.it“, una delle più grandi aziende del settore.
Le multe elevate per chi infrange le regole sono diventate un timore per le aziende operanti in Albania, come conferma lo stesso Goga:
“Se prima stavamo aumentando il lavoro nella nostra filiale di Tirana rispetto all’Italia, ora sta accadendo il contrario. Stiamo assumendo più persone in Italia che in Albania.” – sottolinea Goga.
Personale poco qualificato
Una della principali difficoltà riscontate nel settore è il personale poco qualificato. Oggi i 20enni albanesi non sanno parlare italiano, facendo perdere in questo modo il vantaggio principale dell’Albania.
La generazione degli anni ’80 e degli inizi anni ’90 che ha imparato l’italiano da autodidatta non ha avuto seguito, e oggi la maggior parte dei giovani sta crescendo senza la lingua italiana. Per far fronte a questo fenomeno, Lorenc Goga ha dichiarato a Monitor di aver parlato con l’ambasciata italiana, per fare in modo che la lingua italiana faccia parte dei programmi scolastici:
“Abbiamo molte difficoltà nell’assumere per carenza di risorse umane. Nella nostra azienda, gli operatori devono conoscere la lingua italiana ad un buon livello, perché tra le altre cose vengono anche trattati prodotti finanziari.
I giovani non stanno più studiando l’italiano e, anche per questo, abbiamo avuto una riduzione del numero di dipendenti. Se oggi si presentassero 200 persone con buona conoscenza della lingua italiana, io le assumerei tutte.” – ha dichiarato Goga.
Un’altra grande preoccupazione per il settore è rappresentata dall’emigrazione, un grande ostacolo per le nuove assunzioni nel settore:
“L’emigrazione rappresenta un altro grande problema. I giovani vanno via per un futuro migliore creando grandi disagi per le aziende call center che vogliono assumere.” – ha aggiunto Goga.
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