Il 22° congresso mondiale del Petrolio, svoltosi a Istanbul, Turchia, dal 9 al 13 luglio 2017, ha visto i rappresentanti dei Paesi partecipanti al forum impegnati in trattative e incontri bilaterali per discutere la situazione nel mercato petrolifero.
Nel suo intervento il primo ministro albanese ha messo l’accento sulle risorse petrolifere non sfruttate in Albania, che potrebbero far diventare il paese nella nuova frontiera del petrolio, invitando i partecipanti a investire in questo settore in Albania.
Le dichiarazioni sono state lo spunto per una riflessione sulla storia delle ricerche petrolifere in Albania, in cui l’Italia ha avuto un ruolo di primo piano.

Le prime segnalazioni di petrolio in Albania risalgono al 1917, quando un ufficiale della Marina Militare italiana lo dedusse dalla presenza di pani di bitume abbandonati nel porto di Valona, dalla conoscenza di alcune località aventi nomi sintomatici, come ad esempio “Fiamme Ardenti”, e dagli affioramenti di olio sulle rive del fiume Shushica. La Marina si interessò affinché la questione fosse studiata più a fondo con l’aiuto di una commissione di esperti del settore petrolifero e geologi competenti.
Alla fine degli accertamenti, la Commissione presentò una relazione favorevole allo sviluppo delle ricerche in Albania, precisò la località di esplorazione, Drasciovizza, ed accennò anche all’interesse di acquistare la miniera di bitume di Selenizza di cui era concessionaria la Societè Française des Mines de Selenitza.
In seguito a queste conclusioni la Regia Marina si interesso ad acquistare senza esitazione alcuni strumenti di esplorazione mentre la Società Petroli d’Italia, dietro suggerimento e appoggio della Marina Militare si univa con la Società Petroli e Bitumi, rilevando la concessione delle miniere di Selenizza dalla società francese e costituendo la Società Italiana delle Miniere di Selenizza – SIMSA.
Per agevolare lo sfruttamento delle ricchezze minerarie albanesi, la Marina Militare concluse una convenzione con la SIMSA, secondo la quale il bitume già estratto e giacente in Albania veniva acquistato dalla Marina e la società si impegnava ad eseguire ricerche di petrolio nella zona di concessione di Selenizza. Dal primo pozzo perforato furono ricavate quasi subito 100 – 200 tonn. di nafta mettendo in evidenza la necessità di estendere ed approfondire le ricerche.
Mentre si apprestavano i lavori per lo sfruttamento, gli avvenimenti del 1920 costrinsero l’Italia a ritirarsi dall’Albania, rendendo vano tutto il lavoro fatto. I risultati dell’attività italiana nella ricerca di giacimenti petroliferi in Albania, suscitarono però l’interesse delle grandi compagnie britanniche e americane, Anglo-Persian Oil Company e Standard Oil, L’Anglo – Persian si mosse per prima presentando nel 1922 uno schema di convenzione all’allora Primo Ministro Iliaz Vrioni.
La convenzione suscito la reazione delle altre potenze straniere interessate alle concessioni petrolifere albanesi, Stati Uniti, Francia e Italia, le quali si allearono in un’azione di pressione al Governo albanese per non far approvare una concessione giudicata di carattere monopolistico che escludeva le altre compagnie dalle ricerche petrolifere nel territorio albanese.
Dopo lunghe trattative diplomatiche si riuscì a porre fine a una situazione difficile per il Governo di Zog e nel 1925 si accordarono una serie di concessioni di ricerca petrolifera tra cui quella alla SIMSA nella zona di Drasciovizza e quella alle Ferrovie dello Stato Italiane per un’estensione di circa 50.000 ettari.


La prima Convenzione di concessione per le ricerche petrolifere fra l’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato Italiane e il Governo albanese fu firmata il 12 marzo 1925 e accordava “il diritto esclusivo di ricerca e sfruttamento di petrolio, gas naturale, bitume e rocce asfaltiche atte a produrre petrolio per distillazione” su un totale di 47.000 ettari ripartiti in vari perimetri.
Ottenute le concessioni, fu necessario affrontare con rapido impulso il problema delle ricerche e provvedere a costituire una speciale organizzazione tecnica che provvedesse ai termini contrattuali con il Governo albanese. Perciò con Regio decreto legge 8 luglio 1925 n.1301, fu istituita l’Azienda Italiana Petroli Albania, gestione autonoma inquadrata nell’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, le quali in quel periodo dipendevano dal Ministero delle Comunicazioni.
Con la seconda Convenzione del 15 luglio 1926 ci fu un ulteriore estensione delle aree di ricerca riservate alle Ferrovie dello Stato, arrivando così ad una superfice di circa 164.000 ettari. Entrambe le convenzioni, negoziate in concorrenza con gruppi stranieri e con previsioni di prospettive petrolifere assai favorevoli contenevano clausole quali il riconoscimento di una rendita fissa a favore del governo albanese nella misura del 13 % del petrolio estratto e l’obbligo di costruire in Albania delle raffinerie quando si fosse passati alla fase di sfruttamento.
Successivi accordi addizionali stipulati il 12 luglio 1932 e il 19 marzo 1936, negoziati sotto l’influenza delle non sempre favorevoli relazioni diplomatiche fra i due paesi e nel quadro di più vaste trattative fra i due governi, non modificarono sostanzialmente nel complesso le Convenzioni originali, lasciando in particolare inalterata la rendita proporzionale della misura del 13% ma riconoscendo alle Ferrovie dello Stato il diritto di opzione su tutti i terreni lasciati liberi da precedenti concessionari o che fossero stati in seguito liberati per qualunque motivo.
La Storia di A.I.P.A.
- A.I.P.A. – L’iniziativa industriale italiana in Albania – 1935-1943
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Lo sviluppo dei lavori di ricerca da parte dell’AIPA fu impostato in tre zone: Zona costiera, 30 km a nord di Valona; Zona intermedia compresa fra la vallata della Vjosa, della Shushica e del suo affluente Vlajna; Zona interna, situata lungo il basso corso del fiume Devoli, presso la confluenza dell’Osum.
I lavori di sondaggio iniziarono nell’1926 nella zona costiera e quella intermedia e spinti alla fine del 1927 anche in quella interna del Devoli, nonostante le gravissime difficoltà di ordine organizzativo dovute allo stato del Paese, alla distanza dai porti di sbarco, alla mancanza di strade, ponti, ed in genere alle condizioni di vita e di lavoro allora esistenti in Albania. I risultati nelle prime zone studiate e nelle quali le prospettive sembravano migliori, furono negativi nella zona costiera e solo parzialmente positivi ma senza importanza industriale nella zona intermedia.
Alla fine del 1928 e nel 1929 le ricerche iniziate nella zona interna del Devoli cominciarono a presentare pozzi che producevano in quantità notevoli petrolio denso a base asfaltica, portando l’azienda a concentrare in questa zona la maggior parte dei mezzi e della sua organizzazione. La maggior parte dei pozzi di ricerca, fra cui anche i primi eseguiti per l’individuazione del giacimento, furono produttivi e sono diventati pozzi di sfruttamento.
Successivamente, in base a favorevoli indizi superficiali e agli studi geologici effettuati, iniziarono le ricerche nella zona situata a nord-ovest del bacino di Devoli, ai margini dell’altopiano della Dumreja. Dal 1930 al 1939 furono eseguiti in complesso in questa zona 12 sondaggi profondi e 7 scandagli di studio geologico per un totale di 8.860,90 metri perforati, ma senza ottenere risultati incoraggianti. Le ricerche furono sospese con l’intenzione di riprenderle in seguito a nuovi studi e in attesa di avere a disposizione macchinari più potenti.
Nei primi mesi del 1933, in seguito ai risultati dei sondaggi di accertamento e di estensione eseguiti a Devoli, fu confermata l’individuazione di un giacimento petrolifero dell’estensione di circa 700 ettari e valutarne la capacità totale di produzione ad almeno 10 milioni ton di petroli.

Il progetto di sfruttamento del giacimento fu basato sulle direttive di costruire gli impianti in modo da poter arrivare ad una produzione annua di 300.000 ton di olio grezzo; iniziando il regolare sfruttamento ed il trasporto di petrolio in Italia entro 4 anni dall’inizio dei lavori e giungendo al limite prefissato di produzione annua in 10 anni. Il progetto fu approvato con Legge n.524 dell’8 maggio 1933, e furono anche stanziati i fondi occorrenti per l’attuazione, redendo possibile iniziare subito dopo gli studi esecutivi e i lavori preparatori.
L’AIPA riuscì a completare entro la fine del 1935 la parte essenziale degli impianti di produzione e trasporto (oleodotto) in modo che il 25 dicembre 1935 a soli due anni e mezzo dallo stanziamento dei fondi per il passaggio allo sfruttamento del giacimento del Devoli, fu effettuato a Valona il primo carico di petrolio greggio albanese su una nave cisterna diretta ad una raffineria italiana. Da quel momento la produzione continuò regolarmente con ritmo crescente cosi come i trasporti di petrolio.
L’esercizio dello sfruttamento del Devoli richiese la costituzione e la costruzione di un complesso assai notevole di impianti, dai pozzi all’oleodotto e altri impianti accessori con un investimento patrimoniale che fino a febbraio 1939 ammontava a Lire 133.483.019,47. Tali spese finanziarono i sondaggi di sfruttamento e impianti di produzione; l’oleodotto e i serbatoi; gli impianti industriali a Devoli (centrale di produzione di energia elettrica, officina di manutenzione ecc.); l’impianto di repressione del gas in quanto si presentava la necessità e la convenienza di restituire alle formazioni produttive la massima quantità di gas per mantenere la pressione di strato e sfruttare al massimo la forza espansiva; i terreni strade fabbricati; i macchinari e le attrezzatture di perforazione (27 sonde rotary, 13 sonde a percussione, 3 sonde a rotazione per ricerche minerarie).
Subito dopo l’intervento militare italiano in Albania, il Ministero delle Comunicazioni, dal quale dipendevano le Ferrovie dello Stato, chiese ed ottenne che fosse affidato all’AIPA l’esclusività dei diritti petroliferi per le ricerche e lo sfruttamento su tutto il territorio albanese.
Ottenuta l’approvazione del progetto da Mussolini, venne presentato il 3 giugno 1939 al Sottosegretariato degli Affari Albanesi ed al Ministro delle Finanze, uno studio completo relativo al piano esecutivo di un primo gruppo di opere di ricerca in varie zone, per arrivare nel più breve tempo possibile alla conoscenza delle possibilità petrolifere del paese e alla loro valorizzazione.
Il piano prevedeva l’esecuzione entro 5 anni di 26 sondaggi per un totale di 33.000 m perforati in zone dove gli studi facevano far sperare per risultati positivi: Patos; nord di Selenizza; Dumreja; Berat; Elbasan; Kuçi – Lushnje; Vrap-Tirana; Semeni.
Dal I luglio 1940 la gestione AIPA fu stata trasferita con legge apposita all’AGIP con l’intenzione di arrivare ad un sempre miglior coordinamento di tutte le attività petrolifere produttive. A novembre dello stesso anno fu stipulata una nuova convenzione con il Governo albanese che oltre a sanzionare l’avvenuto passaggio all’AGIP di tutti i diritti in passato concessi alle Ferrovie dello Stato accordava all’azienda l’esclusività del diritto di ricerca e sfruttamento di petrolio, gas naturale e idrocarburi in genere su tutto il territorio albanese. la convenzione rivedeva anche gli oneri gravanti sullo sfruttamento del petrolio in Albania.

Dal inizio della guerra a luglio 1940 ad aprile 1943 l’Azienda aveva messo a disposizione del Governo italiano 406.800 ton di greggio che, date le contingenze internazionali, non sarebbe stato possibile acquistare altrove. Il petrolio albanese veniva quasi totalmente ceduto all’ANIC per essere trattato nei stabilimenti di Bari e Livorno per ricavarvi benzina avio e combustibile essenzialmente destinato alle forze armate.
L’attività dell’AIPA fu gravemente turbata e condizionata dai fatti bellici e venne a cessare completamente quando il Consiglio Nazionale Liberatore Albanese promulgò con legge la confisca dei beni patrimoniali dell’AIPA e la cessazione di ogni obbligo assunto da precedenti governi, provvedimento con non consenti di porre a sfruttamento gli altri giacimenti individuati ma non ancora messi a produzione come Marinza e Zhabokika. Dall’esame delle relazioni tecniche dell’AIPA dal 1938 in poi risulta che la stima delle riserve recuperabili si aggirava a 25 milioni di tonnellate (166 milioni di barili) solo nei giacimenti già messi in produzione, di cui 12 milioni a Devoli, 10 milioni a Patos e 3 milioni dalle sabbie bituminose sempre a Patos.
Dal 1945 comincia una nuova fase dell’industria petrolifera albanese a gestione statale e condizionata dalle alleanze internazionali dell’Albania soprattutto con l’Unione Sovietica. In quei anni si verifica la creazione del servizio Geologico albanese, l’istituzione dell’indirizzo geologico presso la facoltà di ingegneria all’università di Tirana e altri impianti di supporto industriale a Kuçove e Patos. Anche dopo la rottura con l’Unione sovietica la produzione non si arresta ma vengono messi in produzione altri giacimenti.
Attualmente le riserve petrolifere sono stimate in 437.645.143 tonn delle quali 81.025.885 tonn risultano estraibili. Questo valore si ritiene che alla luce dell’inevitabile evoluzione tecnologica nello sfruttamento dei giacimenti, possa essere suscettibile a un aumento del 50-60% che porterebbe le riserve estraibili a 110-120 milioni di tonnellate di greggio.