La campagna nazionale attuata dal governo albanese a fine 2015, contro l’evasione fiscale, è riuscita a ridurre in maniera considerevole il lavoro informale in Albania. Lo rivela studio Banca Mondiale-wiiw, basato su dati 2016-17.
Secondo il rapporto ‘Western Balkans Labor Market Trends 2018’ , il Paese delle Aquile detiene ancora il più alto numero – alla fine del 2016 – di lavoratori informali tra gli aspiranti all’Unione Europea dei Balcani occidentali.
Questo rapporto evidenzia come il lavoro informale sia sì scesa al 40% nel 2016, rispetto al 51,3% del 2014, ma che continua a rimanere il valore più alto, con circa 464.000 lavoratori; la stragrande maggioranza sono lavoratori autonomi nel settore agricolo (dato che l’agricoltura offre occupazione a circa metà della popolazione albanese), i quali non versano contributi per la previdenza sociale e per l’assicurazione sanitaria.
Ciò è evidenziato dal confronto tra i dati pubblicati dall’Istituto di Statistica Albanese (Instat) e quelli delle autorità fiscali: Instat riporta, infatti, che che circa 464.000 persone lavoravano nel settore agricolo nel 2016, mentre soltanto 31.000 erano registrati presso le autorità fiscali e che quandi versavano contributi. Un altro settore particolarmente colpito dai ‘lavoratori invisibili’ è quello dell’edilizia, dove, stando ai dati della Banca Mondiale, circa il 70% dei lavoratori non ha un contratto di lavoro.
Leggi: PIL Albanese: previsioni economiche dell’Istituto di Vienna (wiiw)
L’Istituto per democrazia e mediazione di Tirana (IDM) sostiene che tutto ciò è dovuto all’alto tasso di disoccupazione (15,2%) soprattutto giovanile (30%). Che si tratti di un operaio che lavori come idraulico (spesso anche senza licenza) o un elettricista pagato in contanti, i salari non dichiarati sono problemi di particolare importanza in paesi aspiranti all’UE come l’Albania e il Kosovo:
“I salari nascosti rimangono la preoccupazione più grande per queste nazioni aspiranti all’UE, poichè questi redditi lavorativi vengono parzialmente o totalmente non dichiarati.”
Balcani occidentali: creati 231 mila posti di lavoro
Nei sei Paesi dei Balcani occidentali (Bosnia-Erzergovina, Serbia, Montenegro, Kosovo, Albania, Macedonia) un aumento del 3,9% dell’occupazione ha portato alla creazione di 231.000 nuovi posti di lavoro tra il secondo trimestre del 2016 e il secondo trimestre del 2017.
A guidare la classifica dei Paesi che hanno registrato il maggiore aumento di occupazione è stato il Kosovo (+9,2%), seguito da Serbia (+4,3%), Montenegro (3,5%), Albania (+3,4%), Macedonia (+3,5%) e Bosnia-Erzegovina (+1,9%).
Nello stesso periodo preso in considerazione, il tasso di disoccupazione nell’area è sceso dal 18,6 al 16,2%.
In una nota, la Banca Mondiale ha precisato che, malgrado i progressi evidenziati, i sei Paesi continuano a soffrire di bassi livelli di attività, in particolare tra giovani e donne, alti tassi di disoccupazione di lungo periodo e prevalenza di lavoro informale, fattori che continuano a rappresentare “una sfida per una crescita economica sostenibile nella regione”.