Resi di dominio pubblico i salari e altri dati sensibili di migliaia di albanesi: le liste, apparse sulla comune applicazione di messaggistica, sono diventate virali, suscitando l’interesse, anche, dei media balcanici ed europei e provocando uno sconcerto generale.
Lo scorso 22 Dicembre, è comparso uno strano e inequivocabile messaggio su Whatsapp, contenente una lunga lista di nominativi e dei relativi stipendi. Dopo la confusione iniziale, ci si è resi conto che erano, ormai in circolazione, i compensi di diversi cittadini, concernenti il mese di Gennaio 2021.
La medesima cosa si è ripetuta il 23 Dicembre scorso, con un altro elenco, questa volta in riferimento alle retribuzioni di Aprile 2021. Il giorno della vigilia di Natale ha riservato un’altra sgradevole sorpresa, con la pubblicazione di migliaia di targhe appartenenti ai veicoli di cittadini albanesi, compresi quelli istituzionali.
“Un’azione criminale”: così ha definito il Ministero delle Finanze e dell’Economia la pubblicazione, operata da ignoti, di un’enumerazione contenente gli stipendi di 550 mila lavoratori albanesi, (su un elenco di 650 mila cittadini), dipendenti di aziende private e pubbliche e di altrettante targhe automobilistiche.
Un intervento che potrebbe portare la firma di sconosciuti hackers informatici, (nulla è certo) e, a detta del Ministero, “decisamente preoccupante”. Dalle prime verifiche, si è potuto evincere che non vi è stata un’esportazione digitale in blocco della banca dati, in quanto i documenti circolanti sono strutturati in maniera differente rispetto alle piattaforme originali. I primi, infatti, contengono un numero diverso di nominativi, non hanno una compagine uniforme e comprendono diciture, come “nome e cognome”, non riportate nell’attestazione autentica. Si tratta, quindi, di un’accurata e, probabilmente, prolungata operazione di monitoraggio, prelievo e ricostruzione di dati, che potrebbe aver impegnato i pirati per un tempo medio lungo.
Elenchi realistici comunque, se pur frutto di un attento lavoro di “decostruzione” di informazioni personali di altissima sensibilità, che vengono trattate, prevalentemente, dalla Direzione Generale delle Imposte e in parte minore da istituti che si occupano di statistiche, come l’INSTAT. Elementi, quindi, gestiti con estrema attenzione. L’Albania negli ultimi tempi, infatti, ha investito molto sulla digitalizzazione e sulla protezione dei dati sensibili, cosa che sembra non essere sufficiente, però, visto che proprio poco tempo fa, in occasione delle elezioni di Aprile, si è verificata un’altra grave fuga di dati privati.
La Procura di Tirana, intanto, ha avviato un’indagine, mentre il Ministero delle Finanze e dell’Economia si prepara a un corposo esposto, al fine di poter definitivamente chiarire la questione e individuare i colpevoli. Secondo quanto riportato dai media locali, gli investigatori starebbero rivolgendo la loro attenzione verso gli enti che amministrano i dati, che, a loro volta, si dichiarano assolutamente estranei alla vicenda.
La notizia ha avuto una potentissima eco anche in Europa. Sono tanti i mezzi di informazione che ne parlano, definendo lo scandalo che ha coinvolto l’Albania, come un “grande shock”. Lo segnala Euractiv – la rete di media paneuropea specializzata nelle politiche dell’UE – parlando dell’accaduto come qualcosa di molto simile, avvenuto in occasione delle amministrative dello scorso 25 Aprile. Il fatto trova spazio anche in Serbia, attraverso il quotidiano di Belgrado Kurir, riecheggiando in Francia, come in Macedonia.
L’Albania conclude l’anno con un episodio sconcertante, che fa molto rumore, la cui conseguenza, (o una delle tante), potrebbe essere un considerevole aumento dei conflitti socio-politici che già affliggono il Paese, dove la riservatezza su alcune questioni diventa un fatto di delicata importanza. Si spera che ciò non avvenga e che gli autori dell’arbitrario gesto, siano quanto prima identificati.