In questi giorni è in corso il censimento generale della popolazione albanese. È un processo molto impegnativo e nello stesso tempo indispensabile per un paese come l’Albania, che spesso non ha numeri e cifre esatte da poter proporre in merito alle maggiori novità demografiche.
È capitato a tutti noi di andare avanti descrivendo l’Albania con numeri ormai vecchi di decenni. “L’Albania è un paese di 3 milioni di abitanti, di cui il 70% sono mussulmani, il 20% sono cristiano ortodossi e il 10% sono cristiano cattolici” – ci sentiamo dire spesso anche da molti albanesi, soprattutto quando si deve raccontare ad un italiano della propria storia. In Albania non abbiamo ancora un sistema efficiente di indirizzi e recapiti esatti per le persone e le famiglie. Molto spesso esistono nomi di vie e strade, ma che nessuno considera. Gli indirizzi più frequenti sono “ di fronte al palazzo con le frecce”, “strada Durazzo, 500 metri dal Samsung” ,” alla seconda curva appena esci da QTU”ecc. Sono tutte indicazioni di massima, che hanno come punto di riferimento edifici o posti che chi vive in quella zona conosce. Sulla carta, soprattutto nelle grandi città, esistono nomi di vie e addirittura sul sito delle poste albanesi ci sono anche i CAP, che nessuno però usa e conosce. Anche per il censimento 2011 infatti, il governo ha reclutato la bellezza di15 mila operatori dediti al censimento per tutto il mese di ottobre. Questo processo costerà ai contribuenti albanesi quasi 14 milioni di euro e sarà gestito dal INSTAT (Istat albanese). Gli operatori, a causa delle problematiche di funzionamento dei recapiti postali, busseranno personalmente in tutte le case di città e campagna albanesi, per somministrare il questionario. “Il censimento riguarderà esclusivamente coloro che vivono da almeno 12 mesi in Albania. L’anno 2011/2012 sarà anno di censimento in moltissimi paesi, cosi gli emigrati albanesi potranno compilare il formulario del paese dove vivono” – ha affermato il direttoredel INSTAT. Infatti io che vivo in Italia ho già ricevuto, per posta,il questionario dal mio comune di residenza. L’utilità del censimento è fuori di ogni dubbio secondo me. Ogni paese, ed ogni governo, devono avere una cognizione di quello che è il paese, per poter mettere in atto delle politiche e governare i processi. In Albania però, cosi come in Serbia e da altre parti dei Balcani, la costruzione del formulario ha creato polemiche fiume e ha risvegliato dispute mai chiuse sulla presenza delle minoranza presenti nei paesi. Il questionario infatti procede regolarmente con domande classiche, fino ad arrivare a quelle pagine che vogliono capire l’orientamento religioso e l’appartenenza ad un gruppo etnico. Questi due fattori per esempio non esistono nel questionario che il mio comune italiano di residenza mi ha spedito a casa per posta. Mi si chiede di dichiarare se ho una cittadinanza diversa da quella italiana, ma oltre questo nient’altro. In Albania invece chiedono di rispondere alle due domande:1 – Di che religione sei?2 – Quale è la tua origine etnica?Le polemiche
Durante gli ultimi mesi, in Albania, sta crescendo un movimento che fa dell’albanesità un baluardo. Si chiama Aleanca Kuq e Zi (Alleanza rosso nera), che non è un gruppo di ultrà milanisti, ma vuole richiamare i colori della bandiera albanese, la quale usa come suo simbolo. Il movimento che possiamo paragonare ad una fondazione, è guidato dal vicepresidente del CSM albanese Kreshnik Spahiu. Ultimamente appare anche il capitano della nazionale albanese, e neo laziale, Lorik Cana. Questo movimento è tra quelli che si oppongono in modo netto e scontroso con la parte del censimento riguardante la religione e l’etnia. La critica principale è che si vuole in qualche modo gonfiare in modo artificiale la presenza delle minoranze etniche in Albania. Questo è un argomento molto sensibile in un paese dove lo spettro dei vicini/nemici non è mai scomparso del tutto. Su queste argomentazioni e sul risveglio del vero patriottismo albanese, questo movimento sta conducendo le sue battaglie, che molto probabilmente lo porteranno a diventare partito politico per le elezioni politiche del 2013. Il PDIU, partito della minoranza çam, ha criticato molto questo processo. Essendo presente in parlamento con due deputati però, ha inserito degli emendamenti che prevedono delle sanzioni per chi rilasci dichiarazioni mendacie. Ma come si può verificare la mia religione o il fatto che io dichiari che il mio trisnonno era celta?PBDNJ, il partito del discusso ex sindaco di Himara, notoriamente filo ultranazionalista greco, chiede di boicottare il censimento in quanto mira a sminuire le minoranze etniche. Omonia, una delle più importanti e potenti associazioni della minoranza di lingua greca, invita a non partecipare e boicottare il censimento. Non esistono però organismi che rappresentino tutti ed ecco che il vicepresidente del parlamento albanese Tavo, e l’ex ministro Barka ora parlamentare PD, entrambi della minoranza di lingua greca, sostengono che il censimento vada sostenuto, smentendo in parte Omonia e facendo capire che anche all’interno delle minoranza non tutti la pensano nello stesso modo. In poche parole, questo censimento, gestito dal ministro Genc Pollo, ha scontentato un po’ tutti e ha creato un clima non facile da gestire, in un paese come l’Albania, dove su questi temi parlano le pance prima delle teste. Le domande controverse e lo spazio di interpretazione
Molti giornalisti albanesi raccontavano in questi giorni la compilazione del questionario da parte loro. Mi ha colpito molto Artan Lame, che su Shqip scriveva di aver dichiarato di essere di religione buddista e di origine etnica vikingo. Il problema infatti è che questo tipo di domande sono di tipo aperto, cioè ognuno può dichiarare quello che vuole e nessuno potrà mai avere la possibilità ne di controllare la bontà delle dichiarazioni e tanto meno di prendere provvedimenti. Infatti, non a caso la religione deve riguardare una sfera privata e comportamenti pubblici conseguenti dell’individuo, mentre per il riconoscimento delle minoranza ci dovrebbero essere altri strumenti più complessi, cosi come avviene nel resto d’Europa. Essendo inoltre facoltative le risposte, da questo censimento non potrà venire fuori nessun dato attendibile in merito a queste due variabili. Le minoranze in Albania
Parlare di minoranze etniche in Albania, all’interno di un articolo, è molto riduttivo e non sarebbe neanche lentamente esauriente dell’argomento. Si possono fare alcune considerazioni in linea di massima, per dare al lettore italiano qualche elemento in più. In Albania esistono le minoranza di serie A, quelle di serie B, e poi a scendere. La minoranza di serie A, almeno nei 20 anni della transizione albanese, è stata senz’altro la minoranza di lingua greca. Questo è dovuto prevalentemente alla politica e al supporto dei vari governi greci, che hanno investito molto in questo settore, e al fatto della dipendenza albanese nei confronti di Atene (oltre 700 mila immigrati albanesi in Grecia, presenza economica ellenica di primo piano in Albania ecc). L’importanza di questa minoranza si può notare anche dal fatto che è da sempre presente in parlamento, ha sempre avuto il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, più o meno con governi di tutti i tipi. I çam, popolazione di origine albanese che abitava in territori attualmente appartenenti alla Grecia odierna,sono sempre stati una minoranza di serie B. Per la prima volta in questa legislatura hanno rappresentanti in parlamento. Vivono in Albania da dopo la seconda guerra mondiale, ma sono sempre stati discriminati, sia a livello istituzionale che di opinione pubblica, anche dai neo patrioti di oggi. Non hanno quasi mai avuto accesso al governo, anche nelle città dove sono molto presenti, e oggi nonostante due parlamentari in un quadro fragilissimo per il premier Berisha, non sono rappresentanti nel governo del paese. I rom invece sono una delle minoranze più discriminate in assoluto, nonostante
siano numericamente significativi. Sono quasi sempre relegati ai margini della società albanese, nelle periferie urbane di Tirana e altre città, creando le favelas albanesi. Spesso sono soggetti ad attacchi violenti, come gli sgombri a suon di incedi dei loro insediamenti. Roba da far impallidire anche i più temerari. Non godendo dell’appoggio dell’opinione pubblica, tanto meno di una loro presenza sociale consolidata, e neppure dell’appoggio di uno stato estero “potente”, sono costantemente discriminati su tutti i livelli. Oltre a queste grandi minoranze, ci sono poi in Albania, una serie di questioni e altre minoranza numericamente molto meno significative che sicuramente altri hanno trattato in articoli, reportage o libri. Considerazioni finali.
In un paese democratico e civile dovrebbe essere data per scontata il rispetto di tutti i cittadini che vivono e lavorano sul proprio territorio. Molte delle polemiche di questi mesi sembrano a volte pretestuose, e come sempre quelli che si lamentano sono proprio quelli che hanno di più e vivono in condizioni migliori. Vedo molte energie spese in queste polemiche, pagine fiume di giornali, talk show a tutte le ore, e mi chiedo che effetto potrebbero produrre queste energie se venissero impiegate per discutere e risolvere problemi più concreti dei cittadini albanesi. Se la partecipazione civica si fosse davvero risvegliata, dovremmo assistere in questo momento ad una riscossa del paese. Se cosi fosse, si dovrebbero vedere dei cambiamenti nel modo di governare, cambiamenti nel modo di gestire la cosa pubblica a livello locale e centrale, cambiamenti nella mentalità e soprattutto più tolleranza e dialogo. Le polemiche fini a se stesse, spesso danno l’impressione di avere secondi fini, specie nella costruzione e consolidamento del consenso per future mosse politiche. Intanto aspettiamo la fine del mese, per vedere i risultati del primo vero censimento albanese dopo gli anni 90.