La Commissione parlamentare d’inchiesta fallisce nel suo intento di interrogare le istituzioni che secondo Berisha hanno partecipato nella presunta golpe del 21 gennaio scorso. Nel convocarle non avrebbe tenuto conto degli impedimenti legislativi e della normativa in vigore.
Le tre istituzioni accusate dal Primo Ministro albanese Berisha di essere coinvolte nella presunta golpe organizzata dall’opposizione, ieri hanno dato buca alla Commissione parlamentare d’inchiesta istituita dalla maggioranza proprio per indagare il loro operato “nella sovversione dell’ordine costituzionale”. Si tratta del Direttore del Servizio Informativo dello Stato: la seduta con lui è stata posticipata, del Procuratore generale della Repubblica: si è presentata ma non ha risposto, e del Presidente della Repubblica: non ci andrà. Lunedì, la Commissione parlamentare d’inchiesta aveva richiesto al Presidente albanese Bamir Topi di presentarsi il 3 febbraio per essere udito sui fatti del 21 gennaio e ieri Spiro Peçi, consigliere giuridico di Topi, ha comunicato ai media le ragioni per cui il Presidente non si presenterà. In primis, la richiesta contiene un vizio di forma: non viene neanche specificato l’oggetto dell’inchiesta su cui il Presidente dovrà rispondere. Inoltre, non è fondata giuridicamente: per legge la testimonianza del Presidente deve essere raccolta nella sede in cui esercita le funzioni di Capo della Stato. Pertanto, il Presidente Topi si dimostra disponibile a testimoniare ma solo in ottemperanza alle leggi vigenti.
Ieri pomeriggio, è stata la stessa Commissione ad avvisare che la seduta con il Direttore del Servizio Informativo dello Stato, Bahri Shaqiri, prevista per le 17.00 è stata posticipata in data da definirsi “per ragioni tecniche”. Di cosa si tratta? In poche parole, i membri della Commissione per poterlo interrogare dovrebbero essere muniti di un certificato che attesta che non fanno parte dei servizi segreti di altri paesi. Ed è un documento che viene rilasciato dal Servizio Informativo congiuntamente con gli altri paesi membri della NATO.
Invece, non è mancata all’appuntamento di ieri con la Commissione il Procuratore Generale Ina Rama, ma la sua più che una testimonianza è stata una “dichiarazione spontanea”. Il Procuratore Rama non può rispondere alle domande della Commissione perché si tratta di segreto istruttorio: l’oggetto d’inchiesta della Commissione è legato con l’indagine penale in corso da parte della Procura sui fatto del 21 gennaio scorso. Inoltre, per legge al Procuratore generale è vietato informare il Parlamento su casi specifici. Il Procuratore Rama ha espresso la sua piena disponibilità di prendere in considerazione ogni raccomandazione che scaturirà al termine dell’inchiesta della Commissione. Dall’altra parte, ha voluto ribadire che le indagini in corso riguardano sia il coinvolgimento degli organi incaricati per la sicurezza delle istituzioni e la tutela dell’ordine pubblico sia i fomentatori e gli organizzatori degli atti violenti e dolosi. Ogni reato verificato il 21 gennaio scorso è oggetto dell’indagine penale della Procura che si potrà esprimere solo al suo termine. Non è andato giù ai membri della Commissione la posizione del Procuratore generale. Quando lei ha lasciato l’aula a turno hanno reso noto ai media, le domande che le avrebbero fatto, dicendosi convinti che la convocheranno di nuovo.
Lunedì e martedì, la Commissione ha sentito anche il Primo Ministro Berisha e il Ministro dell’Interno Lulzim Basha che sostanzialmente hanno riportato all’attenzione della Commissione quella che ormai è la versione ufficiale del governo: il 21 gennaio c’è stato un tentativo di golpe organizzato dall’opposizione. Invece venerdì 4 febbraio si presenteranno davanti alla Commissione il Direttore generale della Polizia di Stato Hysni Burgaj e il Comandante della Guardia Repubblicana Ndrea Prendi. Sabato 5 febbraio toccherà alla Presidente del Parlamento Jozefina Topalli. Ma l’operato della Commissione parlamentare è preso di mira dall’opposizione, dai media e da alcune delle istituzioni centrali. Lunedì, il Partito Socialista ha deciso di presentare un ricorso alla Corte Costituzionale sollevando la sua l’incostituzionalità. Invece, ieri sulla richiesta della Commissione di avere dagli operatori di telefonia mobile i tabulati telefonici di alcuni giornalisti, pm, deputati dell’opposizione e delle cariche più alte dello Stato, si è espresso anche la Presidenza della Repubblica, definendola “una violazione palese delle leggi albanesi” perché è un attributo dei pm e dei giudici. Chissà se il ritorno dell’inviato speciale di Bruxelles Miroslav Lajcak oggi a Tirana servirà a portare attorno ad un tavolo la politica albanese.