Il commercio delle armi effettuato dall’Albania e i programmi di smantellamento in corso sono i punti principali dell’articolo pubblicato sul settimanale “Mapo” che proponiamo ai nostri lettori.
“Ogni cittadino, un soldato”. “Con le armi e le munizioni a nostra disposizione, siamo in grado di fare guerra per tre anni consecutivi contro tutti i nemici che oseranno colpire l’Albania socialista”. La paranoia del dittatore comunista Enver Hoxha, in effetti, non era privo di fondamento.
Verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso, l’Albania si era trasformata in una delle potenze più grandi con armamento convenzionale pro capite non solo nei Balcani ma anche in Europa. Centinaia di migliaia di unità di combattimento e centinaia di migliaia tonnellate di munizioni vennero allocate ovunque in Albania: montagne, valli, caserme e depositi sotterranei.
“Il paese doveva somigliare ad una gigante forma di caciocavallo stagionato e forato”. Cosi ha descritto metaforicamente l’Albania, un generale straniero quando ha visionato l’incredibile mappa della distribuzione delle armi nel territorio albanese. Lui è uno dei tanti militari stranieri che sono entrati in Albania dopo la caduta del regime sotto la bandiera della pace e della cooperazione, e non come uno degli aggressori tanto temuti da Hoxha. La sua metafora si riferisce esattamente alle pance delle montagne in cui era stato pianificato di custodire la fede dei comunisti albanesi per la guerra, ma da quando è arrivata la pace, si sono trasformate in una preoccupazione notevole per qualsiasi governo e una vera minaccia per la popolazione civile. Dall’altra parte, si sono trasformate in una miniera d’oro per guadagnare denaro.
Nel mercato delle armi
Dopo il 1992, l’Albania è entrata a far parte del mercato delle armi. Tutto somigliava al famoso film di Nicolas Cage “Il signore della guerra” in cui un unico trafficante apriva i numerosi depositi delle armi dell’Unione Sovietica. Si offrivano armamenti e munizioni convenzionali in un mercato difficile e pericoloso, con tanta concorrenza, e nel quale si filtravano tutti, dai signori della guerra ai più svariati speculatori.
Negli ultimi 20 anni, nonostante le regole e la sorveglianza rigida imposte da specifiche strutture internazionali o dalla NATO, spesso gli interessi milionari hanno creato falle nelle reti legali e le armi finivano in mani sbagliate. Il crollo dell’Unione Sovietica e il caos in alcune delle ex-repubbliche sovietiche hanno aumentato l’offerta delle armi. Nello stesso periodo, la domanda cresceva indipendentemente dai conflitti soprattutto in Africa ma anche nell’anticamera dell’Europa: l’ex – Jugoslavia.
In questo scenario globale di offerta – domanda, anche se l’Albania era paragonabile ad una goccia d’acqua, in alcuni casi sono stati rapportati dubbi e perfino prove che abbia venduto armi in zone sotto embargo per questo tipo di commercio. È molto difficile se non impossibile scoprire cosa sia successo in questo anni, soprattutto se ci si basa sul presupposto che ogni operazione di acquisto e vendita di armamenti possa essere considerato come traffico. Come è difficile stabilire dove e quando l’Albania abbia effettuato certi traffici. La ragion di stato è il motivo per cui certe storie continuano a rimanere segrete, fuori dalla nostra portata e degli eccessivi testimoni. Nonostante ciò, la necessità di trasparenza deve far luce anche se in maniera selettiva su queste verità. Il cittadino albanese, vero proprietario di tutto ciò che si trova su questo paese, deve sapere cos’è successo con la sua ricchezza trasformata in armi e munizioni.
La relazione sulle armi
La rivista MAPO è venuto in possesso di una relazione europea su questa realtà. Si tratta di un materiale presentato al governo albanese di cui sono a conoscenza solo poche persone. Elaborato dalle agenzie specializzate dell’UE, con un linguaggio comprensibile solo dagli addetti ai lavori, usa come fonte principale i dati ufficiali di Tirana. Il suo scopo è quello di identificare le problematiche riguardanti le armi leggere e le munizioni, ma fornisce anche le linee guida che i governi albanesi devono seguire in cooperazione con vari attori, per evitare le complicazioni derivanti da una quantità cosi enorme di armamento convenzionale.
Due anni fa, l’Albania ha concluso con successo il programma di disarmo chimico, finanziato e sostenuto dagli americani. Attualmente, si sta realizzando con il patrocinio del Ministero della Difesa un’ingente programma di smantellamento delle armi e munizioni vecchie. Nella relazione si constata che le quantità smantellate sono enormi, mentre il rischio per la popolazione civile sarebbe a livelli minimi.
Due anni e mezzo fa, una dubbiosa operazione di smantellamento con partner privati a Gërdec ha provocato una strage uccidendo 26 cittadini e provocando centinaia di feriti. Da allora è iniziato un’inchiesta giudiziaria per individuare i colpevoli, ma la causa è entrata nei complicati labirinti della giustizia albanese, della specie “tira e molla”.
Uno dei capitoli della relazione UE riguarda il commercio delle armi che l’Albania ha fatto dal 1992 al 2004. Invece l’unica informazioni per gli ultimi sei anni riguarda la vendita di proiettili principalmente vecchi per l’Afganistan, acquistate con fondi americani attraverso il giovane controverso Diverol, attualmente sotto inchiesta per numerose accuse, compreso la cospirazione contro gli USA.
Nella lista dei paesi destinatari delle armi commerciate ci sono la Slovenia nel periodo di secessione dalla Jugoslavia, la Macedonia, la Turchia, l’Azerbaijan, l’Afganistan, il Kosovo, l’Israele. Tuttavia, in tale lista mancano alcuni acquisti “strani” da parte dell’Albania attraverso MEICO, l’azienda pubblica della commercializzazione degli armamenti. Nel 1995, per circa 5 milioni di dollari è stata acquistata una serie di missili terra-aria guidate con laser, Man Pad, i quali sono stati venduti agli USA nel 2009. Dalla strage di Gërdec nel 2008, l’Albania non ha venduto più armamenti, ma ha solo i metalli ottenuti dal processo dello smantellamento ormai effettuato nelle officine e nelle fabbriche militari. Nel 2010 sono stati venduti circa 1500 tonnellate di questi metalli.
Articolo di Lorenc Vangjeli. Pubblicato sul settimanale albanese “Mapo” nr.195 del 12 settembre 2010. Titolo originale “Zotërit e luftës”.
Tradotto per AlbaniaNews da Judmira Drasa