Quando, da artista eclettica qual era, oltre alla danza e svariati altri impegni professionali o nel sociale, si era dedicata alla pittura, le avevo chiesto “quale fosse stato il suo primo dipinto in assoluto”, lei mi aveva risposto:
“Un paio di pointes di danza classica, olio su tela, chissà perchè…!”
Ben per questo connubio che ha costituito la base della sua formazione e passione, credo che ahimè scomparsa prematuramente, lei stia applicando la sua arte e la sua bontà d’animo agli angeli in paradiso.
Mi ci è voluto qualche giorno per prendere la situazione in mano e metabolizzare anche solo parzialmente la scomparsa prematura di una cara amica d’infanzia.
Obiettivamente continuo ancora ad essere incredula dell’accaduto e il cuore tende a respingere la crudele verità…
Avevo percepito i suoi problemi di salute, la grave malattia, ma dato la sua grande forza d’animo e voglia di vivere, l’entusiasmo che investiva anche quando affrontava cure pesanti e non si dava per vinta, data la sua tipica solarità e discrezione al contempo, io non sono mai riuscita ad andare oltre ad un “come stai?” generico nelle nostre conversazioni a distanza, su cui risposta da parte sua c’era sempre una sorta di deviazione del discorso ed una rapida reazione, schivando con un:
“Bene, bene, carissima. Tu piuttosto, cosa mi racconti di bello…?”
Scrivere delle righe su una persona cara, che ahimè fisicamente non è più tra noi, per di più, una vecchia amica d’infanzia, non è un’impresa facile.
Le sue origini:
Lei si chiamava Hueyda El Saied, era nata a Tirana nel 1975, dalle origini miste sudanesi ed albanesi.
Il suo albero genealogico vede il suo bisnonno originario del Sudan, approdare a Durazzo con i pescherecci, con cui andava per i mari del mondo pescando, da pescatore qual era.
Durazzo funge per lui da punto di incontro con una donna che all’epoca scappava dalla Turchia insieme a suo figlio.
Il bisnonno di Hueyda si innamora di questa donna, si sposano e hanno 14 figli, anzi i figli sono 15, compreso anche il figlio della donna portato con sé dalla Turchia.
Tra questi figli c’era anche la nonna di Hueyda, la cara signora Hajrie, che io ho conosciuto durante la nostra infanzia trascorsa in comune a Tirana.
La signora Hajrie aveva sposato uno scutarino, di nome Hysen.
Per cui, il nonno di Hueyda era quindi di Scutari.
Anche il secondo nome di Gabriel, il figlio di Hueyda, è Hysen, come il nonno di lei.
La loro, una famiglia d’arte, in quanto nonna Hajrie era una cantante a Tirana.
La nonna Hajrie aveva avuto due figlie:
Diana, madre di Hueyda, anche lei appassionata di danza e Vjollca.
Il padre di Hueyda – ruota del destino – era del Sudan, come suo bisnonno.
Lui era uno studente di geologia mineraria alla facoltà di Tirana, arrivato dunque a Tirana durante la dittatura per motivi di studio dal Sudan.
Nella capitale albanese, il giovane studente sudanese conosce e si innamora della mamma di Hueyda e dal loro amore nasce Hueyda, di cognome El Saied.
Il regime totalitario che decideva le sorti delle persone, avrebbe mandato dopo gli studi a lavorare per perfezionare le conoscenze sul terreno, a Tripoli nei giacimenti petroliferi e minerari, il padre di Hueyda con la promessa che, una volta preparati i passaporti, lo avrebbe fatto raggiungere dalla moglie e la figlia – rispettivamente, madre di Hueyda e la bambina all’epoca, di tre anni – promessa mai mantenuta, anzi il ricongiungimento familiare è stato ostacolato appositamente, per cui madre e figlia si separarono bruscamente dal padre di Hueyda da quando lei aveva soli tre anni…
A democrazia inoltrata, il papà, Hueyda lo avrebbe incontrato 16 anni dopo…
Nel frattempo Hueyda cresceva a Tirana. Eravamo vicine di casa e amiche.
Una bimba ai tempi, particolare nella capitale albanese per i suoi connotati fisici ed il colore insolito di pelle per l’Albania del periodo suddetto, tuttavia per la spensieratezza dell’età innocente, per le amicizie coltivate con affetto, per il carattere dolce e solare, sempre educata, gentile e sorridente, la bambina cresceva serena.
Tra l’altro, con la fortuna di avere come madre una donna forte, con grande dignità – sebbene dal passato sofferto – e di essere circondata da altre due donne coraggiose e determinate, quali la nonna e la zia, fondamentale punto di riferimento inscindibile nella sua crescita.
Il loro legame speciale affettivo non si sarebbe mai spezzato anche nell’età adulta di Hueyda.
Quando comunicavamo a distanza di recente – io in Italia e lei a Lussemburgo – avevamo fatto un bel progetto, che purtroppo tra varie difficoltà e la cosa più grave ed irrimediabile, la scomparsa prematura di Hueyda, non siamo riuscite a realizzare:
Ci eravamo ripromesse di fare un viaggio di gruppo, noi amiche di vecchia data, amiche d’infanzia.
A Hueyda ed a me era nata l’idea, dato che molte di noi sono emigranti ormai e solo alcune vivono in Albania, come meta o punto di incontro, di confidare su un paese “neutrale” in cui trovarci tutte, per consentire di aggiungere alla magia del nostro incontro, anche la soddisfazione di trovarsi e visitare tutte insieme un luogo ipoteticamente nuovo.
Allora per questa reunion, un’amica proponeva “venite da me in Canada; una optava per Dubai; altre per varie città d’Europa, senza escludere la nostra Tirana ovviamente, ma comunque, euforia quella nostra, diciamo soffocata dalla pandemia globale con le rispettive restrizioni, la malattia improvvisa di Hueyda, e neanche a dirlo, la tragedia della sua scomparsa prematura…
Un nodo in gola, un vuoto incolmabile classico di situazioni dolorose come queste, ho tuttavia, l’obbligo umano di superarlo proprio per insegnamenti di Hueyda di prendere la vita con ottimismo in qualsiasi dura sfida essa ti sottoponga e preferisco ricordarla con alcune sue parole pronunciatemi di recente, quando rammentavamo la nostra infanzia trascorsa a Tirana:
“Adela, ma ti ricordi quando andavamo nel cosiddetto “Labirinto degli Specchi” – “Pasqyrat”, al Luna Park del nostro quartiere – “Lodrat a Rruga e Elbasanit?”
Vi entravamo entusiaste, ma purtroppo, bastava poco e ci perdevamo nel labirinto specchiato.
Urtavamo la testa chissà quante volte tra le trappole degli specchi e ne uscivamo con la fronte piena di bernoccoli e lividi…!”
Oppure:
“Ti ricordi la nostra famosa pasticceria di quartiere a Rruga e Elbasanit, in cui andavamo a comprare le nostre paste preferite o il gelato fiordilatte, le aranciate…?”
Altro ancora:
“Ti ricordi, Adela, le nostre prime passeggiate in boulevard da ragazzine, a piazza Scanderbeg a Tirana, in gruppo con amiche coetanee e senza familiari adulti?
Cominciavamo a crescere…”
-Sì, Hueyda, certo che ricordo tutto!
E ora tu, cara amica, prosegui le tue passeggiate nei prati alti e verdi, danzando leggiadra con le tue scarpette da punta di danza, inseparabili da quando, da bambina ricevevi le prime nozioni di danza classica a Tirana.
Anche perché, così come danzavi “en pointes” con grazia ed eleganza, così ti approcciavi delicata e sensibile con chiunque quando eri in vita e nello stesso modo riservato per antonomasia, senza panico, con discrezione e coraggio, col sorriso sulle labbra fino alla fine, senza voler disturbare nessuno con i tuoi problemi, te ne sei andata.
Ma, ti sei allontanata solo fisicamente.
Nel cuore di chi ti conosceva hai saputo creare un posto speciale.
Questo ed altro, il tuo bel ricordo che ci hai lasciato, lo racconteremo un giorno, con tanto affetto e stima, a tuo figlio, Gabriel.
Questa è una promessa!