Albania: il vecchio e il nuovo alla soglia delle elezioni 2009. L’aereo che mi riporta dopo cinque anni nel mio paese natale ha un nome diverso dalla celebre compagnia aerea italiana con la quale abbiamo scelto di volare. L’aeroporto è ristrutturato ex novo, così pulito da credere a malapena che sono in Albania.
La strada che ci accompagna per Tirana è liscia in superficie e i paesaggi hanno al centro dell’attenzione cantieri, nuove costruzioni, cartelloni di politici in vista delle elezioni e pubblicità estere o nazionali. Il mio quartierequasi non lo riconosco: il cortile ha lasciato spazio al posteggio delle auto e non ci sono più le buche in mezzo alla strada. Tirana è cambiata.
I vecchi palazzi del monismo (compreso il mio) sono rimasti pressappoco gli stessi, a volte anche peggio. Altri hanno avuto migliore sorte sotto le tinte pop del sindaco pittore Edi Rama. Il verde intorno al fiume Lana che percorre in mezzo la capitale è ben curato e annaffiato costantemente da persone addette. Lungo la strada compare il sorriso bonario del sindaco sul cartellone elettorale. Il suo oppositore ha riempito lo spazio con una sola frase: “L’Albania sta cambiando”; stesso verbo compare anche sul cartellone del primo (mi ricorda qualcosa come Rutelli e Berlusconi nel 2003).
Se accendi la TV, la pubblicità elettorale imperversa in modo spietato: “Lui ha lasciato il paese nella tragedia, lui non sa governare”, accompagnata da immagini che poco combaciano con la realtà e più si confanno a una mera lotta politica verso il potere. Mia madre mi dice che si sono candidati dodici partiti. “Che ne faremo di dodici partiti? Siamo appena tre milioni di gente.”, le dico. “Niente”, mi risponde, “Ma si fanno un sacco di soldi. È tutto un magna magna, la gente salta da un partito all’altro come niente.”L’America qui si sente eccome. E un modello americano nel sud Europa propende a far diventare questo paese un ottimo mercato per le compagnie estere che hanno bisogno di mano d’opera a basso costo. I soldi sono all’ordine del giorno. Le facce delle persone non sono cambiate di tanto, nel bene e nel male: quando si litiga si fa sul serio e quando si ride, pure. Vedo però più facce dipinte dalla razionalità, una caratteristica che non ci appartiene molto; ma di questi tempi, si ha lo sguardo di chi sta contando denaro mentalmente in ogni momento.
Quando siamo andate ad incontrare mia zia al ministero, avevamo appuntamento alle otto, ma le impiegate si fanno vedere alle otto e un quarto o alle otto e trenta o addirittura alle nove. Chiediamo alla guardia quando comincia il lavoro, ci risponde “Alle otto, ma sapete… ci sono le elezioni…” e “Quindi”, penso “No man’s land: nessuno al potere.”. Le case all’interno sono arredate bene, sono pulite, ma negli uffici si scoppia dal caldo ed il servizio è lento. I pensionati vanno a ritirare la loro pensione presso degli uffici-baracche. Ci sono solo tre posti a sedere all’interno e sono costretti ad aspettare fuori al sole. L’assistenza sanitaria per i più deboli (che non siano tetraplegici o ciechi) è del tutto assente: i famigliari sono costretti a rimetterci di tasca propria.
È uno strano cambiamento: più di superficie. I prodotti e servizi hanno il nome dell’occidente, ma la gente che li compie è quella di sempre, anche in politica. In Tv vedo donne bellissime e intelligentissime che dicono la loro, il ché mi fa pensare che la donna si sta evolvendo anche qui, ma quando cammino per strada alle due di notte con il mio migliore amico delle superiori, questo mi dice che è meglio che non accenda la sigaretta, perché ci sono ancora dei pregiudizi.
In una settimana non riesco a fare altro che cogliere sensazioni; non capisco bene come stanno esattamente le cose.
Qualcosa mi dice che ormai sono diventata turista nella mia terra.