Dal prossimo febbraio entrerà in vigore il decreto legge del 6 ottobre 2011 dello scorso governo Berlusconi che prevede un “contributo” oneroso per gli immigrati che presentano domanda per il rinnovo del permesso, un aumento secco dagli 80 ai 200 euro. Il governo Monti ha annunciato che sarà oggetto di una modifica legislativa. Ma da lunedì scatta la nuova imposta.Il 5 gennaio scorso, il sottosegretario all’Interno con delega all’immigrazione e alle libertà civili, professor Saverio Ruperto ha riferito di una riunione del governo in cui si sono studiate le modifiche da apportare alla legge “Tremonti-Maroni”, dichiarando l’intenzioni del governo Monti di analizzare le possibilità di una riduzione degli importi del contributo e per sino esoneri per le famiglie con più figli e meno ambienti che presentano domanda per il permesso di soggiorno.
Il cosiddetto decreto legge sulla sicurezza del 2009 fortemente voluto dagli ex ministri Maroni e Tremonti prevede la tassazione per ogni singolo straniero che presenta domanda di rinnovo del proprio permesso di soggiorno per realizzare i fondi necessari allo stato per effettuare gli rimpatri degli clandestini.
Senza dare ancora i numeri che compongono tale “contributo” va da se che fare pagare agli immigrati il rimpatrio dei clandestini appare un colpevolizzare e quindi condannare loro per quanto avviene in Italia. Senza considerare che buona parte degli immigrati in Italia lo sono stati a loro volta clandestini che oggi lo Stato vorrebbe responsabilizzare con il dovere ( obbligo) di versare una tassa che varia da 80 a 200 euro per portare indietro nel loro paese d’origine chi non è riuscito a regolarizzarsi.
Se la domanda presentata è di un permesso di soggiorno con validità di un anno allora la cifra da sborsare appare più leggera, di soli 80 euro. Se invece si fa domanda per un permesso di 2 anni si sale a 100 euro per arrivare a 200 se la domanda supera i 2 anni.
Cosi, per i 4 milioni e 570 mila stranieri dello stivale, oltre alle spese che già sostengono per il rinnovo dei permessi di soggiorno, come la marca da bollo, le fotocopie, il recupero dei documenti richiesti, la spedizione assicurata del valore di 30 euro, la giornata lavorativa non pagata da dedicare alle pratiche da sbrigare si troveranno ad affrontare quest’altra spesa che arriva fino ai 200 euro per rinnovare la propria regolarizzazione.
Il governo Monti ha promesso di rivedere il decreto e di apportare le giuste modifiche a riguardo che riportino il senso di giustizia, equità e che stia lontano da questo messaggio fortemente discriminatorio che viene mandato dallo Stato al mondo migratorio italiano.Ma i tempi stringono e come è solita l’Italia, il dimenticatoi è sempre attivo. Perciò, vi riproponiamo dei numeri.In Italia risiedono oltre 4.5 milioni di stranieri. Ogni straniero, minore o meno che sia è denunciato in egual modo alle autorità che le permette il titolo di soggiorno. Cosi, una famiglia media, composta da madre, padre e due figli minori dovranno sborsare un minimo di 240 euro (4×80€) ogni qualvolta presenteranno domanda per il rinnovo annuale del proprio permesso. E se per “disgrazia” loro e fortuna tutta italiana, vi nasce un altro figlio/a prima della scadenza del titolo di soggiorno, dovranno attivarsi subito all’aggregazione dei dati del neonato/a nel proprio permesso di soggiorno con l’ennesima, identica e costosa pratica.
Esponenti del Carroccio hanno gridato “giustizia” fatta nei riguardi degli italiani chiamati a grandi sacrifici. “Giustizia” voluta dall’ex ministro Maroni che se l’attuale Presidente del Consiglio, Mario Mont,i non riuscirà a fermare, porterà le famiglie straniere residenti nello stivale ad ulteriori sacrifici in termini di denaro, più degli italiani.
Risulta difficile comprendere come tale disposto possa fare giustizia aggravando ulteriormente lo status economico degli immigrati.
Giacché la crisi non ha etnia e non guarda l’origine di alcuno, le tasse sul carburante le pagano anche i stranieri, i carrelli della spesa sono sempre più costosi anche per essi, gli affitti ed i mutui, il ritorno dell’ICI in IMU, le miriadi di tasse regionali, quelle della spazzatura, quella del tabacco, l’incertezza del lavoro, sono tutti sacrifici che chiunque risiede regolarmente in Italia è chiamato ad affrontare. Trattandosi però di una legge dello Stato, perché Monti possa riuscire nel suo intento di intervenire su questo disposto occorre tantissima cautela nel presentare le possibili modifiche al Parlamento, l’unico organo che le può consentire aggiungendo altre norme a riguardo. Perciò il lavoro da svolgere in termini di giustizia reale che non discrimini alcuno per il Governo risulta molto più faticoso in quanto dovrà confrontarsi con il parere di coloro che l’hanno approvata.
La maggioranza insolita di questo governo non dà certezze.
Occorrerebbe oltretutto attivare un fitto confronto tra le parti, associazioni che rappresentano gli immigrati ed il governo, per poter conoscere meglio la situazione già onerosa nella quale essi vivono e disporre misure di equità che portino a risultati futuri di crescita comune. Ricordandosi dei dati ISTAT ( Istituto Italiano Nazionale delle Statistiche) che parlano di un’incidenza notevole del lavoro degli immigrati per l’economia italiana, supera il 11% del PIL. Oltre 2 milioni e 117 mila sono i contribuenti stranieri che pagano regolarmente le tasse in Italia. Portando le casse dello Stato italiano a gonfiarsi di 5 milioni 942 mila e 446 €. Il 4,1% del gettito complessivo. L’imposta media pagata dai stranieri a testa è di 2 mila e 821 €.
Cifre queste che permettono allo stato italiano di pagare oggi le pensioni agli italiani che ne hanno diritto pur non permettendo agli stranieri di poterne usufruirne un giorno. Poiché l’età media degli stranieri degli anni ’90 al momento dell’arrivo in Italia è di 32 anni,le nuove disposizioni del governo li vincolano a lavorare sino ad oltre 70 anni giacché non esiste un modo che possa unire gli anni di contributi versati nel paese d’origine con quelli in Italia.
Aggravare ulteriormente sull’economia degli immigrati, come sostenuto anche dal sottosegretario del Ministero degli Interni, Ruperto, può essere solo un fatto discriminatorio che non tiene conto del valore immenso che danno gli stranieri all’economia italiana.