Intervista con Davide Drei, Assessore al Welfare del Comune di Forlì, sulla modifica del regolamento della Consulta comunale dei cittadini stranieri e apolidi.
“Proprio perché l’identità, la conoscenza della consulta e l’incisività del suo ruolo è stato cosi limitato negli ultimi anni, ho deciso di portare delle modifiche”. Davide Drei, Assessore al Welfare del Comune di Forlì è stato il principale sostenitore del nuovo regolamento della Consulta dei cittadini stranieri approvato dal Consiglio Comunale il 24 gennaio scorso. Però prima di far arrivare il testo del regolamento in commissione consiliare, nel 2010 ha avviato anche un percorso di consultazione con le associazioni dei migranti per condividerne i contenuti e ricevere le loro proposte. E le associazioni, come previsto dal nuovo regolamento saranno parte integrante della Consulta. Infatti, il suo Consiglio sarà composto da 20 membri eletti con suffragio universale dai cittadini stranieri e 10 dalle associazioni nominati dal Comune. Una scelta condivisa proprio perché le associazioni hanno “un ruolo importante non solo nella rappresentanza ma anche nell’operatività, perché sono soggetti che lavorano sui temi del’inserimento e dell’integrazione sociale”. Un’altra novità introdotta dalla modifica del regolamento è il Forum sull’immigrazione. Due volte l’anno la Consulta incontrerà le istituzioni e le associazioni economiche e sociali del territorio. “È un modo per discutere ad ampio raggio dei temi su cui c’è necessità di lavorare”, dice l’Assessore Drei. “Fare il punto della situazione e lavorare sulle nuove idee e sui nuovi progetti”. Dall’altra parte, aver accolto anche le indicazioni del Consiglio comunale nel percorso di modifica, ha giovato all’approvazione in aula. Si è trattato di una votazione quasi all’unanimità, se non fosse stati per l’astensione dei due consiglieri della Lega Nord presenti in aula. Invece per quanto riguarda il diritto di voto, i primi a doversi impegnare in questa battaglia dovrebbero essere i cittadini stranieri. E nel caso di Forlì, anche se si tratta di una questione che spetta al legislatore nazionale, l’amministrazione comunale sarebbe disposta a raccogliere i solleciti che possono venire dalla Consulta dei cittadini stranieri. Dal 1997, anno dell’elezione della prima Consulta dei cittadini stranieri, la città di Forlì si prepara ad accogliere la quarta. Un bilancio delle prime tre consulte.
Ho una visione delle prime tre consulte non da assessore, e da persona che ha seguito le loro vicende come cittadino e operatore sociale, direi che è una grande intuizione di un momento di partecipazione reale per gli stranieri che ha avuto un bel avvio nel 1997. È stata un’esperienza partecipata dalle associazioni e da molti cittadini italiani che hanno visto in essa uno strumento che avvicinasse ad un idea di cittadinanza attiva gli stranieri. E quindi credo che sia stato un bel laboratorio di partecipazione, e anche di integrazione perché dobbiamo tenere presente che una consulta è fatta da tante diversità che sono a volte più diverse fra loro di quanto possa essere per alcune nazionalità la storia culturale e delle relazioni tra l’Italia e altri paesi. Sicuramente la storia della consulta ha istituzionalizzato un organismo non istituzionale, l’ha fatto conoscere in anzitutto alla politica cittadina, perché i suoi rappresentanti siedono nel Consiglio comunale. Ha dato la voce ai cittadini immigrati perché comunque il suo Presidente e il suo Vice Presidente si possono esprimere sui contenuti in Consiglio comunale. Poi, ha creato un lavoro partecipato dentro gli organismi della consulta che è stato molto supportato nella prima fase dai servizi, alla segreteria, agli spazi. Un lavoro decisamente importante per l’avvio di un processo di partecipazione. Quali erano i limiti delle prime tre esperienze?
I limiti sono stati quelli comunque di aver spaziato su tutto, dovendo fare i conti con il tempo e le risorse umane che ci sono. Ricordo che la consulta faceva i suoi incontri, partecipava al Consiglio comunale, alle Commissioni consiliari e ai lavori delle circoscrizioni. Quindi, è diventato un impegno talmente ampio, spesso anche su temi cittadini molto ampi, non legati direttamente all’immigrazione. Credo che ci sia anche un po’ dispersi da cui la grande fatica a dover gestire l’esperienza della consulta. Credo che siano stati anche problemi che si sono ritrovati anche nelle esperienze successive della consulta. Qualche modifica all’assetto della consulta è stato fatto negli anni, ma dobbiamo anche vedere come l’ultima esperienza della Consulta sia un’esperienza, direi, anche deludente in termini di consapevolezza degli stranieri di questo strumento di partecipazione. Per cui, proprio perché comunque l’identità, la conoscenza della consulta e l’incisività del suo ruolo è stato cosi limitato negli ultimi anni, ho deciso di portare delle modifiche. La nuova consulta si presenterà con una nuova veste alla città. Era necessaria?
Io credo che fosse necessaria. Perché bisognava dare un impulso nuovo sia in alcuni aspetti del regolamento sia nella volontà delle associazioni degli stranieri di avere uno strumento di quel tipo. Per cui, ho avviato una serie di incontri nel 2010 che hanno coinvolto queste associazioni a leggere i limiti e le criticità delle consulte precedenti e a individuare delle novità che abbiamo condiviso, e poi abbiamo portato al voto e rinnovato in Consiglio comunale. La prima modifica più rilevante sembra quella di aver incluso anche le associazioni dei migranti all’interno della consulta.
Infatti, il percorso con le associazioni non è stato solo di consultazione ma anche di apertura al loro ruolo. Saranno parte integrante della prossima consulta che continuerà ad avere una componente eletta, ma avrà anche una sezione con i loro rappresentanti. Pensiamo che le associazioni abbiano un ruolo importante non solo nella rappresentanza ma anche nell’operatività, perché sono soggetti che lavorano sui temi del’inserimento e dell’integrazione sociale, svolgono un’attività di collegamento fra le persone di più nazionalità. Sono anche soggetti di responsabilità e quindi era giusto in un ottica di applicazione del principio di sussidiarietà, averle all’interno della Consulta. Direi che è la principale innovazione delle modifiche apportate al regolamento.
Coinvolgendo le associazioni nella Consulta, si prende atto che l’associazionismo migrante è caratterizzato da difficoltà strutturali e che va sostenuto, altrimenti il loro percorso all’interno della Consulta potrebbe diventare controproducente.
Certo. Noi sosteniamo questo associazionismo che è anche una forma di libertà. Perché comunque è nella libera iniziativa dei cittadini stranieri aggregarsi in associazioni. Quindi cercheremmo di valorizzare quelle che non sono chiuse in se stesse, ma che hanno la voglia di dialogare con i cittadini, le altre realtà associative e le istituzioni, perché vorremmo creare una rete permanente delle associazioni e la Consulta ci sembra un luogo privilegiato in cui poterle avere nel dialogo permanente. La domanda era più rivolta ai loro problemi organizzativi. Comunque sia l’associazionismo migrante è caratterizzato da un organizzazione debole, mancano le sedi, i fondi. Ci sono tutta una serie di problemi che potrebbero impedire anche un maggior coinvolgimento nella Consulta.
Da questo punto di vista, dobbiamo metterle dentro la risoluzione dei problemi delle associazioni in generale, perché non vogliamo neanche creare gli sportelli per le associazioni italiane e quelli per le associazioni dei migranti. Ci sono già oggi strumenti e possibilità che si danno alle associazioni e possono servire per trovare le soluzioni ai problemi che si evidenziano. La Consulta sarà comunque un luogo dove poterli esplicitare.Un’altra novità emblematica, in verità in vigore dal 2
009, è che tra gli elettori sono stati inseriti anche i cittadini comunitari che nelle consulte precedenti non votavano. Perché è stata fatta questa scelta dal momento che comunque loro possono votare anche nelle elezioni comunali.
Non è da molto tempo che c’è la possibilità per i cittadini comunitari di votare alle elezioni comunali. Comunque è una possibilità, ma se andiamo a vedere quanti hanno votato finora, si tratta veramente di percentuali minime rispetto alla presenza sul territorio, anche perché era prevista tra i paesi comunitari, ancora prima dell’allargamento dell’Unione ad alcuni paesi dell’Europa dell’est. Per cui, era di fatto una possibilità molto poco sentita, invece oggi i cittadini dei nuovi membri dell’Unione, in particolare provenienti dalla Romania, compongono la comunità più numerosa tra i cittadini di origine straniera a Forlì. Per quanto riguarda la Consulta, si aumenta certamente la possibilità anche per i cittadini comunitari di essere al suo interno. Ma noi non siamo intervenuti sulla materia dei comunitari: abbiamo lasciato in vigore quella precedente. Siamo intervenuti, invece, su un altro aspetto: abbiamo escluso la possibilità di poter partecipare attivamente o votare la consulta a chi ha ottenuto la cittadinanza italiana. In realtà, la consulta è oggi per noi la consulta dei cittadini stranieri comunitari o non comunitari che non godono di tutti i diritti dei cittadini italiani. L’unico diritto che hanno in più i comunitari rispetto ai non comunitari è il diritto di voto alle amministrative. Comunque loro avranno la possibilità di votare sia nella consulta che nelle elezioni comunali?
Certo. Però, c’è una procedura che non è automatica. Uno deve fare la richiesta di essere iscritto alle liste per il voto. Ricordo che dei tanti cittadini romeni presenti a Forlì hanno votato lo 0,000%. Ci sembra poi alla fine che sia un diritto non utilizzato, mentre abbiamo bisogno di avere dentro la consulta esperienze di comunitari che però hanno problematiche molto simili ai non comunitari. Un francese o in inglese non viene a Forlì per gravi situazioni dell’economia del proprio paese. La stessa cosa non si può dire per chi è arrivato dalla Romania. È un dato di fatto che alle ultime elezioni amministrative non siano andati a votare, anche perché i partiti politici non li hanno coinvolto. Alla fine anche la politica deve fare la sua parte.
Assolutamente sì. Lo deve fare. Io credo che dovremmo promuovere questa possibilità e se di fatto avremmo dei comunitari che esprimono dei propri rappresentanti all’interno delle strutture amministrative, credo che dovremmo fare delle scelte nuove. Probabilmente a quel punto la Consulta diventerà solamente dei cittadini non comunitari.Un’altra novità è quella del Forum sull’Immigrazione. Negli anni si è parlato e ci sono state forme diverse di collaborazione tra più attori ma in questo modo viene istituzionalizzato.
Prevediamo almeno due momenti l’anno in cui tutta la Consulta incontra in un Forum convocato le istituzioni, le associazioni economiche e sociali del territorio. Noi abbiamo bisogno che si faccia incontrare la Consulta dei cittadini stranieri con la città e viceversa che la città incontri la Consulta. È un modo per discutere ad ampio raggio dei temi su cui c’è necessità di lavorare. Altrimenti, il rischio è comunque che si ha un corpo che dialoga con l’amministrazione comunale, ma ha pochi momenti di contatto con il resto della città. Quindi è necessario due volte l’anno fare il punto della situazione, lavorare sulle nuove idee e sui nuovi progetti, e anche avere uno scambio di natura culturale tra gli rappresentanti dei cittadini stranieri a Forlì e le istituzioni locali, le realtà economiche e associative e il mondo sindacale.È un tentativo con l’intenzione di coinvolgere i cittadini migranti nelle politiche che li riguardano in prima persona? In questo modo, potranno avere voce a livello locale su queste politiche come già avviene in misura ridotta nei piani di zona.
Assolutamente. Diciamo che è una forma che si intreccia con la programmazione centrale dei piani di zona. Invece, una novità storica è che il consiglio comunale ha accolto molto bene la modifica di questo regolamento. 32 voti favorevoli di maggioranza e opposizione, due voti di astensione da parte della Lega e nessun voto contrario.È un grande risultato, non c’è dubbio. Credo che sia frutto di due fattori questo consenso. Da una parte, è stato riconosciuto il livello di partecipazione che abbiamo garantito nell’elaborazione di questo nuovo statuto. Dall’altra, è stato coinvolto lo stesso consiglio comunale. Sono state recepite sue indicazioni in commissione consiliare. Per cui c’è una sorta di reciprocità tra il Consiglio comunale e la Consulta che abbiamo definito un po’ come il “parlamentino” degli stranieri. Ad esempio, se il Presidente e il Vice Presidente della Consulta saranno invitati permanenti al Consiglio comunale, in Commissione abbiamo deciso che vale lo stesso anche per il Presidente e il Vice Presidente del Consiglio comunale che saranno invitati permanenti alla Consulta. Cosi come la commissione che valuterà i candidati espressi dalle associazioni, sarà un organismo rappresentativo del consiglio comunale. Credo che tutto questo sia stato recepito non solo come un’azione di politiche di immigrazione ma come un’azione di democrazia partecipata.
Nella sua parola durante la discussione della delibera sul regolamento in Consiglio, ha voluto sottolineare che la consulta è lo strumento di dialogo per eccellenza di quelli che sono i forlivesi senza cittadinanza italiana. Era anche un appello per ricordare alle forze politiche che si tratta di uno strumento utile anche per prepararli all’eventualità della concessione del diritto di voto amministrativo?
Credo di sì, ma questo non si decide a livello locale, fa parte della normativa nazionale. Però, credo che parta anche un concetto di natura culturale cioè le forme di partecipazione e di diritto di voto sono forme anche di responsabilizzazione. Il voto è un diritto, ma genera anche dei doveri. E quindi noi inseriamo questo in un percorso che solleciti una normativa che vada verso un diritto di voto amministrativo. Questo è il nostro pezzettino. Forlì è sempre stata un po’ all’avanguardia nel promuovere iniziative di questo tipo. Non dobbiamo spaventarci della partecipazione e del diritto di voto perché dobbiamo interpretare il diritto di voto anche come una responsabilità che si assume.
Già nel 2001 Forlì, nella modifica del suo statuto comunale ha introdotto anche il diritto di voto per quanto riguarda le elezioni dei consigli circoscrizionali. Poi nel 2004, il Consiglio comunale ha deliberato la sospeso la sua applicabilità per auto-tutelarsi, visto la contrarietà del governo. Quanto pensate di riprendere questa battaglia?
Credo che questa sia una delle battaglie che non dobbiamo portare avanti direttamente noi come amministrazione, ma che dobbiamo raccogliere se diventa una battaglia della Consulta. In altre parole, i primi a doversi porre il tema di questa battaglia, dovrebbero essere i cittadini stranieri. A questo punto un’intenzione di andare in questa direzione verrà sicuramente raccolta dall’amministrazione comunale. Non posso dire i tempi perché dobbiamo fare la consulta prima. Vista che questa è un’amministrazione del PD in coalizione con l’Italia dei valori, nell’ultima assemblea nazionale del PD è stato deciso che tutti i circoli e le amministrazioni locali governate dal PD porteranno avanti anche la battaglia del diritto di voto amministrativo oltre a prevedere all’interno delle proprie strutture anche la partecipazione attivi dei cittadini di origine straniera e nati in It
alia. è un dibattito che va avanti da anni, non è ora di farla finita?
Capisco che vedere da fuori sia un dibattito che va avanti. Ma giustamente noi siamo arrivati da poco come amministrazione e la ereditiamo adesso. Però ognuno deve fare un po’ la propria parte. Io ho lavorato sugli strumenti di partecipazione come amministrazione e vorrei che la consulta lavorasse sul tema del diritto di voto. Una cosa diversa anche se estremamente collegata è il ruolo della maggioranza che sostiene questo giunta a partire dal Partito Democratico. I cittadini stranieri dovrebbero sollecitarlo perché raccolga quelli che hanno fatto i suoi organi nazionali. Perché poi l’amministrazione si muove anche rispetto a solleciti di questo tipo. Ad esempio, in un anno e mezzo di legislatura, non sono state presentate ordini del giorno o iniziative che sollecitino un diritto di voto amministrativo da parte del PD. Bisogna, come dire, sollecitare il PD a fare probabilmente questa parte, ma poi bisogna che in questo momento ognuno tenga i suoi ruoli. Noi siamo l’amministrazione che ovviamente ha tutto l’interesse a raccogliere stimoli di questo tipo. Pero in quel contesto la proposta l’ha fatto il PD.
Per quanto riguarda il diritto di voto c’è bisogno comunque di una riforma e quindi di far approvare una legge. Come si riesce a spuntarla.
Questo avviene tutto a livello nazionale. Dal basso si possono mandare dei solleciti e degli stimoli, ma è una materia prettamente di natura nazionale. Oggi dobbiamo tenere conto anche della situazione della politica nazionale che non mi sembra molto attenta a questi temi. Non vede al governo una parte politica che è stata particolarmente interessata a questi temi, forse è stata più ostativa perché ricordo che è un governo sostenuto dal PDL e dalla Lega Nord. C’era una componente del PDL che ha fatto delle aperture. Mi riferisco a Fini e al suo gruppo che in questo momento non fa parte più del PDL. Come riuscire a sbloccare i cittadini stranieri e farli coinvolgere effettivamente nelle politiche locali. Non è che la partecipazione degli autoctoni sia di gran lunga superiore però in questo caso c’è bisogno di un maggior coinvolgimento?
Credo che ci sia un’opera di natura culturale ed educativa, se non è connessi con gli elementi della partecipazione culturalmente, ma che ci sia anche da far vedere qual è la posta in gioco. Per cui se la posta in gioco ne vale la pena, sarà molto più semplice avere una partecipazione. Dipende anche dal fatto che quello che si sta facendo abbia o meno degli obiettivi sostenibili e dei risultati concreti.
La partecipazione e la condivisione delle politiche a livello di territorio, sembra che sia una battaglia che riguarda anche i cittadini italiani.
Certo. Se la partecipazione è responsabilità, è una visione di cittadinanza. Se la cittadinanza è anche responsabilità significa che ogni cittadino godrà anche della responsabilità degli altri che siano italiani o stranieri.