Quattro settimane fa, il Consiglio Comunale di Forlì ha approvato le modifiche del regolamento della Consulta dei cittadini stranieri. Siamo andati a parlare con i capigruppo consiliari per avere la loro opinione.
Una posizione univoca e propositiva quella del Consiglio Comunale di Forlì nei confronti della prossima Consulta dei cittadini stranieri della città di Aurelio Saffi. Il 24 gennaio scorso ha approvato la modifica del suo regolamento con i 32 voti favorevoli di maggioranza e opposizione, l’astensione dei due consiglieri della Lega presenti in aula e nessun voto contrario. Sicuramente potrà giovare ai rapporti tra i due organi che dovranno interagire nel futuro. Che succederà spesso e su vari livelli. Il Presidente e il Vice Presidente della Consulta potranno partecipare con diritto di parola alle sedute del Consiglio comunale e designare loro rappresentanti ai lavori delle commissioni consiliari. Un diritto goduto anche durante i mandati precedenti, ma che può assumere una rilevanza diversa alla luce dei buoni propositi e delle aspettative espresse dai consiglieri durante la discussione della delibera in aula. Da parte sua, anche il Consiglio comunale sarà rappresentato alle sedute del Consiglio della Consulta dai suoi Presidente e Vice Presidente. Invece, la Conferenza dei capigruppo insieme all’assessore di riferimento sceglieranno i 10 rappresentanti delle associazioni dei cittadini migranti che siederanno nel Consiglio della Consulta accanto ai 20 eletti con suffragio universale. Sarà perché la Consulta è una forma di rappresentanza sociale che negli anni non ha inciso sulla politica, sarà perché è uno strumento di dialogo e partecipazione senza oneri eccessivi, sarà perché come tale non fa parte delle politiche territoriali che contano quali welfare e servizi, ma il dibattito in consiglio è stato molto costruttivo e senza contrapposizioni eccessive. Complici anche gli affreschi trompe-l’oeil settecenteschi della Sala dei Fasti, pareva essere il Cappellaio matto al paese delle meraviglie e difficilmente si riusciva a distinguere dai loro interventi i consiglieri di maggioranza e opposizione. Un risultato atteso
Ma il risultato è dovuto anche al confronto e alla condivisione delle modifiche del regolamento in commissione consiliare e al recepimento delle proposte avanzate dalle forze politiche. Come sostiene il Capogruppo consiliare del PD, Marcello Rosetti, il tema della Consulta “non è diventato oggetto di speculazione tra destra e sinistra” perché si tratta di uno strumento “che serve alla comunità per vivere meglio”. E quella forlivese “è fatta anche da forlivesi che hanno origini diverse”. Prendendo atto della posizione del centro-destra in consiglio, Rosetti, a capo di 22 membri su 40, ricorda anche come “l’uscita di qualche consigliere dall’aula abbia permesso di avere un dibattito sereno”. Ma l’espressione di voto, secondo il capogruppo consiliare dell’IdV, Federico Balestra, è dovuto anche al contesto della città in cui “l’integrazione è avanti rispetto ad altre realtà”. Alessandro Rondoni, candidato sindaco indipendente alle elezioni del 2009, appoggiato dai partiti di centro-destra e oggi coordinatore dei gruppi consiliari di opposizione, afferma che “è stato fatto un lavoro di condivisione”. Non solo, ma avrebbe sollecitato la costituzione della rappresentanza dei cittadini stranieri che manca da due anni e di solito si elegge i sei mesi successivi all’insediamento del Consiglio Comunale. Rincara la dose il capogruppo dei nove consiglieri del PDL, Angelo Sampieri: “ho chiesto anche quanti fondi sono stati stanziati per questa operazione, perché non si aiuta la consulta facendo dichiarazioni d’intenti senza mettere a disposizione finanziamenti”. “L’integrazione, purtroppo, richiede anche questo sforzo da parte nostra”. Invece, l’astensione della Lega Nord dimostrerebbe il fatto che questo partito non ha pregiudizi e preconcetti nei confronti degli stranieri. Lo dichiara Francesco Aprigliano, Capogruppo dei tre consiglieri della Lega Nord. “Abbiamo voluto dare fiducia a questo nuovo regolamento – dice Aprigliano – anche se in passato la Consulta in qualche modo aveva referenti politici di estrema sinistra, ed era un fatto inaccettabile”. Per la prima volta dal secondo dopoguerra i partiti di sinistra non sono più parte del Consiglio comunale. Il che può significare in questo caso: tolto il dente, tolto il dolore.
Le aspettative
Parlare del ruolo e degli obiettivi della consulta significa anche esprimere le aspettative nei suoi confronti. Simili ma con sfumature diverse le opinioni dei capigruppo sulla futura consulta. “È un luogo dove dare partecipazione a chi di fatto non può farlo tramite il voto”, sostiene Rosetti del PD. In realtà siederanno in Consulta “anche i cittadini comunitari che comunque possono esercitare il diritto di voto amministrativo, facendone richiesta”. Alle ultime elezioni comunali hanno partecipato con percentuali minime. “Ed è un peccato perché in questo consiglio ancora quella voce non si sente”. Dall’altra parte, dimostra in un certo senso che “non sentono la comunità cosi vicina e non sentono interesse a partecipare anche alla vita e al dibattito civico della città”. Quindi, c’è tanto lavoro da fare e “bisogna capire come chi è residente si possa sentire in effetti protagonista della vita della città fino in fondo”. E la Consulta può impegnarsi su questo aspetto, ovviamente rimanendo anche “uno strumento di dialogo e confronto sui temi dell’integrazione”. Parole condivise anche da Balestra dell’IdV che si sofferma sul “ruolo determinante della consulta nella gestione dei rapporti della città con le varie comunità”. Non si tratterebbe di un inizio di percorso perché la prossima sarà la quarta Consulta, ma potrà continuare a impegnarsi “nella direzione dell’integrazione tra le varie comunità”, anche se c’è il rischio che “non serva a nulla”, considerato che “l’ultima Consulta che non ha ottenuto grandi risultati”. Quindi se “gli obiettivi riescono, vanno a beneficio di tutti quanti”.“La cultura dell’incontro”, invece, è al centro del parere di Rondoni sul futuro della Consulta. “Bisogna che ci sia volontà da parte di tutti”. “È giusto che ci sia questa forma di ascolto e di portare istanza”. Come lo sono anche “l’attenzione di accoglienza da parte della pubblica amministrazione” e “la responsabilità che devono dimostrare i partiti”. E sarebbe auspicabile che il Comune incentivi e riconosca l’autonomia di questo organo, in modo che non passi il messaggio che “gli stranieri sono quelli vicini alla forza politica di maggioranza”. Comunque ci sarebbe un problema di capacità della Consulta “di essere rappresentativa al massimo delle realtà straniere, che sono tante, magari non si parlano tra loro e hanno esigenze diverse”. Da cui anche l’importanza della rappresentanza degli stranieri nel “saper monitorare, rappresentare e far dialogare le varie comunità”. Per Sampieri di PDL, “la consulta è uno strumento che deve aiutare sia noi che voi ad arrivare a una convivenza civile e più amichevole possibile”. Ma convivenza esige che “ci sia tutta questa predispozione, che non ci sia razzismo e contrasto. Comunque bisogna essere capaci di seguire gli usi e i costumi perché l’integrazione passa attraverso esse”. Tutta sostanza l’opinione del Capogruppo dei due consiglieri dell’UDC, Gabriele Gugnoni: “è un elemento fondamentale della nostra città, in primo luogo, di collaborazione con le istituzioni”.
La Lega è per giudicare sui fatti “sia il comportamento della consulta che la partecipazione delle comunità straniere all’interno della città”. Secondo Aprigliano, “se la Consulta è un modo per farci capire con quali aspetti sociali ci dobbiamo misurare all’interno della città, noi vediamo di buon grado tutto questo. Ma se servirà a rafforzare opinioni da noi non condivise non possiamo non osteggiarla”.
I rapporti
I rappresentanti di maggioranza e opposizione si trovano sostanzialmente sulla stessa linea per quanto riguarda i rapporti che si possono instaurare tra il Consiglio comunale e la prossima Consulta dei cittadini stranieri. “È estremamente importante che le due parti riescano non solo a parlare ma anche a collaborare”, dice Balestra, indicando anche il punto su cui la politica si deve spendere maggiormente: “dobbiamo decidere che chi vive nel territorio abbia delle regole comuni. Dobbiamo rispettarle tutti quanti e ci possiamo sentire tutti quanti nello stesso modo nella stessa città. Ci dobbiamo arrivare con tutte le differenze che ci sono perché queste devono essere un arricchimento”.
Rondoni pensa che si potranno avere dei rapporti corretti e istituzionali e sicuramente sarebbe bello affrontare certi argomenti come anche fare un consiglio comunale aperto ai cittadini stranieri sui temi cari a loro. Propositivo anche Sampieri. Bisognerebbe trovare “basi comuni di collaborazione, intenti e indirizzi perché ci sono esigenze vostre, esigenze nostre ed esigenze comuni”. Sulla base di queste potrebbe darsi che si trovino delle modalità di gestirle in maniera più opportuna.
Gugnoni dell’UDC è molto contento che i rappresentanti della Consulta potranno continuare a partecipare alle sedute del Consiglio comunale, perché anche se non rappresentano la volontà degli elettori, si fa sentire la voce dei cittadini stranieri. “È un atto di civiltà e democrazia che va mantenuto”. Aprigliano della Lega si aspetta un salto di qualità a livello di dialettica: “siamo aperti e disponibili a discutere e ovviamente vi metteremo alla prova”. “Vediamo cosa siete capaci di fare, quanto siete capaci di coinvolgerci, di farci ragionare e condividere un percorso che potreste trovare interessante anche voi stessi nei propositi della Lega”. Il diritto di voto
La Consulta è un organo consultivo e partecipativo e anche se ha poteri limitati è l’unica opportunità per i cittadini stranieri per partecipare nella vita politica e esercitare il diritto di voto nell’eleggere i 2/3 dei suoi membri. E ovviamente le opinioni dei consiglieri divergono quando si tratta della concessione del diritto di voto amministrativo, riflettendo sostanzialmente le posizioni dei loro partiti a livello nazionale. Per Rosetti il dibattito sul diritto di voto amministrativo “è un falso problema che qualcuno strumentalizza politicamente e ne ha fatto una battaglia, ma in realtà risolverla sarebbe relativamente semplice. Quindi è “un diritto sacrosanto per i residenti” perché chi cresce, lavora in una comunità e contribuisce alla sua vita, deve anche poter esercitare l’elettorato attivo e passivo. Tuttavia, “non porterebbe un impatto, è semplicemente un percorso” perché rimane sempre la questione della partecipazione e di “sentirsi fino in fondo cittadino di quella comunità”.
A favore del diritto anche l’IdV e l’UDC. “Quando riusciremo ad arrivare al punto che i cittadini stranieri residenti a Forlì potranno votare, significa che avremmo fatto un passo in avanti verso una società più evoluta”. Come non ha più senso la cittadinanza fondata solo sull’ius sanguinis. L’Idv è convinto che “vivere, lavorare, mettere su famiglia in un determinato contesto che può essere quello di Forlì, vuol dire fondamentalmente fare parte della comunità, fare parte della società e sentirsi fondamentalmente italiani”. Anche Gugnoni è assolutamente d’accordo sul diritto di voto “basta che abbiano cinque anni di residenza nel territorio”. “La tradizione dell’UDC è una tradizione democratica cristiana per cui non ha alcun tipo di preclusione, pur che ci sia il rispetto delle regole”.
Invece Rondoni e Sampieri rimandano la questione al legislatore nazionale. Ma per Rondoni, a livello locale “si fa un percorso nella legalità e un discorso di partecipazione che a un cittadino straniero è consentito attraverso la consulta”. Lo stesso Rondoni nel 2009 si è candidato “per favorire la partecipazione”, incassando un ballottaggio storico in una delle roccaforti della sinistra. Grazie all’esperienza del “Rondo point”, il suo punto informativo ancora attivo dalla campagna elettorale, ha incontrato in piazza più cittadini e famiglie stranieri di chiunque altro, arricchendosi delle loro storie. E ribadisce la sua posizione su immigrazione e integrazione. “Accoglienza e rispetto” è il suo slogan per quanto riguarda l’immigrazione. “Rispetto della legalità e delle persone”. Invece, integrarsi nel territorio significa “lavoro, casa, diritti e doveri”. Ma allo stesso tempo, conoscere il territorio e la storia e “dare segnali di attenzione alle consuetudini, gli usi, le leggi, la cultura”. Ed è anche un percorso culturale e politico “di integrazione completa” per chi avrà nel futuro la cittadinanza italiana. Il fatto che durante la visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano l’8 gennaio scorso, non c’erano cittadini stranieri ad accoglierlo in Piazza Saffi, dimostra quanto il percorso sia difficile.
La Lega è fortemente contraria. “Metteremmo in atto gli strumenti parlamentari in disposizione per contrastare questa visione di sinistra”. E anche se vivono da più anni nel territorio e contribuiscono economicamente, socialmente e culturalmente. Perché “una comunità che rappresenta il 10% dell’intera popolazione contribuisce per il 10%” e sarebbe ovvio che “non può pretendere di avere il 50% dei servizi che vengono erogati dall’amministrazione comunale”. Quindi anche se gli stranieri attraverso la Consulta dimostrano di saper partecipare e condividere, non se ne parla. “Siamo nettamente contrari e quest’idea non ce la farà cambiare nessuno”. “Neanche il miglior straniero di questo mondo”. “Confrontarsi non significa cedere agli altri tutto quello che chiedono”. E Aprigliano pone una domanda a tutti i cittadini stranieri di oggi che “fra trent’anni saranno probabilmente tutti cittadini italiani”: “Sarebbero d’accordo se venissero scavalcati nei loro diritti da cittadini stranieri appena entrati sul territorio nazionale?”. E se “si dovessero trovare nella spiacevole situazione di dover scegliere le priorità? A chi diamo la casa oggi? E con quale criterio? Credo che verreste certamente sulla posizione della Lega”.
La consulta, un organismo politico
La nuova consulta rischia di diventare bersaglio della politica e dei cittadini. Da una parte, le forze politiche si aspettano attraverso la consulta una maggiore partecipazione, consapevolizzazione, condivisione e convergenza di valori e posizioni da parte di comunità diverse. Ma ci sono alcuni particolari da considerare. All’interno della consulta e ovunque, le tante diversità culturali non contano quanto quelle politiche, che sono poche ma spesso contrapposte o alternative e sulle quali si fondano anche le democrazie rappresentative. Nonostante la consulta sia un organo consultivo, già il fatto che il Presidente e il Vice Presidente siederanno in Consiglio comunale, lo fa diventare anche politico. Nelle sedute del Consiglio della Consulta, i suoi membri nel parlare e difendere le loro posizioni, a prescindere dall’appartenenza culturale, sostanzialmente fanno politica. E quindi è più facile che si ritrovino nelle posizioni dei partiti a partire dalle politiche di integrazione e immigrazione. Dall’altra parte, i cittadini di origine straniera potrebbe avere esigenze immediate diverse dall’opportunità che offre la Consulta. Il suo compito è abbastanza delicato già prima delle elezioni: su quali basi e su quali propositi chi si vorrà candidare chiamerà i cittadini alle urne? Invece dopo dovrà continuare a spiegare ai cittadini qual è effettivamente il suo ruolo, individuando qualche strategia di comunicazione trascendentale. E per incidere maggiormente sulla giunta e sul consiglio comunale, sostanzialmente dovrà di nuovo fare politica. Ammesso che al suo interno trovi una posizione condivisa, se è lungimirante potrà allearsi con le forze politiche in base alle sue priorità. Tuttavia, la sua incidenza sarà sempre limitata perché rimane espressione dei non cittadini. Quelli che non contano. E l’unico deterrente efficace per incidere sulla politica è il voto. Da sempre. Almeno nelle democrazie rappresentative.