Lui si chiama Jozef, variante albanese del nome Giuseppe.
Già, anche qui in Italia ha preferito mantenere la versione originale della sua identità, di quel nome che i suoi familiari gli hanno dato a Scutari, nella sua città natale, in Albania quando è nato nel 1994.
Senza la necessità di entrare in classificazioni o rigidi schemi dettati dai luoghi comuni, che definiscono la generazione di questi ragazzi di origine straniera, che stanno crescendo e maturando in Italia, in cui si stanno istruendo e formando professionalmente, quali “migranti di seconda generazione”, “italiani di adozione” ecc, basta sapere che Jozef è un ragazzo sveglio, dalle idee chiare, intelligente e competente negli ambiti che plasmano i suoi interessi di vita: la recitazione, infatti lui è un giovane e talentuoso attore, e la politica, in cui si è impegnato per un po’ di tempo, essendosi candidato alle elezioni amministrative 2019 a Vercelli.
Questo è un esempio brillante del privilegio di cui possa usufruire un paese per la sua gioventù, in cui si effettua la fusione del meglio delle valide radici di origine di un altro paese e delle ali delle opportunità che la terra attuale, è solita ad offrire alle nuove generazioni.
Ciao Jozef, benvenuto su Albania News.
“Jozef” per “Giuseppe”:
Come primo impatto, forse una cosa scontata, tuttavia ci tenevo a fartela presente, nel tuo caso mi ha colpito il legame con l’arte da un lato e, dall’altro canto, l’assenza di un nome d’arte o meglio: la tendenza dei personaggi di origine straniera di omologarsi nel paese in cui vivono e lavorano, italianizzando e modificando il proprio nome straniero, tu non l’hai applicata. Segno di forte personalità, non è così?
Il mio nome ha una storia molto importante per la mia famiglia, un giorno forse la racconterò, non è stato scelto a caso. Per me è segno di appartenenza. Il nome, proprio perché ci è stato dato e non l’abbiamo scelto, racchiude in sé ciò che siamo stati prima di nascere, definisce i nostri genitori e la terra d’origine. Non mi sono ancora posto il problema di un nome d’arte, per il momento non ne sento la necessità, mi piace molto il mio nome, ho due J e una Z, sono lettere poco utilizzate nei nomi italiani. Poi il mio nome e la mia personalità mi ha portato nel tempo ad avere un sacco di soprannomi così che quando mi servirà un nome d’arte sarà già tutto pronto.
Come nasce la tua passione per la recitazione?
È accaduto a diciotto anni in maniera abbastanza casuale, ho trovato un foglio per terra che pubblicizzava un corso di formazione teatrale, l’ho raccolto e ho deciso di provare sfidando tutte le mie paure. Ero un ragazzino molto timido e insicuro, se ci penso mi chiedo dove ho trovato il coraggio di osare così tanto. Oggi mi sembra una banalità ma se mi guardo indietro sento che la vera grande rivoluzione l’ho avuta a diciotto anni. E poi solo dopo tanti anni ho capito che era destino, io sono nato a Scutari che è un teatro a cielo aperto, siamo un mix di tragedia e commedia, i miei genitori mi hanno trasmesso involontariamente un forte bisogno di esprimermi attraverso l’arte drammatica, era inevitabile.
Cosa ha significato per te la presenza di un nome quale Lin Delija, il noto pittore albanese, naturalizzato italiano nel tuo albero genealogico? Ispirazione, responsabilità od altro?
Anche se non vuoi o non ci pensi, la storia dei tuoi antenati vive in te e ti muove nel mondo. Io fin da bambino ho iniziato a fare domande sul passato, il perché non lo so, so solo che l’ho fatto. La storia di Lin Delija è sempre stata fonte di ispirazione per me, un uomo che non si è mai arreso ai compromessi. Però la mia famiglia non mi ha mai imposto niente, quindi nessuno mi ha chiesto di inseguire le orme dello zio; certamente essere legato ai Delija nell’albero genealogico mi fa onore, la loro è una storia tragica ma bellissima che io rispetto tantissimo e anche questa come ogni storia dei miei antenati è per me fonte di grande ispirazione. Oltre che come pittore, Lin Delija avrei voluto tanto conoscerlo bene nella sua persona perché so essere stato portatore di una grande personalità ma è mancato l’anno stesso in cui sono nato. Quindi lo conosco solo tramite mio padre che l’ha amato tanto ed è stato con suo zio negli ultimi anni della sua vita e questo mi permette di porre su di lui un alone di mistero che è sempre bello lasciare agli artisti.
Quanta finzione noti nella società in cui viviamo e quanta realtà, nelle fiction in cui eventualmente interpreti? È la fiction che solitamente attinge dalla realtà o viceversa?
È una domanda difficile, mi serve un pomeriggio per parlare di questo mi viene più semplice raccontare una mia esperienza sul set che lascia intendere. Per interpretare Jacopo non sono andato chissà dove a cercare il personaggio ma mi sono chiesto come Jozef potrebbe reagire al contesto che la sceneggiatura ha ricreato. Ho dovuto piangere ad un certo punto nel film, non è stato facile ma ce l’ho fatta. Piangere è un fatto molto intimo ed estremamente vero, si può fare anche per finta ma la camera ti becca subito. Lì la realtà e la fiction si confondono.
Per provare un sentimento vero, sul set come sul palco, la vita dell’attore si confonde a quella del personaggio, quindi l’attore deve avere una forte personalità per saper distinguere le due cose e ricordarsi sempre che tutto è un gioco, e dall’altra parte deve avere una forte sensibilità e attingere dalle proprie debolezze per saper riutilizzarle quando necessario. È un lavoro bellissimo, un’arte magica. E poi quando tutto finisce e finalmente smetti di piangere perché la regista ha dato lo stop e ha detto che è buona in quel momento vorresti sotterrarti, ti vergogni tantissimo perché ti rendi conto che hai pianto per davvero davanti a delle persone.
Chi di noi nella vita ha il coraggio di piangere davanti a qualcuno? Di solito si piange in macchina o in bagno perché la vita non ci da questo lusso, non possiamo mostrarci deboli nella vita vera soprattutto se sei un uomo e sei albanese!
Devi dimostrati forte, mai debole. E invece ad un certo punto ho capito che la mia forza sta proprio nella fragilità e questo mi permette di andare avanti senza paura di esprimere dei sentimenti. E l’attore quando recita ha il lusso di provare dei sentimenti e di farlo per davvero e questo è bellissimo, forse la prossima volta che dovrò piangere non mi vergognerò poi così tanto.
Un’ulteriore presentazione di te stesso per i nostri lettori per cortesia…
Sono nato a Scutari nel ’94, dopo una breve infanzia albanese all’età di sei anni mi sono trasferito a Vercelli la mia città di adozione, insieme ai miei genitori. Qui ho costruito le basi solide della mia vita. Ho scoperto il teatro e a Milano, ho iniziato a fare il modello. Mi sono diplomato alla scuola per attori del Teatro Stabile di Torino lì sono entrato in contatto con grandi personalità del panorama teatrale italiano: Martone, Malosti, Lanera, Romano, Defranceschi e tanti altri, tutti fondamentali alla mia crescita artistica. Ho intrapreso un percorso difficile ma stimolante che mi permette di gustare ogni mio piccolo successo; con passione ed eleganza continuo a insistere nel mio lavoro che tanto mi piace e mi gratifica sperando così di essere un esempio per tanti altri giovani che vogliono intraprendere sentieri tortuosi.
Quanto sei legato all’Albania? Ci torni frequentemente? Parli l’albanese?
Mi piace tanto parlare albanese, lo parlo con i miei genitori e se mai avrò un figlio gli insegnerò l’albanese. Ci torno spesso e ogni volta mi fa un effetto strano perché mi appartiene eppure la sento così lontana. Diciamo che quando torno in Albania mi sento straniero a casa mia. Ho un legame di appartenenza molto forte e ciclicamente ho bisogno di ritornarci e proprio perché sono così legato alle mie radici mi posso poi permettere il lusso di andare lontano senza guardarmi indietro.
L’Albania rimane comunque grande fonte di ispirazione per me, spesso capita che amici o conoscenti mi chiedano com’era l’Albania di un tempo e io inizio a raccontare e loro quasi non credono alle loro orecchie, gli sembra un film e a me che tanto so del nostro passato ma non avendolo vissuto sulla mia pelle non saprò mai realmente cos’ha provato la generazione dei nostri genitori e nonni, lì mi torna in mente una frase di un amico di famiglia che una volta mi disse: “A voi ragazzi nemmeno una tesi di laurea vi basterebbe per capire cosa abbiamo passato”.
Hai pure la passione della politica. Finora, questo tuo interessamento alla politica, cosa ti ha procurato ed insegnato?
Scontrarmi con la politica locale è stata un’esperienza importante, ho conosciuto delle persone molto valide, realmente interessate al proprio territorio e alcuni sono diventati amici fidati. Adesso un po’ me lo chiedo con che coraggio mi sono candidato ma la vita a volte mi mette difronte a delle sfide e le accetto soltanto perché una volta superate e uscito dalla tua confort zone impari a conoscerti più a fondo.
E’ stato un periodo molto bello ma non lo rifarò, non mi piace elemosinare voti -cosa che non feci e infatti ne ho presi orgogliosamente pochi- inoltre la politica mi ha fatto spendere tanto delle mie energie -ingenuo come sono c’ho creduto veramente che qualcosa potesse cambiare- ma queste energie sono andate sprecate perché da un lato alcuni partiti non sanno comunicare con le persone e dall’altra parte la gente è sempre meno interessata alla politica, una grande maggioranza non vota perché è convinta che la politica non gli appartiene e quelli che votano, spesso lo fanno a caso senza nemmeno saper votare -molti hanno sbagliato il mio nome e l’hanno segnato nella lista sbagliata.
Diciamo che ad oggi sono ancora troppo acerbo per la politica, la metto in un cassetto che aprirò forse tra quarant’anni. Per ora voglio dedicarmi al fare l’attore anche se c’è da dire che non ci sono grandi differenze tra il fare l’attore e il politico; anzi molti politici hanno rubato la scena mediatica ai comici. Quindi se in entrambi i casi devo recitare e illudere le persone, beh preferisco farlo da attore
Il tuo recente impegno come attore, che impressioni ti ha suscitato?
La mia esperienza sul set di Sul Più Bello mi ha insegnato molto su come devo lavorare davanti alla camera e ho capito che mi piace tanto. C’è da dire che mi manca il teatro, dopo il lockdown mi sono visto annullare tutti i progetti teatrali, ma so che è momentaneo e che presto riuscirò a destreggiarmi tra le due arti, uno non esclude l’altro. Comunque ancora non ho visto il film quindi non so cosa ho fatto, quando lo vedrò capirò ancora più cose su quello che devo o non devo fare e se la camera mi ha amato come l’ho amata io forse questa relazione potrà durare a lungo.
Progetti futuri, inerenti alla tua professione di attore e perché no, la politica?
Il mio unico impegno politico per il momento sarà andare a votare per il referendum. Come attore navigo a vista.
Resto in attesa dell’uscita del film nelle sale il 22 ottobre, sono molto emozionato e sono sicuro che Sul Più Bello sorprenderà tantissimo, anche i più scettici. La regista Alice Filippi ha avuto grande sensibilità artistica e ha diretto al meglio senza trascurare gli attori e la recitazione e secondo me sarà la prima grande vincitrice di questa scommessa.
Noi attori abbiamo praticamente vissuto insieme durante le riprese e l’affetto che si è creato tra di noi la camera è riuscita a coglierlo -alla camera non sfugge mai nulla. Inoltre, ci tengo a dirlo, Sul Più bello è stata una delle ultime produzioni ad interrompersi prima della quarantena e la prima a ripartire appena tutto era sotto controllo e in sicurezza.
Aver portato a termine un grande film come questo in un momento storico così tragico è stata la prima vera vittoria e questo è merito dei nostri produttori Roberto Proia e Gianluca Leurini che hanno protetto il lavoro artistico e hanno fatto il possibile per farci lavorare liberamente. Abbiamo tutti lavorato con il cuore e questo ci regalerà grandi gioie in futuro, ne sono certo.