Chi andava in Austria prima dell’avvento dell’euro, probabilmente si ricorderà la banconota da 20 scellini, un taglio di basso valore che circolava in grandi quantità. In quel banconota era effigiato un signore dall’aspetto decisamente ottocentesco, con i baffoni e i lunghi capelli ondulati. Quel signore nato a Venezia il 10 gennaio 1802 di origine Albanese si chiamava Carlo Ghega ed è stato uno dei più geniali costruttori di ferrovie che la storia abbia mai conosciuto.
La ferrovia del Semmering, quando il treno era un mito di progresso
L’ingegnere Carlo Gegha oppure il “Cavaliere delle Alpi” com’è stato soprannominato nel libro di Aldo Rampati (Trieste: Edizioni “Italo Svevo”, 2002) è considerato un mito nella storia della costruzione ferroviaria Austriaca, simbolo dell’introduzione di una nuova dimensione della mobilità. La Ferrovia del Semmering è riconosciuta come la più famosa ferrovia di montagna, facendo riferimento alle enormi difficoltà date dal territorio in cui è costruita e dalle grandi differenze di altezze superate.
Essa collega la città di Gloggnitz a Mürzzuschlag, attraversando il tratto del Semmering che dà il nome all’intero tracciato. A Mürzusschlag si può visitare il museo dedicato a questa storica ferrovia.

La prima ferrovia di montagna d’Europa ad essere costruita in 6 anni, tra lentezze burocratiche. I lavori iniziarono nel 1848 e finirono nel 1854, e lungo il suo percorso di 41 km ci sono 14 gallerie (tra le quali una lunga 1.431 metri), sedici viadotti (alcuni dei quali a due piani) e più di 100 ponti (in pietra o di ferro). Il 60% del percorso della tratto del Semmering affronta dislivelli con pendenze comprese fra il 20 e il 25 per mille, e per quasi l’intera sua lunghezza il treno viaggia in curva, con raggi di curvatura spesso inferiori ai 200 metri. Le mura di contenimento costruite lungo il percorso, le stazioni e gli edifici di servizio furono costruiti utilizzando il materiale di scarto estratto dagli scavi delle gallerie. Questa ferrovia è stata progettata e realizzata dall’Ingegnere di origine Albanese, Carlo Gegha (Carl Ritter Von Ghega come viene conosciuto nei paesi Germanici). Egli getto via una delle dogmi della scienza ingegneristica rendendo possibile la realizzazione di un opera la quale era irrealizzabile prima attraversando un’ altezza irraggiungibile nel passato, e stiamo parlando di 1000 metri sopra il livello del mare. Quest’opera gigantesca lo inserisce Gegha nel grande libro degli costruttori celebri nel mondo.
La ferrovia del Semmering, fin dalla sua costruzione fu salutata come un’opera di “architettura del paesaggio”, intendendo con questo la felice armonizzazione di tecnologia e natura che offriva un’esperienza di viaggio unica. Si parte da Vienna alle otto del mattino e dopo circa un’ora si arriva al passo del Semmering. Il Semmering copre il tratto che si va dai 436 metri di altitudine fino al punto più alto a 895 metri sul mare. La ferrovia apriva al turismo gli scenari naturalistici del Semmering, ragione per cui in pochi anni vennero costruite numerose abitazioni e alberghi. All’inizio del XX secolo l’area conobbe un enorme sviluppo anche come meta per gli appassionati di sport invernali, ma tutto questo si interruppe con lo scoppio della prima guerra mondiale, anche se fu grazie a ciò che il paesaggio naturale e culturale si mantenne intatto per i decenni successivi.
Nel 1998 la ferrovia del Semmering è stata iscritta nell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. La figura leggendaria di questo colosso si colloca tra i 100 “più grande Austriaci” della storia della nazione austriaca,insieme a Mozart, Freud, Maria Teresa, Franz Joseph, Kafka, Beethoven, Schubert, Strauss, Brahms, Alois Negrelli ( progettista del Canale di Suez) e tanti altri. Il suo nome è coperto da tanti enigmi, relativi alla nascita, morte e la sua origine, ma anche altri elementi finora ignoti della vita di questo genio della ferrovia del Semmering: che rimarrà connessa alla vita di Gegha, come ha accennato l’ex presidente dell’Austria Franz Jonas.
Carlo Ghega – dall’infanzia alla carriera
Nel 10 Gennaio, 1802 la famiglia del capitano della marina Veneziana, Antonio Gegha e Anna Pribich annunciarono la nascita del figlio minore Carlo Ghega. Antonio e la sua famiglia abitavano nell’est della città in via Garibaldi e Rio di di S.Anna a “Sestiere di Castello”, un quartiere degli ufficiali e dipendenti della Marina Veneziana. I primi insegnamenti Carlo gli prese nella scuola elementare vicino alla famiglia. Il padre di Carlo, Antonio voleva che suo figlio seguisse la carriera della marina militare, non staccandosi dalla tradizione famigliare. Non appena 13 anni la vita di Carlo prese un’altra direzione, una scelta questa presa da suo padre dopo che gli Austriaci presero controllo di Venezia, ma valutando nel frattempo le dotti di Carlo, decide di spostare suo figlio dal “Reale Collegio di Marina” al “Collegio Militare di Sant’Anna”. Le materie che si insegnavano là erano: matematica, geometria, trigonometria piana e sferica, algebra fisica, la teoria delle oscillazioni e la meccanica dei corpi solidi, le quali diedero a Carlo una completa formazione nelle materie delle scienze esatte.
Essendo in possesso delle due scuole Carlo si registra nel II anno del corso triennale presso la Facoltà delle Scienze Filosofiche e della Matematica all’Università di Padova, dove insegnavano i professori e scienziati più bravi del tempo. Carlo passo direttamente al secondo anno, grazie al suo talento e del suo eccezionale intelletto era riuscito a saltare il primo anno, ma non passò molto tempo quando Carlo prese gli esami del secondo anno ad Agosto 1818. Ma questo giovanotto ad appena 15 anni mentre seguiva il corso di Laurea triennale aveva iniziato a lavorare per l’Ispettorato Centrale delle opere idriche e delle strade per la regione del Veneto, parte del Impero Austro-Ungarico. A soli 17 anni si laureò in ingegneria presso l’Università di Padova, frequentando nello stesso tempo l’Accademia veneziana di Belle Arti e interessandosi anche alla matematica. Da lì in poi la sua carriera fu veramente rapida. A vent’anni entrò come apprendista nell’Amministrazione delle Opere Pubbliche delle Province Venete, occupandosi della costruzione di strade, in particolare di quelle dirette verso le Alpi.
In seguito ottenne la direzione centrale a Venezia, ove rimase in carica fino al 1836 quando venne assunto dalla Banca austriaca Rothschild per la realizzazione della Kaiser Ferdinand Nordbahn, la ferrovia che avrebbe collegato Vienna a Trieste e, verso i Carpazi, con Bochnia (Galizia). Li gli fu assegnato la funzione dell’ingegnere “praticante”, ma tuttavia il giovane Carlo non ne era pienamente soddisfatto nel riempire il suo ego e questo lo dimostra il fatto che seguiva dei corsi di architettura presso “L’accademia delle Belle Arti”. Nel 1818 riceve il titolo “Ingegnere architetto” mentre nel 11 Giugno 1819 prese il “Dottorato in Matematica” e viene promosso a pieni voti con la lode davanti alla Commissione dell’Università di Padova. Nel 1852 durante i lavori della ferrovia del Semmering, Carlo Ghega viene nominato Direttore Generale per la costruzione delle ferrovie per l’impeto Austro-Ungarico. Carlo viene a mancare nel 1860 da un affezione polmonare, ancora prima di finire la sua opera ferroviaria iniziata in Transilvania.
La presenza degli Albanesi a Venezia
La questione della sua origine è stato l’argomento più discusso in tutte le pubblicazioni di natura scientifica e pubblicista. La letteratura studiata fino a d’oggi potrebbe essere considerata un documento valido, come accenna il ricercatore della storia Austriaca, Enderer, durante la conferenza tenuta nel ’75 riferendosi all’anniversario della ferrovia del Semmering nel 1929 disse: “Si pone la domanda se gli italiani possano considerare Gegha come loro connazionale. Da sangue e dalla provenienza è impossibile”.
Invece uno degli studiosi di Ghega, Paul Mechler direttore del Museo ferroviario di Vienna, scrisse nel 1960: “Si sta mettendo ancora in discussione dalla parte Veneziana l’origine della famiglia Ghega. Loro hanno servito a San Marco come ufficiali della marina per tante generazioni”.
In un manoscritto del 3 Novembre 1739 viene rappresentata la linea in generazioni e questo lo testimonia anche il suo cugino Giovanni Battista Gegha, il quale serviva come prete nella chiesa di San Marco, facendo riferimento ai documenti trovati nella biblioteca del museo Correr di Venezia. Fino a d’oggi rimane chiaro che il cognome Ghega, non deriva soltanto dal fatto che appartiene alla regione montuosa del nord dell’Albania oppure al dialetto che si parla nel nord dell’Albania (facendo paragone ai “Tosk”) che vivono nei terreni meno aspri del sud, ma tuttavia viene ereditato nel albero genealogico della sua famiglia, provenienti dal villaggio di Kallmet di Lezha, provincia di Scuttari. (Gjergji) lascio come suo erede, su questa linea, Cristoforo, ufficiale della marina a Venezia, dove perse un braccio nella guerra Veneziana di Thesalia. Cristoforo lascio come erede in questa linea Gasparo, colonnello della marina. Egli ebbe tre figli: Antonio, il padre di Carlo, Giovanni Antonio e Angela.
Bisogna sottolineare il fatto che quando si parla della provenienza della famiglia di Gegha non è mai stato nominato il fatto della presenza della colonia Albanese da più di sei secoli portando con loro molte figure celebri tra i quali, scienziati, pubblicisti, artisti, ufficiali e tante figure pubbliche, perché Venezia era il centro che raccoglieva figure Albanesi dopo la morte di Giorgio Castriota Scanderbeg, e qui nominiamo Gjon Buzuku, Marin Barleti, Marin Becikemin, Leonik Tomeon, ecc.
In un encomio del 1503 diretto al Ducato di Venezia e al Senato lo scrittore Albanese, originario di Scutari disse:
“Noi cittadini di Scutari quando raggiungemmo Venezia eravamo in centinaia uomini, donne e bambini”.
La presenza degli Albanesi a Venezia viene comunque trasmessa anche tramite la testimonianza dell’opera di Evangelica Skoufari intitolata “I forestieri a Venezia tra Medievo e prima Età Moderna”, edizione dell’Università di Padova nel 2003. Tramite il suo racconto comprendiamo che i mercanti Albanesi si stabilirono a Venezia nella seconda metà del XIV secolo. Anche Robert Elsie ha scritto sull’origine e provenienza di Carlo Ghega.
Gli Albanesi erano i primi emigranti che fondano una loro società (fratellanza) “La scuola di San Severo e San Gallo nel 1442 viene conosciuta con il nome “Scuola dei Albanesi” e che mirava ad assistere tutti quei Albanesi che arrivavano a Venezia. La loro presenza nella vita economica di Venezia sembra sia stata presente durante tutti i secoli fino al XX secolo.
I fatti che dimostrano la presenza degli Albanesi si conferma dal scambio della corrispondenza della grande scrittrice di origine Albanese Eleni Gjika (Dora D’Istria)con il grande scrittore di origine Arberesh, De Rada. Dora D’istria parla della presenza degli Albanesi in tutti aspetti della vita a Venezia. Ancora oggi dopo un secolo e mezzo Venezia conta 9 strade e piazze che conservano dei nomi Albanesi:
- 1.Calle dei Albanesi (Canarregio)
- 2.Ramo dei Albanesi (Canarregio)
- 3.Campiello d. Albanesi (Canarregio)
- 4.Calle dei Albanesi (Santa Croce)
- 5.Campiello dei Albanesi (Santa Croce)
- 6.Calle dei Albanesi (nahe Rio Terá)
- 7.Calle dei Albanesi (San Marco)
- 8.Calle dei Albanesi (Castello)
- 9.Ruga Apolonia (Castello)
Questa è la prova migliore della presenza degli Albanese e della continuità di quest’origine a Venezia dal medioevo fino ai giorni nostri.
Le opere di Carlo Ghega
Le realizzazioni di Ghega in Italia sono utilizzate ancora ai nostri giorni. La tratta Vienna – Graz con l’arrivo a Trieste nel 1857. La stazione è stata ricostruita in epoca più tarda, ma chiunque vada a Trieste in treni passa sopra il viadotto di Barcola, opera di Ghega, mentre il grandioso viadotto che porta a Opicina e quindi in Slovenia è sempre meno utilizzato dalle FS (anzi, pare che la stazione di Opicina sia su punto di chiudere). Un altro lunghissimo viadotto su quella linea, a Borovnica, in Slovenia, il quale è stato distrutto durante la seconda guerra mondiale e mai più ricostruito.
Tra le sue opere realizzate in territorio italiano, tra il 1820 e il 1824 fu impegnato nella realizzazione del tratto bellunese della strada d’Alemagna che ancora oggi si percorre per andare a Cortina d’Ampezzo, e nella costruzione del nuovo tribunale di Treviso (1823-1824). Si occupò anche di opere idrauliche per la regolazione del basso Po, tra il 1829 e il 1833, e della progettazione delle strade della Valsugana, compreso il difficile tratto tra Trento e Pergine.
Tuttavia, possiamo dire che il “vero amore” lo incontra nelle strade ferrate: le ferrovie. Viaggiò molto, a scopo di studio. Prima in Inghilterra, dove nel dicembre del 1836 incontrò anche Robert Stephenson – altro brillante ingegnere britannico nonché membro della Royal Society e costruttore della prima locomotiva a vapore (la Rocket) e della prima linea ferroviaria , poi in Belgio. Ma fu nel viaggio statunitense, dove visitò ben 39 linee ferroviarie, che rimase affascinato dalla linea Baltimore-Ohio. La costruzione e l’esercizio di questa offre le esperienze le più istruttive dimostrando come fosse possibile rimpiazzare con una costruzione semplice e di poca spesa l’altra più complicata e dispendiosa d’uso in Europa ed introdurre con successo i locomotori qual forza movente esclusiva anche ove arditi siano i rapporti di inclinazione e di curve, laddove i molti ritenevano impossibile l’impresa se non con l’ausilio di mezzi a cremagliera o trainati dalla forza dei cavalli.
La sua eredità, oltre che fisica e tangibile nelle opere che ancora oggi vengono percorse da molte persone, è stata applicata alla base delle costruzioni dei più difficili tratti di ferrovia di montagna in tutto il mondo, grazie ai suoi studi, compresi quelli ad alta quota della cordigliera delle Ande. A lui sono state intitolate due strade, una a Vienna e una a Trieste.
Il suo lascito, composto da 274 titoli di opere manoscritte e a stampa, di vari autori e diverse tipologie, e l’aggiunta di 14 “soprannumerari”, è stato donato e tutt’oggi conservato alla Biblioteca Nazionale Marciana. Nel suo testamento, datato 21 gennaio 1858, egli scrisse infatti:
“Lascio tutti i miei libri e manoscritti italiani, francesi e tedeschi in proprietà della pubblica Biblioteca di S. Marco in Venezia”
La collezione è composta di edizioni di opere letterarie antiche e moderne, scritti di storia, trattati di materie tecnico-scientifiche. Una parte del materiale manoscritto, comprendente la Relazione e progetto della ferrovia sul Semmering in lingua tedesca, èd è stata catalogata nella classe IV dei manoscritti italiani della Biblioteca.
Le Poste austriache nel 1936 e nel 1952 gli dedicarono alcuni francobolli mentre il governo austriaco nel 1967 stampò una banconota commemorativa da 20 scellini raffigurante da un lato il ritratto di Ghega e dall’altro un ponte della ferrovia del Semmering. I suoi studi furono ripresi in tutto il mondo per costruire i tratti di ferrovia di montagna più impegnativi, come quelli ad alta quota della cordigliera delle Ande.
Carlo Ghega – Titoli e commemorazioni
Per gli austriaci fu Carl Ritter (Cavaliere) Von Ghega, Imperial regio Consigliere Ministeriale, Cittadino onorario di Brno e Trieste, Commendatore dell’Ordine di Francesco Giuseppe, Cavaliere dell’Ordine della Corona Ferrea di III Classe, Cavaliere dell’Ordine di Leopoldo, Commendatore dell’Ordine Toscano di Giuseppe. L’associazione degli Ingegneri ed Architetti Austriaci fece erigere una tomba monumentale nel cimitero centrale di Vienna.