Occorre molto lavoro. Non semplicemente per fare qualcosa di solito, ma per conservare quella ricchezza nazionale che può sparire con molta facilità, benché valorizzata e difesa dall’UNESCO.
Istref Dobi, direttore del Centro Culturale di Valona e del Festival Folkloristico Nazionale dell’Isopolifonia, solleva la preoccupazione per il rischio della perdita dei valori dell’isopolifonia e, in un’intervista per “Shekulli”, esprime la sua delusione per il Ministero della Cultura, che per primo deve contribuire alla sua salvaguardia.
Valona è oramai nota per essere una delle tappe dove “s’imbandisce la tavola” dell’isopolifonia. Com’è nata l’idea? E per quali ragioni il festival ritorna qui anno dopo anno?
Da 10 anni Valona è diventata non solo la tappa della “molteplicità di voci”, ma anche una base solida per proporre e “catapultare” nuovi gruppi ed elementi che si occupano di questo genere folkloristico. Fin dall’esordio del festival, nel 2001, il mio principale obiettivo è stato quello di conservare e trasmettere alle nuove generazioni questo valore inestimabile che giunge a noi dopo secoli, e che, ad esser sincero, dal 1990 agli inizi del 2000 ha avuto una stagnazione un po’ preoccupante, poiché buona parte dei gruppi aveva iniziato ad allontanarsi dalla scena e a indirizzarsi agli studi di registrazione.
È noto che, nella maggior parte dei casi, i direttori di tali studi non erano specialisti né conoscitori del folklore, tantomeno della “molteplicità di voci”. Una parte considerevole delle registrazioni di questo periodo mostra la rilevante mancanza del tratto melodico, uscendo dal solco della tradizione, e con testi a volte privi di valore; inoltre la qualità della registrazione e della trasmissione lasciava molto a desiderare.
Pertanto, assieme ad un gruppo di musicisti e specialisti del folklore abbiamo deciso di dare avvio ad un festival del genere, riportando questi gruppi dagli studi alla scena. La prima edizione del festival si è svolta nel mese di maggio del 2001 presso Sheshi i Flamurit (Piazza della Bandiera). Seppur modesto, assieme al festival “Oda Dibrane” organizzato dal Centro Culturale di Peshkopia, è oggi il festival più longevo del nostro Paese, che nel corso degli anni ha visto circa 300 gruppi dell’isopolifonia labe e tosca calcare la scena, ed è stato alla base dei due festival di Argirocastro, quello del 2004 e quello del 2009.
Sappiamo della tendenza emergente delle correnti moderne verso il folk. Si è verificata anche nell’isopolifonia?
In realtà, facendo riferimento ai modelli della “molteplicità di voci” labe, oggi una parte considerevole dei compositori ha scritto ed elaborato molte delle canzoni più belle di questo genere. Le sfide iniziali risalgono agli anni ’50, quando il noto artista di Valona, Themistokli Mone, ha intrapreso la rielaborazione di alcune di esse e ha portato nella canzone della città di Valona valori che hanno resistito e resisteranno nel tempo. Possiamo ugualmente menzionare Reshat Osmani, Haxhi Dalipi ed altri.
Dopo gli anni ’90, con le numerose interferenze e soprattutto con la “libertà creativa”, alcuni dei valori della “molteplicità di voci” labe si sono deformati. Sia nella “molteplicità di voci” folkloristica, sia in quella accompagnata da strumenti, si sono avute numerose deformazioni, che, a dire il vero, il nostro festival ha cercato di correggere. Oggi dalle rielaborazioni della “molteplicità di voci” labe, compositori come Adi Hila, Edi Bilali, etc., hanno realizzato canzoni molto riuscite, cantate con maestria da cantanti giovani e con esperienza, come Aurela Gaçe, Mariola Kaçani, Rovena Ibrahimaj, Poni, Silva Gunbardhi, e qualche altro.
Noto con piacere che le realizzazioni basate sulla “molteplicità di voci” labe sono tra le più in vista nel mercato musicale albanese odierno e affermo con orgoglio che oggi la canzone della città di Valona è tra le melodie con le minori interferenze di tutta la musica albanese, come ricorda anche il ben noto compositore Agim Krajka, il quale in una trasmissione televisiva l’ha rievocata con le parole “beati i vlonjati”.
Articoli correlati
Con quali sfide si confronta oggi l’isopolifonia?
Come può notare, io non ho menzionato in nessun caso la parola isopolifonia o polifonia. Da qui inizia la prima sfida della “molteplicità di voci” labe e tosca, fin dalla denominazione. Le altre sfide sono numerose, a partire dalla mancanza dei rapsodi fino alla carenza dei costumi popolari della zona. Proprio su questo punto deve intervenire lo Stato.
È vero che il Comune di Valona finanzia in misura modesta questo festival, e che ci sono anche degli specialisti a Valona e nel Centro Culturale della città; però, basta questo per conservare e tramandare alle generazioni future tale valore inestimabile, tale “archeologia vivente”? Non dobbiamo impegnaci tutti per incentivare oltre ai gruppi, i mittenti e i destinatari di questo genere, anche i giovani rapsodi?
Lo sappiamo che i migliori rapsodi di Valona, iniziando dal grande Lefter Çipa, Feti Brahimaj, Muhamet Tartari, Nexhip Seraj, Pelivan Barjami e molti altri, hanno un’età superiore ai 60 anni? Chi scriverà e farà ricerche su questi gruppi della “molteplicità di voci” tra 10-15 anni? Dunque, queste e tante altre – dalla mancanza dei luoghi per le prove, la mancanza di fondi, la dimenticanza dei comuni e soprattutto dei distretti, luoghi in cui al meglio si canta e si indaga “la molteplicità di voci”, l’allontanamento degli esecutori di tale genere dai loro villaggi verso le città, etc. – sono sfide difficili con cui si scontra la “molteplicità di voci” tosca e labe.
In una recente conferenza mediatica, Lei ha affermato che esistono problemi per lo svolgimento di simili attività. In cosa consistono?
Non solo in questo tipo di attività, ma in tutte le attività culturali e artistiche, esistono problemi. Ma soffermiamoci sulla nostra situazione: non si può realizzare come di dovere un’attività culturale esclusivamente con il sostegno del Comune o si qualche donatore; finanziamenti simili, ad onor del vero, sono molto modesti.
Il Ministero del Turismo, della Cultura, della Gioventù e dello Sport (MTCGS), dei dieci festival svoltisi, ne ha finanziati solo due, ha contributo con somme irrisorie ad altri due o tre, e negli ultimi anni assolutamente nulla. Non intendo che il Ministero debba per forza ideare, progettare e realizzare ogni evento culturale.
Secondo l’esperienza mondiale, queste attività sono sostenute dai Centri Culturali comunali o privati. Ci siamo rivolti in questi anni al MTCGS e dal 2008 non ci è stato approvato nessun progetto, né per il Festival della Molteplicità di Voci, né per il Festival del Folklore Mediterraneo; nel 2010, dopo che ci era stata promessa una somma di un milione di lekë, avevamo persino inserito il MTCGS come sponsor del festival in tutti i messaggi promozionali.
Il Festival oltre che a Valona si è svolto anche a Saranda e Fier, e ancora una volta il direttore di questo Ministero non ha ritenuto possibile il finanziamento di tali attività. Quindi, con una collaborazione migliore tra il MTCGS e i comuni e i distretti, che si sforzano in tutti i modi, non solo per rinvigorire la vita culturale e artistica delle differenti città e zone, ma che anche per conservare con gelosia i valori folkloristici, senza guardare al fatto che il comune o il distretto sia di sinistra o di destra, ma valutando in modo prioritario il valori di ciascun progetto presentato alla direzione del patrimonio spirituale, ritengo che si potrebbero fare passi in avanti.
“L’isopolifonia popolare albanese” si inserisce nella lista dei “Capolavori del patrimonio culturale orale dell’umanità”, tutelati dall’Unesco. Attualmente, gode della dovuta attenz
ione qui nella sua sede per ricoprire un simile statuto?
Innanzitutto, bisogna ringraziare coloro i quali si occupano della predisposizione della documentazione e della realizzazione di questo grande progetto, l’accademico Vasil Tole e gli altri, cosa che rende possibile e garantisce non solo la salvaguardia, ma anche la divulgazione e la prosecuzione di questo valore inestimabile del nostro popolo. Dal giorno della sua istituzione sono passati sei anni.
A dire il vero, occupandomi ogni anno del Festival dell’Isopolifonia, avevo pensato che si sarebbe fatto si più. Sono stato tra coloro che hanno proposto fin dal 2005 di creare la “Rete Nazionale delle Associazioni della Polifonia”. Constato con dispiacere che non è stata possibile la sua realizzazione nonostante alcuni tentativi siano stati fatti. Si sono realizzati alcuni festival a Tirana, Fier e Mallakastra, ma anch’essi si sono infossati senza avere un buon avvio.
Ritengo che nel MTCGS debba esserci un ufficio specifico per il coordinamento di questi valori, sia in Albania sia in collaborazione con l’UNESCO. Quest’ufficio si può potenziare anche con specialisti dell’ “Epos dei Kreshnikë”, perché presto anche questo valore passerà sotto la tutela dell’UNESCO. Si devono fare richieste non solo presso gli uffici di quest’organizzazione ma anche presso altri, per stimolare, valorizzare e perpetuare questo “prezioso testamento” che ci hanno lasciato i nostri avi.
Il Centro Culturale di Valona come organizzatore del Festival Nazionale dell’Isopolifonia si adopererà con tutte le sue possibilità umane e artistiche per conservarlo e trasmetterlo anche negli anni a venire e soprattutto nell’anno prossimo, anno in cui ricorre il 100 anniversario della Proclamazione dell’Indipendenza dell’Albania, e in cui Valona senz’altro diventerà non solo l’arena storica ma anche culturale e artistica dell’Albania.
Feti Brahimi: ci vuole molto lavoro“Janinës ç’i panë sytë” (Che videro gli occhi di Janina), cantata dal gruppo di Lapardha, annovera sempre sei maestri virtuosi, che accompagnano con voci armoniche la leggenda eroica della battaglia di Janina per la difesa delle terre albanesi. Gli specialisti si sono esibiti con “6 violini in una sinfonia perfetta”, entrando a far parte delle perle del folklore albanese. I versi sono antichi, ma la composizione riporta l’anno 1983. Il rapsodo e creatore Feti Brahimi dice di aver impastato farina vecchia con farina nuova.
Come ha agito per le canzoni labe?
Sono stati presi pezzi della storia affinché la canzone si elevi ad arte. Si è approfittato delle belle voci dei cantanti. Nazif Çela (primo solista, “ricevitore”), Golik Lika (secondo solista, “risponditore”) e all’iso Selim Lika, Ylli Merkaj, Remzi Lika. Io dico a Golik, chiave di sol. Quella canzone io la considero come la “ciliegina sulla torta” della canzone labe, della polifonia labe. Ci sono tanti altri valori, venuti alla ribalta negli anni. Le composizioni rare sono difficili, come Çelo Mezani. Si tratta di grandi esecuzioni che danno vita a tali prodotti. Si devono fare molte prove. Ci vogliono persone che ci pensano a lungo e si impegnano, poiché non è facile. Un super-potere non cala dal cielo e non nasce dalla terra. Esse si realizzano lavorando diligentemente. Ci vuole solo preparazione”.
Ha detto che ci vuole molto lavoro. Da dove prendeva l’avvio questa canzone?
La nostra canzone prendeva l’avvio soltanto dal desiderio di cantare, poiché il villaggio di Lapardha ha la tradizione della canzone labe. Sicuramente, tutta la Labëria ha questa tradizione, ma esiste una sorta di “concorrenza” tra i villaggi, c’è un certo orgoglio, pertanto anche noi vogliamo esserci sempre e mantenerci ad un livello alto. Ad esempio, ci sono Tërbaci, Piluri ed anche altre zone che danno lustro alla canzone polifonica. La cosa mi preoccupava, così abbiamo proposto le canzoni del nostro villaggio con una storia lunga 150 anni. Per tornare di nuovo alle qualità elevate. Esse richiedono sforzo. Come il lavoro della zangola quando dà il latticello. Quanto più latte c’è, tanto più burro esce.
Quello che risalta in quest’attività è il fatto che ci sono esecuzioni nuove molto buone. Ragazzi giovani. Sicuramente c’è anche la vecchia generazione, e io non la definisco una stonatura, poiché in essa i giovani succhiano il nettare, ma vorrei tutti i giovani, poiché la novità viene sempre dai giovani.
Il turbo-folk? È colpa di chi lo ascolta.
Katina Beleri (ispettrice dell’Educazione e della Cultura nel Comune di Himara) è nota come una delle voci particolari della zona della Himara. Chi non è rimasto meravigliato da “Vajza e valëve” (La ragazza delle onde) e dalla voce rara che l’ha interpretata? Ciò che preoccupa oggi i cantanti di queste “hit”, è l’approccio con i giovani, ma anche le deformazioni.
Lei è una delle voci rare e particolari dell’isopolifonia. Come si porta avanti la tradizione dell’isopolifonia nella zona della Himara e del litorale?Nella nostra zona si fanno tentativi con gli alunni della scuola elementare. Ho creato gruppi per bambini piccoli e nelle scuole medie, insistendo affinché si insegni cos’è la polifonia himariota, la polifonia labe, la polifonia albanese. Ma c’è bisogno di impegno, di attenzione, di tenacia.
Perché gli anni passano e i giovani soprattutto si sono dimenticati un po’ della polifonia.“Vajza e valëve” (La ragazza delle onde) rimane un’”hit”. Come si conservano simili pezzi?Cantandoli spesso, accettando gli inviti di partecipazione ai festival, agli eventi della polifonia, cantandoli spesso, ma anche creando. Abbiamo autori anche nella Himara. C’è Odise Agora. Anche se abita in Grecia, emigrato in una terra lontana, egli non ha mai smesso di alimentare la polifonia, creando vari testi, nei quali inserisce l’inquietudine, la sofferenza, la migrazione, l’amore. C’è Lefter Çipa, con i suoi testi.
In alcune correnti non sono mancate le tendenze a rielaborare le canzoni della tradizione. L’isopolifonia rimane pulita oppure presenta anche elementi presi in prestito?
Per il turbo-folk ho una risposta univoca. Io condanno di più coloro che ascoltano il turbo-folk, non che si canti. La colpa maggiore la addosso a coloro che lo ascoltano. Sono categoricamente contrario. Danneggia del tutto l’immagine dell’isopolifonia. Di questa polifonia pulita e cristallina che abbiamo. Il mio cuore e la mia mente sono nella polifonia. Probabilmente sono un po’ fanatico nel dirlo, ma penso che io condanno anche coloro che l’ascoltano, e non tanto quelli che lo cantano.
L’isopolifonia, tradizione pluriennale a Valona, “accende” la sala del palazzo Labëria.
Alla fine di novembre a Valona è stato organizzato il Festival Nazionale dell’Isopolifonia, parte della tradizione annuale e del calendario degli eventi culturali più importanti della città.
Sostenuto dai finanziamenti del Comune di Valona, il festival è giunto alla decima edizione della città costiera. Gli organizzatori del Centro Culturale Valona hanno concepito il suo svolgimento in due serate nella grande sala del palazzo della cultura “Labëria”, per continuare nei giorni seguenti con l’esibizione dei migliori gruppi in scenari all’aperto nella città.
Al festival hanno partecipato 18 gruppi concorrenti e tre rappresentativi.
L’interesse è stato tangibile negli ambienti del palazzo della cultura, dove nel corso delle due serate del 25-26 novembre, lo spettacolo è stato seguito da vicino da centinaia di appassionati di arte, di Valona e non solo. Nella prima serata si sono esibiti i gruppi di Tragjasi, i giovani di Brati, i
l gruppo “Ylberi”, i giovani di Tërbaçi, “Ballkoni i Vlorës” (Il balcone di Valona), i giovani di Lapardha, il gruppo di Dukati, il gruppo della Himara, il gruppo “Jehona labe” (L’eco labe). Molte delle canzoni proposte sono state applaudite a lungo, e i gruppi dell’isopolifonia hanno profuso in sala calore ed emozione.
La seconda serata sono saliti sulla scena i gruppi di Saranda, i “Golemi” di Argirocastro, i giovani di Tepelena, il gruppo di Mallakastra, il gruppo di Progonati-Tepelena. Insieme a loro si sono esibiti anche tre gruppi della polifonia tosca: il gruppo di Ura-Vajgurore, il gruppo di Gramshi e il gruppo di Ladorishti, da Struga in Macedonia. Il repertorio di quest’ultimo è stato considerato una delle sorprese del Festival.
Per dare un’estensione geografica alla circolazione dei valori folkloristici nazionali, nell’edizione di quest’anno sono stati invitati come rappresentanza l’associazione artistica e culturale “Zana e Ulqinit”, l’ensemble folkloristico di Fushë-Kosova e il gruppo “Çipini” con stelle della polifonia. Vestiti di rosso e nero durante l’esibizione della vallja con la bandiera, i giovani del gruppo di Fushë-Kosova sono stati applauditi per tutta la durata della loro performance sulla scena. Con altrettanti lunghi applausi sono stati accolti anche nomi noti della polifonia albanese del gruppo “Çipini”.
La particolarità di questo festival è stata la partecipazione dei giovani, sia sulla scena sia in sala, una dimostrazione positiva che questo inestimabile valore del patrimonio culturale delnostro popolo si sta trasmettendo anche alla nuova generazione.
Come di tradizione, nel festival sono stati assegnati sei premi da parte di una giuria scelta, capeggiata da Ermir Dizdari, dirigente etno-musicologo.
Il terzo premio è stato assegnato ai gruppi di Ura-Vajgurore e Gramshi e al gruppo “Golemi” di Argirocastro.
La giuria ha assegnato il secondo premio al gruppo “Ladorishti” di Struga e “Kaonët” di Delvina.
Con il primo premio è stato omaggiato il gruppo “Jehona labe” di Valona.
Articolo di Anila Peçi. Pubblicato sul quotidiano Shekulli del 5 dicembre 2011. Titolo originale “Isopolifonia, kur ministria harron vlerat kombëtare”.Tradotto per Albania News da Giovanna Nanci.
Leggi anche