In albanese esiste una parola chiamata BESE alla quale non si trova una singola parola per tradurla in italiano. BESE è qualcosa di simile con “fare un giuramento solenne”, è mantenere la parola data fino alla morte.
Dare “BESE” a qualcuno, è dare una parola così importante, che va mantenuta costi quel che costi. In tempi non lontani, quanto il viaggiatore attraversava le montagne albanesi passava da “BESE” in “BESE” e veniva consegnato sanno e salvo alla destinazione. Per uno che non conosce questa tradizione è difficile a capire che, colui che prestava questo tipo di giuramento, rispondeva con la propria vita. Non mantenere la parola data, significava un alto tradimento, pari a considerare questa persona non più “uomo” da meritare di chiamarsi tale.
Cosa dire ai tempi moderni che sempre richiamano il passato per ritrovare i valori, quei valori perduti di amore e fedeltà che oggi scarseggia in molte società sparsi per tutti i continenti.
Non so perché, ma da un po’, mi viene in mente una ballata albanese, così antica ma moderna nello stesso tempo. Si chiama “BESA DI COSTANTINO”. Si tratta della storia di una bellissima ragazza, l’ultima nata dopo dodici fratelli, talmente bella, piena di virtù che non trovava paragone tra i ragazzi del suo paese. Nessuno azzardava di chiederla in sposa. Un giorno si presentò e chiese la sua mano un guerriero straniero, bravo e bello, ma di terre molto lontane. La mamma e gli undici fratelli dissero sempre di no, ma Costantino, l’ultimo, il dodicesimo, visto l’interessamento della sorella, chiese alla mamma di darla in sposa. La mamma chiese: “come faccio io ad avere vicino la mia unica figlia nei giorni di festa e di gioia, e come faccio io averla vicina nei giorni di dolore?” E Costantino promise, ha dato BESE alla sua mamma che, qualora lei volesse vederla lui gliel’avrebbe portata. E così, dopo dieci giorni di festeggiamenti, Doruntina, così si chiamava la ragazza, parte per le terre straniere.
Passano gli anni, e la guerra portò via uno dietro l’altro tutti i dodici fratelli di Doruntina. La mamma pianse e acese un cero su tutte le undici tombe. Sulla tomba di Costantino ne acese due e chiese al figlio morto “Dov’è la tua BESE, adesso chi mi porta la mia Doruntina!”
Con il calar del buio Costantino risorse dalla sua tomba. La lapide bianca si trasformò in un cavallo nero e lui corse, corse con il vento attraversando terre mai viste e finalmente arrivò nel villaggio dove viveva la sua amata sorella. Vide i suoi figli e chiese dalla loro mamma. Lei era in una festa tutta vestita di velluto che ballava con le donne del paese. Stupita nel vedere suo fratello, lo abbracciò. Lui le chiese di salire sul cavallo con lui, per portarla dalla loro mamma, vestita così com’era.
Durante il viaggio gli uccelli gironzolavano e sussurravano “viaggiano i vivi con i morti”. Doruntina fece molte domande al fratello, di perché i suoi vestiti erano piena di muffa, perché i suoi capelli erano pieno di polvere e perché lui era così pallido…Ma lui rispondeva sempre dicendo che era il viaggio che li aveva fatto diventare tali.
Arrivati vicino alla chiesa del paese loro, Costantino chiese a Doruntina di proseguire a piedi verso casa che lui voleva fermarsi un attimo per pregare, e così fece ritorno alla sua tomba.
Avvicinandosi alla propria casa vide le luci spente, bussò alla porta ma la vecchia mamma chiese chi era a quell’ora. “Doruntina sono, tua figlia!”. La donna chiese alla figlia “chi ti ha portato qui”, e lei rispose Costantino!
Ma quale dolore nell’apprendere che il fratello morto da tempo fu risuscitato per mantenere la “Bese”. Dal forte dolore per la morte dei fratelli, mischiato con il terrore dato dalla rivelazione, madre e figlia gettandosi nelle braccia una dell’altra, muoiono insieme alla porta di casa.
Una legenda lontana questa albanese, che richiama come il mondo e l’amore non conosceva confini. Dove la guerra poteva portare via le vite umane, come succede ancora oggi. Dove la guerra stermina intere famiglie, li fa migrare lontano e li fa soffrire d’amore per la propria terra.
La legenda vuole che pur per mantenere la parola data, anche il morto viene resuscitato, attraversa i confini dell’impossibile per fare possibile quello che tanti umani dei tempi moderni non sono in grado a mantenere. Bisogna capire che solo l’amore nutre la pace e la pace fa vivere l’amore. Allora perché non amarci tra esseri umani?!!!
Qusto articolo è disponibile anche in lingua albanese
Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Interessi Comuni Journal