Nel numero 5 dell’Anno III dell’edizione italiana di “DRINI – Rivista mensile del Turismo Albanese” – pubblicato il 1° maggio 1942 – l’archeologo Pellegrino Claudio Sestieri dedicò un lungo ed interessante articolo ad Apollonia d’Illiria, importante sito archeologico dell’Albania meridionale.
Apollonia d’Illiria, antica colonia dei Corcieti e Corinzi, fu fondata nel 588 a.C. nell’Albania meridionale, in un sito dominante una terra fertile bagnata dall’Aous (Vojussa) che le serviva da porto.
Fu centro di cultura di tardo ellenismo e vi accorrevano, per compiere la loro istruzione, giovani di grandi famiglie romane. Per la sua posizione sul percorso della Via Egnatia fu un importante centro di commercio, che esportava i cereali della pianura della Musacchia e importava prodotti greci per l’Illiria meridionale.
Alla Via «Egnatia» definita «Via Militaris Romanorum Egnatia, qua Illiricum, Macedonia et Thracia jungebantur pars occidentalis» – grande via di comunicazione che da Durazzo portava fino a Bisanzio – ha dedicato di recente su Albania News un bel saggio Olimpia Gargano.
L’importanza di Apollonia è data anche dalla monetazione, dalla metà del V secolo a.C. al III secolo d.C.
Riportiamo alcuni passi dell’articolo dell’archeologo Sestieri, che rimane valido anche a distanza di tanti anni dalla sua stesura, e che abbiamo arricchito con alcune illustrazioni tratte da cartoline del nostro archivio, edite in Albania negli anni ’40 dalle Edizioni Guljelm Luka di Tirana:«I Corinzi avevano fondato Corcyra nell’isola omonima: la Corfù dei veneziani.
Nel 588 un manipolo di corfioti, seguendo l’esempio di altri compagni che erano andati a cercare nuovi scali per i commerci, e nuove zone da popolare nella vicina costa albanese, fondò, consacrandolo ad Apollo, da cui prese il nome, la città di Apollonia. Questa sorgeva in una posizione elevata, su dodici colline, dalla quali a poca distanza si scopre il mare; vicinissima era allora la foce della Vojussa, che i corfioti chiamarono Aous, e che serviva ottimamente da porto alle veloci e piccole imbarcazioni dei coloni.
La città crebbe e prosperò, si arricchì di edifici pubblici e privati, di templi, divenne oggetto delle mire di quegli Illiri che abitavano il retroterra dell’odierna Albania, e una gran parte delle sue coste, e non vedevano di buon occhio il sorgere e l’affermarsi delle colonie straniere, e nel 229 a.C. l’assalirono.
Ma gli Apolloniati immediatamente chiesero ed ottennero aiuto da Roma. Da allora Apollonia fu sempre fedele amica e alleata di Roma, e da questa alleanza non trasse che vantaggi, e lo scalo commerciale dei corfioti divenne una delle più celebrate Università del Mediterraneo.
Nel 44 a.C. qui venne a studiare retorica il giovane Ottaviano in questa che Cicerone aveva definito «Urbs gravis et nobilis» e qui ebbe la notizia della morte del padre adottivo, Cesare.
L’ascesa di Apollonia continuò, si moltiplicarono gli edifici, a quelli vecchi se ne aggiunsero nuovi, la città ebbe teatro, terme, odeon o «Theatrum tectum», cioè coperto, per i concerti, le gare poetiche, le conferenze, archi trionfali, biblioteche.
Statue di marmo greco o italico adornavano edifici e porticati, i templi elevavano al cielo i loro fastigi risplendenti del fulgore del sole.

I turchi poi che hanno tenuto questi luoghi per lungo volgere di secoli, hanno provveduto a far sì che di quanto non era stato ancora seppellito dalla terra non rimanesse più traccia e hanno trasportato pietre e colonne in altri luoghi per fabbricare moschee, case e serragli.
Fu all’inizio del secolo scorso, durante la prima guerra mondiale, che un ufficiale austriaco, che era un archeologo di chiara fama, pensò di alternare le fatiche belliche alla ricerca dei resti sotterrati di Apollonia.
Mentre il cannone rombava, egli, con i suoi soldati, eseguì saggi di scavo e percorse la zona dell’antica città, scrutandola con occhio attento, dando così le prime notizie delle possibilità che si aprivano alla scienza dell’esplorazione sistematica del sottosuolo.Vennero alla luce mosaici, colonne, frammenti di statue, tombe greche e romane, ricche di corredi, e furono per la prima volta studiati quei piccoli capolavori dell’arte industriale apolloniade che sono le stele funerarie.
Dopo pochi anni una Missione francese iniziò gli scavi che durarono dal 1923 al 1938, mettendo in luce edifici della parte centrale della città. Furono scavate due case romane, un portico notevole per le colonne che hanno un capitello, le cui volute ioniche sono costituite da calici di fiori, con un motivo decorativo originale e delicato, limitato da un muro che serve da terrazzamento alla collina della sovrastante Acropoli.
Oltre il portico è l’odeon romano, che conserva ancora quasi tutti i suoi gradini. Di fronte all’odeon, il monumento degli Agonioteti, simile a un teatro circondato da un muro rettangolare, era il Senato di Apollonia romana, eretto dall’agonoteta e gran sacerdote a vita Quinto Villio Crispino Furio Proculo, in onore e in memoria del fratello Villio Valenziano Furio Proculo, prefetto di una coorte in Siria, e tribuno della legione X (o XIV) Gemina in Pannonia.
Tra i due monumenti sono i pilastri di un arco trionfale a tre fornici e vicino è il simbolo stesso di Apollonia, una specie di obelisco cilindrico terminante a punta, che è riprodotto anche sulle monete, e che probabilmente deriva da un antichissimo culto solare in cui il Dio era riprodotto da un betilo, a somiglianza degli obelischi egizi.
A destra la biblioteca, e lungo il margine della via, botteghe romane.
Fin qui era giunta la missione francese, che con l’inizio dello scavo delle terme aveva cominciato a far diradare i veli che coprono il volto della città. Il centro della città era stato scoperto, e con le notizie che ci avevano dato gli antichi scrittori, con i ritrovamenti fortuiti che hanno avuto luogo in tutti i tempi, e dai quali risono potuti conoscere i risultati, una prima idea per quanto incompleta ed ancora indistinta della città si poteva avere.
Altri aspetti che cominciavano a delinearsi erano quelli dell’arte: nel portico erano state rinvenute varie statue, tra cui dei ritratti romani di ottima fattura, e sulla collina dell’Acropoli era stato scoperto un bassorilievo, il quale risale al periodo della fondazione della città e rappresenta un combattimento tra greci e Amazzoni: senza dubbio è questa la scultura più antica che sia stata scoperta finora ed una delle più pregevoli.
Dopo il 1938 ad Apollonia era tornato il silenzio, fino a che il turbine della guerra non ha turbato di nuovo la pace secolare del Monastero e dei cipressi e delle querce che lo circondano.
Appena il teatro della guerra si è allontanato ancora una volta l’archeologo ha affondato il piccone nelle sue zolle, e ancora una volta il suolo della città non è stato avaro di ritrovamenti e non ha deluso le speranze di chi lo interrogava con ansia e con amore.
Gli abitanti di quattro villaggi che circondano il territorio urbano sono venuti a prestare la loro opera e altre vestigia si sono aggiunte a quelle che erano già apparse alla luce.Un Ginnasio ellenistico – poi usato come casa in età romana – un tempio funerario romano e un bastione di muro imponente costituiscono il bilancio degli scavi datati dal 15 di settembre al 30 novembre 1941.
Il Ginnasio sorto presso un antico tempio, del quale si conserva un muro, è caratterizzato da un vasto spazio, che doveva servire per gli esercizi ginnici, è fornito di un bagno con impianti idraulici, e di ambienti che dovevano servire agli allievi per deporre gli abiti e rivestirsi.
Nell’interno è un’ara sulla quale, scritta in bellissimi e molto chiari caratteri dorici, è una dedica ad Afrodite, e una lista di nomi di pritani e magistrati, probabilmente preposti a capo dell’istituzione. Quattro statuette marmoree, di cui una di Eros e tre femminili, sono state ritrovate: di queste due rappresentano Artemide Cacciatrice, vestita di abiti leggeri e svolazzanti e la terza rappresenta una giovane donna eretta, appoggiata ad un pilastro, vestita di chitone e himation.
Costruzioni in mattoni che dividono gli ambienti primitivi, focolari e frammenti di vasi dimostrano che in un’epoca, sulla scorta di ritrovamenti di monete di Antonino Pio e di Geta, l’edificio fu usato come casa dalla metà del II secolo d.C. al principio del III.
Anche nella necropoli le ricerche sono state coronate da successo: nella valle di Kryegjat è stato scoperto un sontuoso sepolcro a forma di tempio, costruito a filari di pietre alternati a filari di mattoni. Esso contava di due ambienti, dei quali in uno dovevano sorgere le statue dei titolari della tomba. La parte posteriore costituiva la camera sepolcrale, nella quale si è trovata l’urna per le ceneri. La sontuosità dell’edificio fa pensare che i titolari della tomba appartenessero ad una delle famiglie più cospicue e nobili di Apollonia».
Lo studioso così conclude il suo saggio:«Apollonia non è ricca di leggende come Butrinto, ma ha egualmente il suo fascino, a prescindere dal maggiore o minore interesse che può suscitare la ricchezza dei suoi monumenti. La serenità del luogo in cui sorge, con lo scenario variato che offrono i monti con il gigantesco Tomori da un lato e l’infinito del mare dall’altro, fa sì che il viaggiatore senta fortemente l’incanto della natura che lo circonda, e volge con animo reverente i passi verso quello che resta delle antiche civiltà.
I risultati degli scavi e le tracce che affiorano sul suolo permettono di sperare che Apollonia sarà un giorno la Pompei d’Albania: allora i monaci del Monastero, che raramente sono disturbati nelle loro giornate dall’arrivo di ancora scarsi visitatori, vedranno con meraviglia popolare di turisti e di studiosi le vie di questa città che risorgerà per la scienza e per la nostra ammirazione».