Il 14 luglio 1990 i funzionari dell’Ambasciata Italiana lasciarono l’Albania su un aereo dell’Air France con scalo a Bari.
Abbiamo ricevuto questo secondo racconto da un ex-funzionario culturale presso l’ambasciata italiana a Tirana che ha vissuto di persona l’epoca dei fatti narrati. Gentilmente ci ha chiesto di pubblicarlo con la firma “Anonima italiana”.
Frammenti di memoria
L’oscuro della sera sta avanzando …il sole è già fuggito dietro il monte Dajti.
Sul balcone di una casa al secondo piano, mentre le ombre divengono più fitte, si intravede l’ombra di una donna, quasi nascosta.
Pare che stia guardando alla sua sinistra, verso un muro giallo illuminato da una luce fioca che va a rinfrangersi su una garitta. Il vento all’improvviso smuove i rami degli alberi e minuscole foglie volano in danza di farfalle sui visi dei passanti frettolosi.
Si annuncia così forse la pioggia?
E’ appoggiata con la schiena al muro, accanto ad un vaso di menta, ne aspira l’odore forte e selvaggio, un leggero tremito le sta passando sulla pelle delle braccia;
ecco, la porta dei ricordi si sta socchiudendo, piano, lentamente, il dolore torna ad affiorare così come si increspano le onde del mare. Forte ed irrompente come una tempesta d’acqua, poi sembra acquietarsi….quasi a lasciare spazio ad un lago immenso di dolorosa prostrazione. Nel silenzio.
Ma, improvvisamente, qualcosa turba tutto questo……lo schiamazzo di un gruppo, o forse una festa improvvisata o..chissà…
“Oscena è la tua risata
nella sacralità della notte,
accanto ti sono i fantasmi, dolorosi,
dell’esodo
e tu ridi.
Ignoti ti sono gli occhi sbarrati
e le braccia tese come lame di lancia,
lacerate dal destino di questo popolo.
Ignoti i pianti delle madri
e le maledizioni dei padri
e il sangue dei figli
ancora grumi essiccati nel sole
e la pioggia, più pietosa di mille lacrime,
che ha bagnato il loro addio,
e tu ora profani con la tua ignoranza
questo sacrario.
E da tronfio usurpatore tenti di coprire
il loro ricordo.
Lascia che il silenzio della notte
sia più madre e padre di te,
lascia che il vento, leggero,
deponga una carezza, dolce,
su questi muri, e sfiori queste vie,
testimoni di tanta sofferenza
affinché questi fantasmi
non abbiano vagato invano.
Ancora lieve la memoria danza
sui ciottoli color del cielo
che immoti aspettano la lama crescente
della dolce luna.
Lascia che le onde ingannino Ulisse e
che Dyrrachium sia l’approdo dagli oceani
del mondo.”
Qui potete leggere la prima parte Luglio 1990 – i ricordi di ieri