Alessandro Magno. Il testo degli Statuti di Scutari riemerso nel 1995 dai fondi manoscritti della Biblioteca del Museo Correr di Venezia, si dice fedelmente trascritto dall’originale conservato nell’Archivio del Consiglio di Dieci di Venezia, originale purtroppo perduto forse negli incendi che investirono nel secolo XVI il palazzo Ducale veneziano.
Fu trascritto da tale Marino Dulcichio attorno al 1504 (come ha dimostrato chi scrive) all’indomani della pace conclusa da Venezia con i Turchi dopo decenni di lotta. Proprio nello stesso torno di tempo all’interno della Scuola degli Albanesi a San Maurizio veniva commissionato a Vittore Carpaccio uno splendido ciclo pittorico sulla vita di Maria Vergine. E non a caso proprio nel 1504 usciva alla stampa il De Obsidione Scodrense di Marin Barleti, divenuto sacerdote in terra veneta nel 1494 e nominato parroco a Piovene, presso Vicenza; l’opera veniva edita da Bernardino (de) Vitali, di famiglia oriunda dall’Albania.
La comunità albanese a Venezia era dunque impegnata nel primissimo Cinquecento a tenere viva la memoria del proprio passato, da quello remoto a quello più recente, a rievocare il ruolo di frontiera sostenuto dall’Albania nei drammatici eventi del secondo Quattrocento, dallo straordinario ruolo esercitato da Scanderbeg , “Soldato di Cristo”, fino all’eroica resistenza anti ottomana sostenuta nel nord Albania da Scutari e Drivasto.
Riproporre il testo degli Statuti di Scutari significava dunque per gli esuli in terra veneta far ricordare il tempo felice in cui si erano create le comunità cittadine in Albania, il tempo in cui le stesse andavano inserendosi nel circuito mediterraneo – e dunque nel circuito europeo- delle relazioni economiche e culturali; Paese delle città e del mare l’Albania, già nel primo Trecento, non solo Paese dei monti.
Emerge dalla lettura degli Statuti (un testo che dovrebbe essere letto e studiato in tutte le strutture scolastiche albanesi) l’immagine di una civilissima comunità medioevale e non a caso la prima parola su cui il testo si apre è Libertà; recita infatti il titolo del primo capitolo:
De la libertà de li forestieri a venir ne la Cità nostra a star.
Scutari, cuore dei commerci di quella Europa centrale che collega il Baltico all’Egeo, Scutari metabolizzata da una rete acquea che la rendeva anche città marittima, Scutari divenuta veneziana, ma ben prima Shkodra residenza dei re illirici, Scodra romana, Skadar dei re serbi: la comunità degli esuli albanesi che nel primissimo Cinquecento partecipava alle celebrazioni della pace con gli Ottomani, non poteva non riproporre anche l’antica, secolare grandezza della propria terra, carica di storia.
Ecco perchè il testo degli Statuti di Scutari veniva fatto precedere da un Privilegio con cui Alessandro Magno, riconoscente dell’aiuto armato ricevuto, avrebbe lasciato la sovranità sulle terre “tra l’estremo settentrione dell’Europa fino a quelle confinanti con l’Italia meridionale” ai popoli che le abitavano; nello specifico “ai popoli della illustre stirpe degli Illiri, dei Dalmati, della Liburnia” e a tutti quelli che vi risiedevano, “dal Danubio alle medie regioni della Tracia”, ribadendo che essi soli dovevano essere ritenuti i veri padroni di quelle terre stesse: chiunque le rivendicasse avrebbe dovuto essere considerato loro “servo”.
Alessandro Magno
Il Privilegio di Alessandro di Filippo re di Macedonia sarebbe stato dato “in Alessandria, nell’anno duodecimo di regno”.
Chi abbia creato questo testo, già noto nel secolo XIV, non è dato fino ad oggi di sapere; con ritocchi e varianti esso accompagna la nascita di varie comunità dell’area balcanica, meglio di quell’area che la più recente critica, con gli studi di Francesco Leoncini, sta definendo Europa centrale, reinterpretando dunque anche la collocazione geopolitica dell’Albania.
Nel caso del Privilegio che accompagna gli Statuti di Scutari non si parla di popoli Slavi, che non vengono infatti citati, ma di popoli Illiri, perchè tali venivano definiti nel Cinquecento gli abitanti dell’Albania da parte degli esuli in terra veneta: la variante nel codice veneziano è significativa.
Questo testo ebbe larga circolazione, come attestano le varie copie conservate in manoscritti della Biblioteca Marciana di Venezia e richiama dunque il mito, creatosi nel corso dei secoli, di Alessandro Magno.
Ma non va dimenticata, a proposito della specifica rivendicazione delle proprie origini da parte degli Albanesi esuli a Venezia, anche la figura specifica dello zio di Alessandro: Alessandro I detto il Molosso che fu, come noto, re dell’Epiro e la cui iconografia è stata recentemente messa in rapporto da Maddalena Bassani con la statua posta sul Bucintoro veneziano nel 1606 raffigurante Scanderbeg.
Per non parlare di Olimpia, madre di Alessandro, originaria dell’Epiro.
E Giorgio Merula, umanista veneziano, precisava nel 1474 nel suo Bellum scodrense: che gli Ottomani avevano invasa la Macedonia che “dai più giovani” veniva detta Albania.
Privilegio di Alessandro Magno
Dunque il Privilegio di Alessandro Magno non è testo autentico, forse, nel caso specifico, è stato “rivisitato” da qualche officina scrittoria a Padova nel primissimo Cinquecento, dove continuava l’influsso di Annio da Viterbo che aveva nei decenni precedenti prodotto ex novo molti documenti da diffondersi come autentici. A Padova risiedeva allora Pietro Angeli, esule da Drivasto, animatore del recupero di memoria storica del proprio Paese. Il documento concorreva alla creazione di una ‘mitistoria’ che vedeva gli Albanesi legati ad Alessandro Magno per via testamentaria (come bene illustrato da Maddalena Bassani).
E’ comunque, il Privilegio, una preziosissima testimonianza per la storia dell’Albania, perchè apre una specifica finestra sul complesso problema delle origini del popolo albanese.
Nel 1532 Marin Sanudo scriveva nei suoi Diarii, come ricorda Stefano Trovato,: “tutta l’Albania tornerà a reacquistar el nome come era al tempo di Alexandro”.
E nell’Ottocento Niccolò Tommaseo riferendosi ad Alessandro Magno scriveva: “Di Macedonia, luogo d’illirica gente, uscì l’aquila forte che fino all’India distese il volo delle fulminee sue penne”.
Il Molosso, Olimpia, Alessandro Magno; l’Illiria, l’Epiro e la Molossia, l’Albania; uno scenario “balcanico” complicato nel tempo da impasti e rivendicazioni di diverse nature.
Nota Bibliografica
Per chi voglia approfondire l’argomento si rinvia a:
- Statuti di Scutari della prima metà del secolo XIV con le addizioni fino al 1469, a cura di Lucia Nadin, con saggi introduttivi di Gian Battista Pellegrini, Oliver J. Schmitt, Gherardo Ortalli; traduzione in albanese a cura di Pëllumb Xhufi, Roma, Viella, 2002; II edizione, Tirana, Wisdom University, Onufri, 2010.
- Lucia Nadin, Migrazioni e integrazione. Il caso degli albanesi a Venezia (1479-1552), Roma, Bulzoni, 2008 e in traduzione albanese di Pëllumb Xhufi, Tirana, Shtëpia Botuese “55”, 2008
- Stefano Trovato, Il mito di Alessandro Magno tra Slavi e Albanesi, in AA. VV., Ponti e frontiere Giornata interdisciplinare di studi, Venezia 20 ottobre 2004, a cura di Andrea Bonifacio, Venezia, EditGraf editore, 2005.
- Maddalena Bassani, Scanderbeg a Venezia. Suggestioni classiche nella creazione di un mito, in L’indagine E La Rima: Scritti Per Per Lorenzo Braccesi, a cura di Flavio Raviola, Maddalena Bassani, Andrea Debiasi, Elena Pastorio, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2013, pp. 123-139.