“Slowly will cover us
The soft dirt of this word”
Nella memoria collettiva gli anni ’70 vengono etichettati come uno dei decenni più significativi nella storia del cambiamento e dell’emancipazione sia politica sia culturale dell’umanità. Furono gli anni in cui venne incoronata la fermentazione culturale incentivata dai movimenti degli anni ’60.
Tra questi possiamo ricordare l’ulteriore emancipazione dei diritti delle donne e delle persone di colore, le proteste contro la guerra in Vietnam e la sua fine, la maggior attenzione verso le problematiche ambientali, lo scandalo del WaterGate, la rivoluzione iraniana, l’occupazione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica, oppure la morte di Francisco Franco. In Albania, invece, il comunismo incrementava sempre di più le dosi dell’isolamento dopo la rottura con i sovietici e il legame instaurato con la Cina.
Per quanto riguarda l’arte, la musica in particolare, le cose si complicano a causa delle varie sperimentazioni che subiscono il ritmo, i suoni e il testo. Il Rock’n Roll diventa semplicemente Rock. A sua volta il Rock si trasforma ulteriormente divenendo a volte più soave e a volte più duro: hard rock, progressive rock oppure heavy metal.
Tra i nomi più significativi di questa novità possiamo menzionare Pink Floyd, Deep Purple, Led Zeppelin, Genesis, Uriah Heep, The Who, Judas Priest. Inoltre si ha la nascita di nuove correnti musicali derivanti da fusioni ritmico-melodiche come funk, disco music, reggae giamaicano e il jazz rock.
Dal Proto- punk degli anni ’60 deriva il punk rock con nomi noti come Ramones, Blondie, Patie Smith, Sex Pistols, The Clash, ecc. In questi anni muoiono, per lo stesso motivo, Hendrix, Joplin, all’età di 27 anni, Morrison ed E. Presley, un po’ più vecchio. Dylan pubblica la canzone longeva Knocking on heaven’s Door e alla fine degli anni ’70 abbiamo la sua rinascita spirituale con il cristianesimo dopo aver fatto ritorno ai testi del Nuovo Testamento e ai personaggi biblici. Un altro avvenimento rilevante è l’uscita dell’album più importante dei Pink Floyd, Dark Side of the Moon.
Nel 1979 esce il nono album di F. De Andrè, “Rimini”, segnato dalle delusioni politiche di quegli anni e dal fatto che trattasse le storie di personaggi ormai divenuti “luoghi comuni” e spesso ricorrenti nella sua vita e nella sua arte come le persone emarginate, le prostitute e i drogati. Un’altra caratteristica di questo album è l’introduzione per la prima volta di due parti strumentali.
El Topo è un film di Alejandro Jodorowsky, uscito in quegli stessi anni. Considerato dai critici come un film cult e caratterizzato da strani avvenimenti con personaggi ancora più strani, El Topo, nel suo insieme, è un film sulla ricerca del senso della vita.
Sicuramente vi starete chiedendo che cosa c’entri tutta questa introduzione con The Aliçka Problem. In verità c’entra e non c’entra, ma ormai non ha più importanza. Abbiamo pensato di dilungarci con queste spiegazioni perché l’album di cui vogliamo parlare è una testimonianza di storie intricate, le quali, proprio come i pezzi di un puzzle, formano una completa storia personale, familiare, sociale e soprattutto universale.
A partire dal formato, “Best Music” è un EP (extended play) che si propone di essere una via di mezzo tra l’album completo e il Single. L’EP è stato usato per la prima volta dai gruppi punk e indie, correnti che hanno influenzato Aliçka.
The Aliçka Problem, attivo già da molti anni, è un gruppo tedesco-albanese di Mannheim (Germania), formato nel 2008. I membri del gruppo sono Julia Aliçka- Berthold (Bass-vocal), Daniel Mudrack (batteria) e Joni Aliçka ( chitarra- vocal).
Finora hanno pubblicato un Demo-CD nel 2010, “Strange periods of our lives should last forever”, un album nel 2012 intitolato “Xor” e poi l’album “Best Music”, uscito il 25 ottobre di quest’anno.
Per tutti coloro che preferiscono le definizioni, i ragazzi e le ragazze del gruppo fanno dello shoegaze, post-punk, post-rock, progressive- rock e psychedelic- rock. Tra i cantanti che li hanno influenzati, e sono tanti, contiamo P.
F, Dylan, F. de Andrè, Nick Drake, Leonard Cohen, Tom Waits, e infine, il diavolo sa perché, Phil Selways (Radiohead). In realtà la tassonomia usata per definire la loro musica non conta molto nel loro caso, poiché il prefisso Post è segno di un superamento di grande successo delle correnti da cui sono stati influenzati.
Già nell’album “Xor”, uscito nel 2012, si può notare il carattere particolare della loro musica, suoni compatti e densi, congiunti dall’intreccio a volte piacevole, a volte conflittuale tra le vibrazioni del bass e l’ordine che cerca di imporre la chitarra elettrica. Come lo chiama Joni, “Xor” è il loro primo figlio, con un nome futurista come espressione di opinioni inconciliabili, proprio come un processo dialettico sotto forma di una spirale che si innalza creando suoni sempre più sublimi.
La prima canzone “Train” è un crescendo infinito che assomiglia ad un treno, il quale, lasciando la stazione, continua ad aumentare la velocità per poi abbassarla in prossimità della stazione successiva. Il meglio della tradizione ha lasciato le sue orme anche in questo album e si presenta come una fusione del punk e della semplicità elettronica, senza dimenticare i suoni nascosti che sembrano provenire da dietro le quinte e che fanno pensare ai suoni acuti e agli effetti post moderni dei Pink Floyd. I testi rimangono un mistero da decifrare.
Invece, “Best Music” è tutta un’altra storia, raccontata con una premura quasi parentale. Fin dalla sua nascita ha assunto lo status della sorella viziata dai suoi creatori. Un prodotto complicato che deriva da una fusione di suoni e influenze varie, ma da cui ottiene un carattere forte e indipendente. Storie personali, e non solo, che assumono i tratti dell’universale rivolgendosi a tutti quanti appunto perché si riferiscono a momenti di vita che appartengono ad ogni essere umano. The Aliçka problem è stato definito dai critici come una rara marca del post- rock europeo.
E’ l’origine esotica e le relazioni pluridimensionali degli elementi che essi introducono nella musica a far guadagnare loro tale titolo. L’intero album è come un lungo respiro senza pause. Comincia e termina come un’unica canzone con i neuroni tesi fino alla fine. Il tutto sembra una vecchia storia raccontata in tonalità differenti a seconda delle tensioni che le storie racchiudono al loro interno.
Dopo ogni crescendo, concetto chiave di The Aliçka Problem, segue un soave diminuendo che equilibra l’intero costrutto melodico e concettuale. Pochissimi album possono avere questa peculiarità, solo Dark Side of the Moon soddisfa questi criteri.
Altro elemento interessante di questo album è la sua copertina, dove appaiono fratello e sorella che puntano le pistole l’uno contro l’altra, uno vestito di bianco l’altro di nero, colori che simboleggiano il bene e il male.
L’album si apre con un brano strumentale, “Strange periods of our lives should last forever”, una riproduzione del demo del 2010, e termina con “White”, testo apocalittico che parla di un periodo ancora più apocalittico, questa volta della storia del nostro popolo.
Il primo capitolo della storia, Strange Periods of Our Lives Should Last Forever, un pezzo post rock mescolato con pezzi classic rock, un respiro che si fa sempre più fitto e che suscita nostalgia di “Breath”, The Dark Side of the Moon. Nella stessa prospettiva di rilascio del suono si cimenta anche il secondo pezzo strumentale “Raised our 16 children” con i rumori introduttivi che fanno pensare a Speak to Me. Invece “Arabiqum”, una fusione mistica ed esotica di suoni Post “Time” sembra un’eco che proviene da chissà dove nello spazio.
Southern Soldier è il secondo brano dell’album. Versi impegnativi sotto forma di una denuncia poetica che riprende intricati problemi sociali e politici. Il brano è strettamente collegato agli avvenimenti del 12 marzo 2009 a Winnenden (vicino a Stoccarda, Germania), dove uno studente liceale (Tim K.) prende la pistola del padre, uccide 16 studenti e poliziotti e alla fine si suicida.
La tragedia va oltre, con i successivi eventi come ad esempio l’arresto e la condanna del padre di Tim, trattato come un criminale per non aver tenuto l’arma in un luogo sicuro, lontano dal figlio. Il testo sembra essere stato scritto da due persone diverse, a volte dal punto di vista del padre e a volte da quello del figlio. Le parole del padre:
“If you’d ask me, I would give you,
The right tools to make them bleed.
Bleed ‘till their death”
Comunque la ragione per cui è stata scritta questa canzone, a quanto pare, non è la digressione romantica sul mondo e sui pensieri di un adolescente 17-enne, bensì la stesura di alcuni interrogativi su come l’opinione pubblica (e la giustizia) tratti casi così complessi. Fino a che punto è giusto che rimanga da solo un 17-enne, isolato ed estraniato dalla storia come un criminale che tolse la vita a 16 persone? Qual è la morale di una società che non esita a dare due pugni in faccia a chi è già a terra (la condanna del padre di Tim K. a 7 anni di carcere per omicidio colposo)?
E molte altre domande, magari non strettamente associate al caso in questione, ma che puntano il dito verso la demolizione delle strutture familiari, sociali o religiose … Una storia che si ripete, diritti mancati, non espressi, che cercano di venire alla luce e che questa società, come le precedenti, in un modo o nell’altro ritiene indegne di essere raccontate.
Il quarto brano, “Milk”, che ha un videoclip molto interessante, è la canzone più aggressiva dell’album. Nei Riff iniziali si sente uno spirito alternativo che poi cambia assumendo un’altra forma per avvicinarsi al ritornello. Per quanto concerne il testo si sente l’impronta di Fabrizio de Andrè nel brano Sally.
La ragazza col viso come il sole e i capelli lucenti e l’impressione che lasciano i vestiti HM dei giovani 16-enni che ascoltano shoegaze da Showdive.
Questa è la storia narrata da Milk. Il tutto scritto dal punto di vista di una ragazza che sta vivendo le prime esperienze della vita con tutte le contraddizioni ad esse associate. Sally è molto simile, si tratta sempre di una ragazza che, lontano dalla famiglia, sperimenta il rito d’ingresso nel mondo reale in cui incontra la droga, la prostituzione e la violenza. Il personaggio femminile di “Pilar” è stato tratto da “Cent’anni di solitudine”, invece “Il re dei Topi” da “El Topo” di Alejandro Jodorowsky.
My mother told me not
To go out in the Woods
With the boys of my neighborhood
Nobody had shown me
All the forbidden things
That girls have to do
Opium è il penultimo brano. Questo titolo in realtà, se non si è attenti (come del resto tutti i titoli dei brani ed anche il titolo dell’album stesso) sarebbe pregiudizievole per l’intero testo. I versi del brano riprendono una canzone dell’Albania del Sud “O njëzetë e pesë gërsheta”. All’inizio della canzone si sente un po’ di trip-pop in stile Portishead, ma in seguito il crescendo cambia il progredire dei suoni conducendoci in un’altra dimensione progressive- rock.
La canzone concludente dell’album è White. Testo apocalittico tratto dal poema “Epopea del Fronte Nazionale” (Epopea e Ballit Kombetar) di Shefqet Musaraj. Una delle opere di maggior successo del dopo guerra. Un intreccio di sarcasmo e descrizione realistica della condizione della borghesia di quei tempi rappresentata da “ballistet”(membri del Fronte Nazionale), i quali, invece di fare la storia scelsero di subirla e diventare semplici mezzi degli invasori.
Due strofe della canzone:
“Do na mbulojnë
Plehrat e tokës,
Do ngrihen kembet
T’i bien kokës.
T’i kthejme krahët
Mikut që patmë
T’i marrem xhanë
Se ndryshe vamë…”
Slowly will cover us
The soft dirt of this world
The legs will stand up
To beat up, destroy the head
Turn your back to your old friend
Let’s take his soul away
Otherwise we’re gone away
The only friend we had
Cliccate qui per scaricare il loro ultimo album “Best Music” .
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Pubblicato sul blog collettivo Tirana Calling del 8 novembre 2013. Titolo originale The Aliçka Problem: “Periudhat e çuditshme te jetës tonë duhet të zgjasin përgjithmonë” .
Quest’articolo è stato pubblicato anche in lingua inglese sotto il titolo The Aliçka Problem: “Strange periods of our lives should last forever”
Tradotto per Albania News da Daniela Vathi