Ho aspettato fino alla fine di vedere chi fosse il vincitore del Festival di Sanremo 2018. È la prima volta che lo faccio. Ero stanchissima, con un bimbo di 11 mesi le ore piccole per me sono le 23, figuriamoci superare l’1 di notte! Eppure non mi sarei addormentata per niente al mondo.
Questo Festival mi è proprio piaciuto, l’ho seguito volentieri, ho votato, mi sono emozionata e alla fine sono stata ripagata perché la canzone alla quale avevo destinato i miei SMS ha vinto: “Non mi avete fatto niente” di Ermal Meta e Fabrizio Moro.
La canticchiavo durante tutta la settimana, dalla prima sera, dopo averla ascoltata. Non ha vinto solo una bella canzone, con un testo intenso, attuale, comunicativo, ma hanno vinto anche due ragazzi giovani, bravissimi interpreti, e con loro hanno vinto Italia e Albania. Un binomio che anche in questo caso ha dimostrato il suo grande potere.
Sanremo per gli italiani è un evento bellissimo, persino il palinsesto televisivo della concorrenza si ridimensiona per lasciare spazio al Festival della Canzone Italiana, ma forse molti di noi non sanno cosa rappresenti e soprattutto cosa abbia rappresentato Sanremo per l’Albania.
Nel mio secondo libro, in uscita a breve, intitolato [amazon link=”8849711433″ /] descrivo quanto la televisione italiana abbia avuto un ruolo fondamentale in un Paese chiuso dalla dittatura enverista e privato di qualsiasi riferimento esterno. Il tg1 della Rai attraeva con i suoi temi politici e i servizi realizzati all’estero, mostrandosi così diverso dal telegiornale della TVSH, la televisione di stato albanese.
La prova dell’interesse del popolo albanese nei confronti della televisione italiana era ulteriormente dimostrata da una ricerca maniacale di luoghi nei quali installare le antenne per poter ricevere meglio il segnale. Una ricerca che si rivelava essere spesso pericolosa: le antenne erano posizionate su tetti, alberi, terrazzi privi di parapetto, e capitava che le persone cadessero nel tentativo di installarle.
Queste tragedie vennero definite “morte da regolamento d’antenna” e si verificavano così frequentemente da essere accettate nel Paese come un male incurabile.
Perché questo accanimento contro la legge imposta dal regime? Perché il popolo Albanese aveva individuato nell’emittente Rai una via d’uscita, seppur virtuale, dalla situazione d’isolazionismo imposta.
Non solo attraverso i suoi notiziari, ma anche con le trasmissioni musicali, prima tra tutte il Festival di Sanremo, la Rai rappresentava una finestra sul mondo per la quale valeva la pena rischiare, anche la vita se necessario.
Immaginate quindi, a distanza di tanti (ma non tantissimi) anni, quanto questa vittoria sia significativa per l’Albania.
Ermal Meta ha vinto due volte.
Ha vinto il Festival di Sanremo con una canzone bellissima, che inneggia alla vita, a una vita che continua a dispetto del male, rappresentato dal terrorismo, a un coraggio che non deve abbandonarci.
Celebra la tolleranza religiosa – di cui lo Stato Albanese ne è un grandissimo esempio – il rispetto, l’amore tra gli esseri umani a dispetto delle differenze.
Ma ha vinto anche per il popolo albanese, che non ha mai smesso di ascoltare le canzoni italiane anche quando questo significava rischiare la prigionia, che non ha mai rinunciato a una finestra su un mondo diverso, libero, democratico.
Una grande vittoria per questi due giovani ragazzi, Meta e Moro, che con la loro musica ci hanno trasmesso moltissimi messaggi tutti positivi ed educativi.
La musica è questo, un linguaggio universale, in grado di smuovere le coscienze.
Io ho votato Meta-Moro e ho vinto, e voi?!
Elena Pagani è autrice di due libri sull’Albania
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