L’albanese italofona Anilda Ibrahimi nasce a Valona nel 1972. Dopo il conseguimento della laurea presso l’Università di Tirana, nel 1994, si trasferisce in Svizzera, per approdare dopo circa tre anni in Italia, dove, fino al 2003, ricopre il ruolo di consulente per il Consiglio Italiano per i Rifugiati e dove tutt’ora vive, occupandosi di diritti umani e scrivendo per diversi quotidiani e mensili. Attualmente, è una delle autrici albanesi italofone tra le più apprezzate.

Rosso come una sposa
Nel 2008, Anilda Ibrahimi pubblica con la casa editrice Einaudi il suo primo romanzo Rosso come una sposa, con il quale si aggiudica i premi Edoardo Kihlgren-Città di Milano, Corrado Alvaro, Città di Penne e Giuseppe Antonio Arena.
Il libro si incentra sulla storia di una famiglia albanese e si divide in due sezioni, coprendo un arco temporale di quasi un secolo, pregno di eventi storici e di cambiamenti socio-culturali. Sia la prima parte del volume, che la seconda, si aprono con il racconto di due matrimoni, quello della nonna della protagonista, prima e quello della mamma, dopo. Nonna Saba è l’emblema della storia albanese ed è attraverso la sua figura e le vicende a lei legate, che vengono narrati i fatti del suo circondario e dell’Albania. Di forte impatto culturale è la prima parte dell’opera, dal sapore quasi leggendario; più leggera, con un retroterra ironico, la seconda, che vede come figura dominante la mamma della protagonista, mentre vive il periodo storico della ribellione e dell’abbandono di tutto quello che è obsoleto. La Ibrahimi, in questo modo, ha voluto marcatamente segnare il passaggio dall’epoca dittatoriale a quella della globalizzazione.
Ad animare la storia, non ci sono solo le figure principali; la scrittrice riesce a dare rilevanza anche a personaggi secondari, attraverso i quali narra diligentemente degli stereotipi, dei limiti e degli eccessi dell’epoca. La dittatura di Enver Hoxha compare come elemento assillante e dominante, in un’epoca di devastante privazione della libertà umana.
Un romanzo vivace questo Rosso come una sposa, fatto di storie di donne e di Albania ben incastonate in un racconto schietto, condito con intelligente umorismo, atto a sdrammatizzare la rappresentazione della difficile realtà dettata dal regime. Grande l’abilità della Ibrahimi nell’intrecciare le vicende di donne vissute in epoche differenti con i fatti più salienti della storia albanese.
Sono quattro le protagoniste del romanzo e una meritata nota di rilevanza non può non essere attribuita a Saba e Klementina, che abbracciano due epoche agli estremi storici. Tradizione e regole del Kanun sono insite nell’esistenza della prima, modernità e forte voglia di emancipazione nella vita della seconda. Delicatamente piacevole l’equilibrio che l’autrice mantiene tra il disegno di ben quattro generazioni femminili, fulcro del romanzo, e le descrizioni paesaggistiche e storiche dell’Albania. La donna con tutta la sua forza, la donna vista come guardiana indiscussa della memoria e delle potenzialità del futuro; il rosso, il colore del velo della nonna, del sangue, del comunismo sinonimo di oppressione.
Donne e rosso, in un libro che la scrittrice dedica a sua nonna, Salihe, che racchiude diverse vicende funeste, morti e disgrazie. Per ogni situazione negativa narrata, arriva la bellezza della positività della Ibrahimi, il suo grande amore per la vita e la sua fiducia totale nel potente coraggio femminile. Dosa bene le parole l’autrice, creando così, un perfetto equilibrio con i concetti espressi, donando un ritmo armonico e musicale al racconto. Una scrittura semplice, che lascia trasparire le emozioni dando al libro una carica di forte emotività, oltre che un volto “storicamente” importante.
La Ibrahimi narra attraverso i fatti, attraverso le storie e i profumi, i sapori dei dolci, del caffè turco, delle mele cotogne, perché tutto è racconto, tutto è Albania.
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L’amore e gli stracci del tempo
Ancora una pubblicazione con la casa editrice Einaudi nel 2009, con ristampa nel 2011 per Anilda Ibrahimi. L’amore e gli stracci del tempo, un romanzo che narra di sofferenza, di distacco e di sentimenti. Zlatan e Ajkuna, si conoscono da tantissimo tempo, da quando i genitori di lui portano la piccola e sua madre a Pristina. Una famiglia serba e una kosovara unite da un legame forte e indissolubile, che non guarda il pregiudizio e non raccoglie la sfida di una guerra, nata per soddisfare l’ego dell’orgoglio nazionalista. I due giovani si amano, pur non ricordando quando nasce veramente il loro sentimento, che forse è vivo da sempre.
Nel 1999 Zlatan è costretto a lasciare Ajkuna per servire la propria Patria, che sente ormai lontana. La promessa fatta è quella di rivedersi, in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento. Un romanzo pregno di emozioni e di vive sensazioni e di quelle passioni che portano a percorsi di crescita, maturazione e consapevolezza. Le vicende sono ben descritte e i personaggi protagonisti ben delineati nella loro interezza, sino a toccare la parte più intima dell’Anima.
Fatti di umanità che ancora una volta ben si mescolano con le vicende storiche dell’Albania e dei Balcani, il tutto esposto in maniera non giudicante. Un libro, in cui il passato è presente, con uno sguardo rivolto al futuro, perché i tempi che furono spesso si legano agli uomini con un filo indelebile. Un passato che c’è esiste, che non può essere cancellato, ma non può nemmeno più tornare, perché il tempo è un distruttore indisciplinato delle epoche passate e della loro valigia di ricordi.
Uno stile che si fa aspro, una scrittura che rimane stretta nella morsa della linearità, atta a sottolineare l’irrevocabilità del perduto. L’infanzia è un pezzo di vita dolce come miele per i protagonisti, ma è irrimediabilmente finita. La vita va avanti nell’accettazione e soprattutto nell’Amore e nella forza che esso dona. Non aspettatevi un romanzo scritto con patetico sentimentalismo, tutt’altro. Ancora una volta la Ibrahimi narra con profondo realismo, non rinunciando all’immensa fiducia che nutre nei confronti dell’umanità, della vita stessa e dell’amore, armi imbattibili contro ogni male.
Anche in questo L’amore gli stracci del tempo, l’autrice da prova di quanto la velata ironia che aleggia, sia utile per stemperare l’intensità del racconto, che spesso si snoda intorno ad argomenti forti, come guerra, fanatismo, razzismo, il dramma dei rifugiati e la solidarietà tra gli ultimi. Un “racconto” d’amore che dondola su un’altalena costruita dalla Storia e dalle sue vicende, che non esitano a sfiorare il bene, tanto quanto il male.
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Non c’è dolcezza
L’Albania e i suoi profondi cambiamenti fanno da sfondo al romanzo Non c’è dolcezza (Einaudi, 2012). Eleni e Lila sono amiche, bambine e poi ragazze felici di condividere la quotidianità. Si innamorano entrambe dello stesso giovane, Andrea, sino a quando la vita non le separa. Lila si sposta a Tirana per frequentare gli studi, dove diventa maestra, entrando in contatto anche con il Partito, le sue funzioni e le sue regole.
Qui sposa Niko il fratello di Andrea, con cui costruisce una bella famiglia. Eleni rimane nel villaggio dove le ragazze sono nate e cresciute, diventando la moglie di Andrea, nel frattempo abbandonato dalla prima moglie, se pur ancora molto legato a lei. La donna non può avere figli, mentre Eleni ne ha già tre. Per questo motivo promette alla sua amica che le darà la femmina che sogna di partorire, la sua quarta figlia. In realtà, nasce un maschio e la donna preferisce non venir meno alla sua promessa, donando comunque il bimbo a Lila. Eleni non sa ancora quanto la sua scelta condizionerà il loro futuro. Una saga famigliare fortemente intrecciata alla storia dell’Albania, con tutte le sue contraddizioni e le sue asperità.
Delicata la scrittura e fortemente evocativa nella rappresentazione di un mondo in cui la Storia albanese, con le sue tante sfaccettature passate e le sue contraddizioni presenti, sembra non separarsi mai da quella personale e quotidiana di ogni uomo. Ancora una volta è protagonista il tempo che scorre, dove poco o nulla cambia, dove quelle scelte fatte per il bene, rivelano, loro malgrado, anche la parte di volto malvagio.
Anilda prende per mano il lettore e lo conduce in un mondo sconosciuto a tanti, in un tempo passato che molti ignorano; quattro passi in quel pezzo di storia d’Albania che ha mosso il Paese dal ‘900 sino a oggi. Soprattutto, la Ibrahimi disegna un profilo femminile forte, che va al di là della cultura patriarcale, cercando di abbattere lo stereotipo della donna albanese sottomessa al potere maschile, debole e remissiva.
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Il tuo nome è una promessa
Il tuo nome è una promessa (Einaudi, 2017) è il romanzo di Anilda Ibrahimi vincitore del Premio letterario nazionale per la donna scrittrice “Rapallo Carige”. Abigail è fuggita dalla dominazione fascista, accolta generosamente dall’Albania. Una salvezza che le è costata la separazione da sua sorella e una vita gestita dal regime comunista.
Circa cinquant’anni dopo, arriva a Tirana Rebecca, la figlia di Esther, sorella di Abigail: la donna si reca in Albania per questioni lavorative e per tentare di sfuggire alla fine del suo matrimonio o quanto meno per non assistere alla sua distruzione. Rebecca sa tante cose dell’Albania, la Nazione che ha dato ospitalità a sua madre, permettendole di evitare la persecuzione nazista, in quanto ebrea. La donna sa, anche, che Esther ha sempre rimpianto la lontananza da sua sorella. Pensa a tutto questo, non sapendo ancora che sarà a Tirana che incontrerà il suo passato e si scontrerà con il proprio presente. Rebecca e Abigail, due figure con due storie completamente differenti: la prima è una donna in carriera, che vede il rapporto con suo marito spegnersi, la seconda è una donna che ancora soffre per aver perduto la propria famiglia, in un momento storico in cui l’umanità era finita.
Due vicende di vita quasi contrapposte per raccontare l’Albania da un’angolazione differente, che tocca con mano il senso di accoglienza e di ospitalità riservato ai rifugiati ebrei. Elegante e delicata la narrazione che si veste quasi di poesia, impreziosita da accurate descrizioni paesaggistiche e dal ricorrente tema dell’amicizia, come bellissima forma d’amore. La poesia si mescola alla narrativa per disegnare piacevolmente fatti di pura quotidianità, o per sottolineare con grande potenza emotiva la forza dei sentimenti e dei legami famigliari.
Molto interessante la chiave di lettura data dal personaggio di Rebecca: un’americana che tenta di stabilire una connessione con l’Albania, che in parte è anche la sua terra, leggendola con gli occhi di chi ne ha sempre sentito parlare, sentendo un’intima e un’intrinseca appartenenza.