L’incontro con Kamela Guza, la vincitrice della V edizione del concorso nazionale Lingua Madre.
Eh sì! Sembra che le giovani scrittrici albanesi non vogliano saperne dimollare la presa. Per il secondo anno consecutivo, infatti, il prestigioso premio Lingua Madre per le scrittrici immigrate in Italia è stato consegnato a una giovane autrice albanese, Kamela Guza. Un altro importante premio, quello di Torino Film Festival, è andato a Leoreta Ndoci, ragazza albanese che vive a Cuneo e autrice del racconto Burrnesha.
Alla presenza del Presidente della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura di Torino Rolando Picchioni, dell’Assessore alla Cultura della Regione Piemonte Michele Coppola, del Direttore Editoriale del Salone del Libro Ernesto Ferrero, dell’Assessora alle Pari Opportunità della Regione Piemonte Giovanna Quaglia, della Presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Piemonte Sabrina Gambino, del console albanese Gjon Çoba e a una platea numerosa all’interno di Arena Piemonte, Alketa Vako Kosova, vincitrice dell’edizione del 2009, ha passato il testimone alla giovane di Durazzo, che studia Architettura a Firenze.
In pochi anni il concorso Lingua Madre è riuscito a diventare un importante punto di riferimento perle giovani penne femminili dell’immigrazione. Ideato cinque anni fa dalla giornalista Daniela Finocchi e sostenuto dalla Regione Piemonte e dal Salone Internazionale del Libro, si è rivelato un potente incentivo alla scoperta di nuovi talenti rosa. Sono tantissimi, infatti, gli scritti e i racconti che vengono mandati ogni anno alla giuria del concorso da parte di studentesse, lavoratrici e madri di famiglia di ogni nazionalità e Regione italiana.
“Quest’anno ho provato a inviare anche io un mio elaborato -racconta Hanna, studentessa marocchina- ma purtroppo non è stato selezionato. Mi ripresenterò la prossima edizione.?
Nell’edizione del 2009 Kamela ha visto il suo scritto fra quelli selezionati per la pubblicazione. Quest’anno ha riprovato e ha vinto il prestigioso premio nazionale.
Il racconto, Il luogo dei confini, ci riporta con un linguaggio sobrio e lucido all’inferno burocratico delle lunghe file degli uffici immigrazione; impossibile per ogni immigrato non riconoscersi nello scandire del tempo e dei movimenti descritto in quelle due pagine.[…] Tutto era formato nella mente: alzarsi alle 05.45, evitando di dedicare anche il minimo pensiero al proposito; buttare un libro nella borsa, uno a caso; prendere l’autobus numero 31 o 32 per andare alla stazione; aspettare il treno delle 06.30; scendere a Treviso Centrale; imboccare la strada per la Questura lasciandosi alle spalle le mura della città di mattoni rossi ela domanda “chissà dove vanno a finire?’’; arrivare a destinazione dopo aver vissuto il silenzio rumoroso della prima mattina in città. Il viaggio portava con sé un’angoscia spezzata che accompagnava quel tormento continuo: riuscirò ad avere un numero oggi? Speriamo che ci sia meno gente del solito. Magari con il freddo si sono alzati tutti un po’ più tardi… […]Impossibile anche per un lettore italiano non identificarsi nello stato d’animo della giovane studentessa e di quello di altri milioni di immigrati in Italia; tutto ciò Kamela lo descrive in modo diretto e asciutto, senza cadere nella seduzione di paroloni ad effetto, e per questo ancora più capace di arrivare dritto a chi legge.
L’abbiamo contattata per congratularci con lei e farle una breve intervista, che riportiamo qui di seguito.
Vincere questo importante premio è stata una sorpresa per te?
Vincere il premio è stata una grande e bella sorpresa. Una notizia inaspettata che mette in moto tante cose. Per di più che mi è arrivata mentre ero tornata a casa mia a Durazzo. Questo ha aumentato l’eco della sorpresa.
Hai studiato architettura, da dove nasce la passione di scrivere?
Studio tuttora architettura. Sono quasi al termine. La passione di scrivere credo camminasse già da tempo con la passione per la lettura e la letteratura in generale. Solo che fino a poco tempo fa non aveva avuto una presenza concreta nella mia vita.
A quali autori ti sei ispirata di più?
Non credo di poter dire con precisione a quali autori mi ispiro. Non ho mai coltivato la scrittura a livello di studio vero e proprio. Posso dire che ho avuto una formazione classica, con testi e autori che facevano parte del programma scolastico, più che altro. Quando io ero alle superiori si studiava ancora bene la letteratura a scuola. Adesso non lo so… Poi, naturalmente, qualcosa di questi autori è rimasto dentro di me ed è cresciuta con le letture più mature degli ultimi anni. Ecco, questo è più o meno il quadro.
Il legame con l’Albania è importante per te?
Il legame con l’Albania è sempre presente, c’è, è parte di me, e non posso e non voglio dimenticarlo. Kamela ha vissuto in Albania fino ai 18 anni.
Hai vissuto prima a Venezia e poi a Firenze, cosa rappresentano per te le due città (tra le più belle d’Italia)? Come le vedi da straniera che deve affrontare le mille difficoltà di inserimento? Come è stato il tuo percorso di integrazione nel tessuto italiano? Ti definisci una persona completamente integrata?
Venezia e Firenze…sono due pezzi di vita. Molto importanti. Non solo per la loro bellezza, diciamo formale, ma anche per la loro bellezza quasi fisica. Sono due realtà che ho conosciuto e che mi hanno ospitato durante il mio soggiorno in Italia. Venezia è stato il primo incontro, quello più difficile forse, quello dove ho dovuto affrontare la prima sfida di integrazione, conoscenza di una realtà così diversa da quella in cui vivevo. Diversa, ma non lontana. Mi sono sentita a mio agio con alcune persone e luoghi, e a disagio con altre persone e altri luoghi. Ho dovuto fare i conti per la prima volta, da sola, con la burocrazia e i mille problemi della vita in un paese straniero. Ma credo che sia comunque un percorso necessario, che in un modo o nell’altro, in un luogo o nell’altro, sarebbe accaduto. Mi dispiace, ma non credo di capire cosa intendi con “completamente integrata”. Aggiungo che la mia condizione di straniera è abbastanza “semplice”. Sono arrivata con il ruolo di studentessa e avevo solo 18 anni. Quindi non ho avuto neanche particolari problemi di regolarità burocratica, accettazione in un ambiente di lavoro o altro. Cose che, magari, una persona che viene in Italia per lavorare ed è di un’età diversa vive più pesantemente.
Scrivere in italiano è stato difficile per te?
Scrivere in italiano non è stato particolarmente difficile. L’italiano oramai è la mia seconda lingua. La uso per leggere, scrivere, parlare e anche pensare. Credo sia stata una cosa abbastanza naturale.
Quanto ha influito l’essere donna straniera nel tuo racconto?
L’essere donna straniera…credo mi abbia aiutato. Penso sia più difficile scrivere della diversità e incontro tra persone e culture diverse se non si è stranieri in un paese straniero. Sul fatto di essere donna, non saprei. Fa parte di quegli elementi che abbiamo dentro di noi e che escono nel momento in cui mettiamo in moto la creatività.
È un debutto oppure hai scritto anche altre cose inedite?
A livello pubblico avevo partecipato anche l’anno scorso al concorso Lingua Madre. Il mio racconto era stato scelto tra quelli da inserire nella pubblicazione del libro.
Questo riconoscimento influirà sulle tue scelte future?
Questo riconoscimento è un evento importante. Sarà davanti agli occhi nel momento delle scelte future.
Un’ultima domanda: qual è l’ ultimo libro che hai letto?
L’ultimo libro che ho letto…mi piace molto questa domanda…perché non ho una risposta…(ride)…ho lo strano difetto di iniziare a leggere diversi libri contemporaneamente e di non finirli quasi mai. In questo momento sul mio comodino si trovano alcune poesie di Neruda, un libro di memorie di Andrej Tarkovskij, Marguerite Yourcenar (cha faccio molta difficoltà a seguire…è una sfida), Herman Hesse con Demian (ah ecco, questo l’ho finito!), Le lezioni americane di Italo Calvino (finito e rimane sul comodino…)…bene, due li ho finiti già. È una sorpresa anche per me, credimi!
Faleminderit Kamela e suksese te metejshme!
Faleminderit juve!